I giovani siano protagonisti nella Chiesa, operatori di giustizia e pace: così il
Papa ai Salesiani
Il Papa ha ricevuto oggi i partecipanti al Capitolo Generale dei Salesiani. Innanzitutto
ha augurato al neo-eletto Rettor Maggiore, don Angelo Fernàndez Artime, e al nuovo
Consiglio Generale “di saper servire guidando, accompagnando e sostenendo la Congregazione
salesiana nel suo cammino. Lo Spirito Santo vi aiuti a cogliere le attese e le sfide
del nostro tempo, specialmente dei giovani, e a interpretarle alla luce del Vangelo
e del vostro carisma”.
“Immagino – ha detto - che durante il Capitolo - che
aveva come tema ‘Testimoni della radicalità evangelica’ - abbiate avuto sempre davanti
a voi Don Bosco e i giovani; e Don Bosco con il suo motto: ‘Da mihi animas, cetera
tolle’. Lui rafforzava questo programma con altri due elementi: lavoro e temperanza.
Io ricordo che nel collegio era vietato fare la siesta … Temperanza …! Ai salesiani
e a noi! «Il lavoro e la temperanza - diceva - faranno fiorire la Congregazione».
Quando si pensa a lavorare per il bene delle anime, si supera la tentazione della
mondanità spirituale, non si cercano altre cose, ma solo Dio e il suo Regno. Temperanza
poi è senso della misura, accontentarsi, essere semplici. La povertà di Don Bosco
e di mamma Margherita ispiri ad ogni salesiano e ad ogni vostra comunità una vita
essenziale e austera, vicinanza ai poveri, trasparenza e responsabilità nella gestione
dei beni”.
Papa Francesco ha poi proseguito: “L’evangelizzazione dei giovani
è la missione che lo Spirito Santo vi ha affidato nella Chiesa. Essa è strettamente
congiunta con la loro educazione: il cammino di fede si innesta in quello di crescita
e il Vangelo arricchisce anche la maturazione umana. Occorre preparare i giovani a
lavorare nella società secondo lo spirito del Vangelo, come operatori di giustizia
e di pace, e a vivere da protagonisti nella Chiesa. Per questo voi vi avvalete dei
necessari approfondimenti e aggiornamenti pedagogici e culturali, per rispondere all'attuale
emergenza educativa. L'esperienza di Don Bosco e il suo “sistema preventivo” vi sostengano
sempre nell'impegno a vivere con i giovani. La presenza in mezzo a loro si distingua
per quella tenerezza che Don Bosco ha chiamato amorevolezza, sperimentando anche nuovi
linguaggi, ma ben sapendo che quello del cuore è il linguaggio fondamentale per avvicinarsi
e diventare loro amici”.
“Fondamentale qui – ha sottolineato - è la dimensione
vocazionale. A volte la vocazione alla vita consacrata viene confusa con una scelta
di volontariato, e questa visione distorta non fa bene agli Istituti. Il prossimo
anno 2015, dedicato alla vita consacrata, sarà un'occasione favorevole per presentare
ai giovani la sua bellezza. Bisogna evitare in ogni caso visioni parziali, per non
suscitare risposte vocazionali fragili e sorrette da motivazioni deboli. Le vocazioni
apostoliche sono ordinariamente frutto di una buona pastorale giovanile. La cura delle
vocazioni richiede attenzioni specifiche: anzitutto la preghiera, poi attività proprie,
percorsi personalizzati, il coraggio della proposta, l'accompagnamento, il coinvolgimento
delle famiglie. La geografia vocazionale è cambiata e sta cambiando, e questo significa
nuove esigenze per la formazione, l'accompagnamento e il discernimento”.
“Lavorando
con i giovani – ha detto - voi incontrate il mondo della esclusione giovanile. E questo
è tremendo oggi: è tremendo pensare che ci sono più di 75 milioni di giovani senza
lavoro, qui, in Occidente! Pensiamo alla vasta realtà della disoccupazione, con tante
conseguenze negative. Pensiamo alle dipendenze, che purtroppo sono molteplici, ma
derivano dalla comune radice di una mancanza di amore vero. Andare incontro ai giovani
emarginati richiede coraggio, maturità e molta preghiera. E a questo lavoro si devono
inviare i migliori, i migliori! Ci può essere il rischio di lasciarsi prendere dall'entusiasmo,
inviando su tali frontiere persone di buona volontà, ma non adatte. Perciò è necessario
un attento discernimento e un costante accompagnamento. Il criterio è questo: i migliori
vanno lì”.
E ha proseguito: “Grazie a Dio voi non vivete e non lavorate
come individui isolati, ma come comunità: e ringraziate Dio, di questo! La comunità
sostiene tutto l'apostolato. A volte le comunità religiose sono attraversate da tensioni,
con il rischio dell'individualismo e della dispersione, mentre c'è bisogno di comunicazione
profonda e di relazioni autentiche. La forza umanizzante del Vangelo è testimoniata
dalla fraternità vissuta in comunità, fatta di accoglienza, rispetto, aiuto reciproco,
comprensione, cortesia, perdono e gioia. Lo spirito di famiglia che Don Bosco vi ha
lasciato aiuta molto in questo senso, favorisce la perseveranza e crea attrattiva
per la vita consacrata”.
Quindi ha concluso: “Cari fratelli, il bicentenario
della nascita di Don Bosco è ormai alle porte. Sarà un momento propizio per riproporre
il carisma del vostro Fondatore. Maria Ausiliatrice non ha mai fatto mancare il suo
aiuto nella vita della Congregazione, e certamente non lo farà mancare neppure in
futuro. La sua materna intercessione vi ottenga da Dio i frutti sperati e attesi.
Vi benedico e prego per voi, e per favore, pregate anche per me! Grazie!”.