2014-03-30 09:17:14

Pakistan: Bhatti, dal dialogo soluzioni per i casi di Asia Bibi e Sawan Masih


In Pakistan si è riacceso il dibattito sulla legge che punisce con la pena capitale gli insulti all’Islam, dopo la condanna a morte per accuse di blasfemia comminata giovedì scorso da un tribunale di Lahore a Sawan Masih, cittadino cristiano che, proprio come Asia Bibi, è stato colpito da accuse infondate e strumentali. I cristiani pachistani venerdì scorso hanno osservato una giornata di digiuno e preghiera per i due fedeli che ora attendono in carcere il processo d’appello. Ma sulle iniziative che intende portare avanti la comunità cristiana, sentiamo Paul Bhatti, presidente dell’Alleanza di tutte le minoranze del Pakistan, intervistato da Marco Guerra:RealAudioMP3

R. - Ho già organizzato un gruppo di avvocati che darà assistenza in questi casi. Ho aperto anche un dialogo con l’Imam e con altri esponenti religiosi con cui stiamo costituendo un Consiglio, cosicché il caso prima di passare attraverso la polizia, o venire registrato dalle autorità, venga valutato dal Consiglio. In tantissimi casi ormai sono prevenuti e per questo motivo abbiamo cercato di capire cosa si potrebbe fare. Una cosa su cui stiamo ragionando è il modo in cui trattare questi casi: quando una persona viene accusata ci dovrebbe essere una delegazione, un gruppo che si riunisce subito e “contratta”, dialoga con gli Imam o direttamente con le persone che accusano, in modo da raggiungere una soluzione. Tante volte ci si riesce, anche noi ci siamo riusciti in molti casi attraverso l’aiuto dei nostri fratelli musulmani. L’altro giorno, il 25 marzo, alla presenza di tantissima gente, vescovi, ambasciatori, Imam chiamati ad Islamabad, ho chiaramente detto che nessuno di noi vuole insultare la loro religione, né tantomeno il Profeta; però, non vogliamo che accuse false producano vittime innocenti. Questa è la nostra prima preoccupazione.

D. - Che reazione c’è dall’altra parte: le autorità politiche e religiose del Pakistan sono pronte a rivedere questa legge e ad applicarla in maniera diversa?

R. - Non è questione di rivedere la legge. La prima cosa è analizzare i casi di coloro che vengono accusati falsamente, perché parlare subito di cambiamenti e di rivedere la legge crea molte resistenze. Noi, prima di tutto, vogliamo convincere che non è nostra intenzione insultare nessuno e che li rispettiamo. Questo è ciò che esprimiamo con sincerità. Allo stesso tempo vogliamo che - anche se questa legge permane - non ci siano più vittime innocenti. Però, sta succedendo proprio questo. Tante volte si strumentalizza la situazione ed è questo che ci preoccupa: in molti casi le persone sono innocenti, alcune volte vengono condannate in primo grado e poi assolte in secondo grado. Quando però i casi vengono risolti, i giudici vengono uccisi, o terrorizzati. Noi vogliamo risolvere questo problema attraverso il dialogo con i vari gruppi; ho parlato con un Imam che veniva per la prima volta ad un convegno delle minoranze religiose. È sempre stato lontano, ma ha dichiarato pubblicamente che se una persona è innocente sarà il primo ad aiutarci e a condannare se necessario…







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