A Napoli, il calcio come vivere sociale e rispetto delle regole
“Se i ragazzi non possono andare ai campetti, che i campetti vadano dai ragazzi”:
è questo uno dei punti cardine della prima scuola di calcio per strada a Napoli. E’
rivolta ad adolescenti dei quartieri a rischio della città. Il calcio, dunque, per
abbattere le barriere economiche e sociali. Il progetto è organizzato dall’associazione
Arriap, dall’inglese “hurry up”, letteralmente “muoviti”. Il presidente dell’associazione
PasqualeRussiello spiega l'iniziativa al microfono di Maria Cristina
Montagnaro:
R. - Si tratta
di un’iniziativa partita tre anni fa, quando abbiamo cominciato a conteggiare e a
verificare la quantità di ragazzi che giocavano nei luoghi più impensabili; generalmente
a Napoli, ma anche nell’immediata periferia.
D. – A chi vi rivolgete?
R.
– Proprio a questi bambini che giocano in modo assolutamente destrutturato, semplicemente
perché non hanno altre occasioni di svago. Ragazzi dai 7 ai 15 anni.
D. – Vi
rivolgete, ad esempio, a ragazzi che provengono da quartieri a rischio?
R.
– Soprattutto, ma non solo. Uno degli aspetti importanti del progetto è proprio quello
di stimolare l’integrazione sociale su più livelli e di unire ragazzi provenienti
da zone diverse.
D. – In quali campi da calcio si svolgeranno le selezioni?
R.
– I campi sono quelli messi a disposizione dalle parrocchie. In tutto sono 67 e una
ventina di questi è regolamentare. Il progetto si sviluppa su tre livelli: il programma
tutoring dà la possibilità di fare allenamenti e di avere una frequentazione sportiva;
abbiamo poi il torneo interdiocesano, come seconda attività sviluppata dall’associazione,
con - ad oggi - 800 partite; inoltre, abbiamo la squadra vera e propria, quella che
poi si iscriverà ai tornei federali e che nasce da una selezione fatta tra i ragazzi
partecipanti sia al torneo, sia al programma di tutoring.
D. – Come hanno
reagito i ragazzi?
R. – Il coinvolgimento, come dicevo, è totale. La reazione,
soprattutto per quanto riguarda la parte del torneo, è stata molto positiva. Gli iscritti
ad oggi sono circa 2.200.
D. – Educare attraverso lo sport è possibile?
R.
– Sì, è uno dei tre principi che abbiamo prestabilito: la salute, l’educazione e l’istruzione.
Il programma tutoring ha un piano molto particolare: si dà pochissimo spazio - quasi
nullo - alla parte agonistica ma si fa molta attenzione al rispetto delle regole,
dei ruoli, degli orari, della disciplina intesa proprio come vivere sociale, prima
che pratica sportiva.
D. – Può fare qualche esempio?
R. – Il messaggio
di sportività e di attenzione allo spirito di squadra, piuttosto che al risultato
fa sì che lo sport diventi un veicolo e non il fine per rappresentare questi sani
principi di convivenza, rispetto delle regole e spirito di gruppo.
D. – Chi
volesse sapere di più cosa deve fare?
R. – Abbiamo raccolto quasi tutte le
informazioni sul nostro portale www.arriap.it, in aggiornamento continuo.