Usa: i vescovi in Arizona in ricordo dei migranti latinos morti al confine con il
Messico
Sull’esempio di Papa Francesco a Lampedusa, i vescovi statunitensi si apprestano a
iniziare un pellegrinaggio che li condurrà in Arizona, al confine con il Messico,
dove la prossima settimana celebreranno una Messa per ricordare tutti i migranti morti
dal 1998 ad oggi e per sottolineare la necessità di riforma del sistema migratorio
negli Usa. A loro si unirà anche il cardinale Sean O’Malley, arcivescovo di Boston.
Servizio di Francesca Sabatinelli:
Nogales è tagliata
in due, divisa dal muro di confine tra Usa e Messico. Una parte della città è in Arizona,
un’altra è nello Stato messicano di Sonora. Ed è da questo confine che quotidianamente
decine e decine di latinos tentano di entrare negli Stati Uniti. “E’ la nostra Lampedusa”,
hanno detto i vescovi della Conferenza episcopale Usa che, ispirati dalla visita di
Papa Francesco all’isola siciliana, hanno scelto Nogales come luogo di pellegrinaggio
per ricordare gli oltre seimila migranti: honduregni, salvadoregni, guatemaltechi
e messicani stessi, che dal 1998 sono morti nel deserto nel tentativo di raggiungere
la frontiera, per fuggire dalla povertà e dalla violenza dei loro Paesi. Facendo proprie
le parole di Francesco, i presuli denunciano la globalizzazione dell’indifferenza.
Ignorare la sofferenza e i morti è un comportamento che ci fa vergognare come nazione,
dicono i vescovi americani. ValentinaValfrè, di Soleterre onlus, organizzazione
che da tempo è in prima linea nella difesa dei diritti dei migranti in Messico:
Stiamo
parlando di oltre 400 mila persone che ogni anno attraversano il confine e cercano
di raggiungere gli Usa, a cui si aggiungono le centinaia di messicani che a loro volta
cercano di trovare una vita migliore negli Stati Uniti. Gli aspetti che ci preoccupano
sono diversi: innanzitutto, l’azione del crimine organizzato che sta diventando sempre
più pesante sia attraverso sequestri-lampo, che durano meno di una giornata, sia attraverso
sequestri che durano più giorni e che coinvolgono decine di migranti: 50-60-70 per
volta. Migranti che, durante questi sequestri, subiscono ogni tipo di violazione:
stupri per le donne, torture, cercando di estorcere loro denaro, cercando di costringerli
a chiamare i parenti per farsi mandare il riscatto per essere liberati. La cosa forse
peggiore è la collusione delle autorità locali, a partire dai funzionari per l’immigrazione,
alla polizia, ai militari che, è dimostrato, sono responsabili a loro volta dei sequestri
perché sono d’accordo con i gruppi della criminalità organizzata: segnalano a questi
gruppi la presenza dei migranti in modo che loro possano fermarli e sequestrarli.
L’iniziativa di questi giorni – insistono i vescovi – intende riportare
l’attenzione sulle conseguenze umanitarie di un sistema migratorio al collasso come
quello Usa e richiamare alla necessità di approvare il progetto di riforma del presidente
Obama, che consentirebbe la regolarizzazione di circa 11 milioni di irregolari che
sono sul territorio statunitense. Un testo ancora bloccato alla Camera dall’opposizione
repubblicana, e sul quale più di una volta ha preso posizione la Conferenza episcopale:
L’immigrazione continua ad aumentare, anche perché le persone che vengono
dal Centroamerica fuggono da situazioni di violenza estrema, e per loro le violenze
che trovano in Messico e anche i rischi che corrono nell’attraversare il muro, non
sono niente. Non hanno alcun motivo per tornare indietro, perché tornerebbero ad una
situazione assolutamente invivibile. A questa violenza, poi, in tantissimi casi si
somma una povertà assoluta, soprattutto per le persone che in questo momento vengono
dall’Honduras, che ha una situazione politica particolare: dopo il colpo di Stato,
la situazione economica è ulteriormente peggiorata.
A Nogales, e in tante
altre città di confine, il ritrovamento di corpi di migranti è all’ordine del giorno,
e tra loro vi sono sempre più minori. Così come in aumento è il numero dei minori
non accompagnati che tenta di attraversare la frontiera:
I minori non accompagnati
stanno aumentando soprattutto al Nord del Messico: sono quelli che arrivano dal Centroamerica
e la cosa forse ancora più grave è che arrivano non accompagnati dal cosiddetto “coyote”
(trafficante ndr), quindi arrivano proprio da soli, senza i genitori, facendo il cammino
soli, magari in gruppi di tre-quattro ragazzini con età dai 9-10 anni fino ai 16-17
anni. E ovviamente, sul cammino, trovano la stessa situazione che trovano gli adulti,
quindi: sequestri, torture; per le ragazzine, poi, il rischio di essere introdotte
nella tratta ai fini dello sfruttamento sessuale è altissimo. E poi ci sono i minori
che sono bloccati dall’altra parte perché arrivano insieme ai loro genitori, vengono
presi, i genitori rispediti indietro, rimpatriati forzatamente, e loro rimangono dall’altra
parte, in questi luoghi creati appositamente per tenere i minori. Quindi restano separati
forzatamente dalle loro famiglie che spesso non sanno nemmeno dove sono, non sanno
che cosa stia succedendo loro.
I vescovi in queste ore stanno dunque raggiungendo
Nogales, dove martedì, 1° aprile, celebreranno una Messa in memoria di tutti i migranti
morti.