Amnesty: un pugno di Paesi responsabile dell'aumento delle esecuzioni nel mondo
Sono stati 22 i Paesi che nel 2013 hanno registrato esecuzioni, uno in più rispetto
al 2012. Inoltre, Indonesia, Kuwait, Nigeria e Vietnam hanno ripristinato l’uso della
pena di morte. Nonostante questo, però, il rapporto di Amnesty International presentato
oggi sottolinea come la tendenza mondiale sia diretta verso l’abolizione della pena
capitale. Servizio di Francesca Sabatinelli:
Sono soltanto
una manciata di Paesi, ma sono quelli dove oggi si concentra la maggior parte delle
esecuzioni: “omicidi di stato” come li definisce Amnesty. Di contro, ci sono intere
parti del mondo: Europa, Asia Centrale, Oceania, le Americhe, esclusi gli Stati Uniti,
dove non si ricorre alla pena di morte. E’ questo che ci dice il Rapporto sulla pena
di morte nel mondo di Amnesty International che nel 2013 ha certificato 778 esecuzioni,
un centinaio in più rispetto al 2012. A guidare la lista continua ad essere la Cina,
seguita da Iran, Iraq, Arabia Saudita, Usa e Somalia. E a determinare l’aumento delle
condanne a morte sono stati proprio Iran e Iraq. Riccardo Noury, portavoce
di Amnesty Italia:
In Iran abbiamo avuto centinaia e centinaia di esecuzioni.
Quelle registrate da Amnesty International sono 369, ma secondo fonti attendibili
il totale effettivo potrebbe oscillare intorno alle 700 esecuzioni. In Iraq, NeL 2013,
c’è stato un aumento dell’uso della pena di morte, con almeno 169 esecuzioni.
La
Cina, si legge nel rapporto, ha continuato a mettere a morte più persone del resto
del mondo messo assieme, ma ancora oggi, per via del segreto di Stato, è impossibile
ottenere informazioni realistiche:
Non si conoscono i numeri precisi ed
è inutile darli perché sarebbe veramente un ‘dare i numeri’. Noi stimiamo - e con
noi altre organizzazioni che sono contro la pena di morte - che ogni anno ci siamo
migliaia di esecuzioni in Cina e che quindi la Cina sia il Paese che continua a mettere
a morte più persone di tutto il resto del mondo. Quello che sappiamo è che ci sono
stati piccoli segnali di progresso: l’introduzione di nuove norme riguardanti i processi
per reati punibili con la pena capitale; l’annuncio della Corte suprema con il quale
è stata posta fine a quella barbara pratica di espiantare gli organi dei prigionieri
al termine dell’esecuzione, ovviamente senza il loro consenso e senza quello dei familiari.
Negli
Stati Uniti le esecuzioni nel 2013 sono state 39 in nove Stati, 4 in meno dell’anno
precedente. Oltre a questo calo si registra la scelta del Maryland di diventare il
18mo stato abolizionista, nonché il picco minimo in 40 anni di consenso popolare alla
pena capitale:
Siamo ottimisti perché è vero, il consenso nei confronti
della pena di morte sta calando, il numero delle esecuzioni si concentra sempre di
più in alcuni Paesi, consideriamo che il 41% delle 39 esecuzioni avvenute negli Stati
Uniti nel 2013 ha avuto luogo in Texas, gli Stati della federazione diventati abolizionisti
sono 18 e c’è un dibattito profondo negli Stati Uniti che darà luogo forse ad un ripensamento
complessivo sull’uso della pena capitale, legato al fatto che con il rifiuto da parte
delle aziende farmaceutiche europee di fornire una delle tre sostanze utilizzate nella
iniezione di veleno, molte esecuzioni vengono sospese e quelle che hanno luogo avvengono
al termine di veri e propri esperimenti su esseri umani. Quindi viene chiamata in
causa anche la Corte Suprema che, ci si aspetta e si spera, possa prendere la parola
e dire che mescolare farmaci un po’ a casaccio, scegliere nuovi protocolli di esecuzione
mai sperimentati, potrebbe costituire una pena inusuale dunque contraria all’ottavo
emendamento della Costituzione.
Nell’Africa subsahariana sono stati cinque
i Paesi ad eseguire condanne a morte: Botswana, Sud Sudan, Nigeria, Somalia e Sudan,
con il 90% delle esecuzioni registrato in questi ultimi tre Paesi:
Due
fatti negativi dell’Africa del 2013 sono questi: la ripresa delle esecuzioni in Nigeria
dopo sette anni e l’aumento profondo delle esecuzioni in Somalia che sono passate
da 6 ad almeno 34. Però, non ci sono altri dati negativi. C’è invece il fatto che
Benin, Ghana, Sierra Leone hanno fatto registrare passi avanti importanti o attraverso
emendamenti al Codice Penale o modifiche costituzionali in vista dell’abolizione della
pena di morte.
Amnesty pur esprimendo forte preoccupazione per la sentenza
del Tribunale egiziano di Minya, che il 24 scorso ha condannato a morte 529 sostenitori
di Morsi per il loro presunto ruolo nelle violenze seguite alla deposizione dell’ex
presidente, e nonostante l’aumento del numero di esecuzioni nel 2013, sottolinea la
decisa diminuzione del numero di Paesi che hanno usato la pena di morte, che nel 2004
erano 25 ed oggi, a distanza di dieci anni, sono scesi a 22.