Obama a Roma. Da Bruxelles nuovo monito alla Russia. Gli Usa aprono esportazioni gas
a Europa
Il presidente degli Usa Obama Roma. Massime le misure di sicurezza. Oggi gli incontri
con il Papa, con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e con il premier
Matteo Renzi. Obama giunge da Bruxelles dove con i vertici dell’Ue ha fatto il punto
sulle sanzioni alla Russia dopo l’annessione della Crimea; e di Ucraina ha parlato
anche ieri a L’Aja, durante il summit internazionale sulla sicurezza nucleare. Il
servizio di Roberta Gisotti:
La Nato reagirà
se i Paesi confinanti alla Russia saranno minacciati. Obama alza i toni a l’Aja, prospettando
di inasprire le sanzioni economiche per isolare Putin. E in vista di ritorsioni di
Mosca, nel pomeriggio Obama a Bruxelles dichiara di aver autorizzato l’esportazione
di gas naturale all’Europa. La politica energetica preoccupa grandemente nel clima
di rinnovata ‘guerra fredda’, che Obama nega a parole ma conferma nei fatti sollecitando
l’Unione Europea a diversificare le fonti di approvvigionamento di energia, pure riconoscendo
che alcuni Paesi dell’Ue dipendono più di altri dal gas di Mosca. Getta acqua sul
fuoco il presidente del Consiglio europeo Van Rompuy dichiarando: siamo pronti a nuove
sanzioni ma preferiamo le trattative. Obama, che a Bruxelles ha incontrato anche il
segretario generale della Nato Rasmussen, chiede poi maggiore risorse all’Ue perché
l’Alleanza Atlantica continui ad avere una “forza dissuasiva”. C’è bisogno inoltre
di aggiornare i “piani anticrisi” alla luce di quanto accaduto in Crimea, E di questo
si parlerà presto nella riunione ministeriale della Nato ad aprile. Intanto Mosca,
incurante dei richiami di Usa, Ue e Nato continua ad ammassare truppe al confine con
l’Ucraina. “Nel 21mo secolo le frontiere non si ridisegnano con la forza”, ribatte
Obama, a difesa dei valori di pace e di diritti sviluppati dopo due guerre mondiali.
Intanto
la comunità internazionale continua a confrontarsi sull'annessione della Crimea alla
Russia, un fatto clamoroso sul quale, da parte russa, si fa il parallelo con il Kosovo,
la regione separatasi unilateralmente dalla Serbia nel 2008. Emanuela Campanile
ne ha parlato con Marco Lombardi, esperto di gestione della crisi e comunicazione,
docente all’Università Cattolica di Milano:
R. - La realtà
balcanica in cui si muoveva il Kosovo è molto diversa. C’era la dissoluzione di uno
Stato nazionale e nuovi Stati che andavano a sorgere, quindi l’autodeterminazione
dei gruppi etnici locali. Qui è qualcosa di diverso: un giorno una parte di popolazione
- quindi i cittadini di un certo Stato - decide di non appartenere più con armi e
bagagli, case e terre a quello Stato ma di farsi annettere, di entrare come parte
di un altro Stato. Con l’idea di dire: “Andiamo ad aiutare le nostre minoranze che
chiedono aiuto”, ecco che Putin allarga la sua sfera di influenza.
D. - Quindi
ci si sta nascondendo un po’ dietro al principio del popolo sovrano?
R. - Purtroppo
il principio del popolo sovrano è sempre stato usato da tutti i detentori del potere
per giustificare le loro scelte. In realtà ci sono degli interessi globali enormi
che evidentemente si muovono attorno a questi eventi. Siamo nel Mar Nero, la sede
- da sempre - della flotta russa per entrare nel Mediterraneo; fa parte del grande
gioco che coinvolge tutta l’Asia centrale, perché la Crimea è un esempio attuale,
ma restando su quelle frontiere anche la Moldavia, la Polonia, tutti i Paesi Baltici
sono tutti Paesi con i polsi che tremano, hanno tutti una grande paura. In Afghanistan,
in Turkmenistan, in Tagikistan, in Kazakistan la presenza russa è fortissima e in
questi casi si stanno giocando tutte le partire energetiche e di materie prime tra
le grandi potenze.
D. - Quindi, qual è il grande rischio di questo precedente?
R.
- Il rischio è quello che un evento di questo genere - in termini di politica - fornisca
un altro strumento utilizzabile da tutti quelli che vogliono giustificare la presa
di potere in nome del popolo sovrano.