Giornata contro la tubercolosi, malattia ancora molto diffusa in aree povere del mondo
Una serie di iniziative ricorda oggi la Giornata mondiale della tubercolosi, patologia
scoperta e descritta il 24 marzo 1882 dallo scienziato tedesco, Robert Kock. Si tratta
di una malattia ancora molto diffusa in alcune aree nel mondo, nonostante le nuove
terapie e la promozione dei sistemi di prevenzione. Eliana Astorri ne ha parlato
con il prof.Roberto Cauda, ordinario di Malattie infettive del Policlinico
Universitario Agostino Gemelli di Roma:
R. - La situazione
tubercolosi nel mondo ed in Europa è quella di una malattia molto diversa a seconda
delle aree geografiche che consideriamo. Mentre Italia, Europa e Nord America possiamo
considerarle aree a bassa endemia - quindi con un numero di casi piuttosto basso,
comunque sempre significativo, soprattutto per tutti gli aspetti che rappresenta -
nel mondo, in particolarmente in alcune aree come l’Africa subsahariana, in India,
quindi nel Sud del mondo, questa malattia è ancora estremamente “importante” sia per
il numero dei soggetti colpiti, sia per la mortalità ad essa associata.
D.
- Qual è il tipo di ambiente in cui la tubercolosi trova le condizioni per diffondersi?
R.
- Sono ambienti legati al sovraffollamento, alla povertà, al disagio sociale dove
qualche volta è difficile anche fare una diagnosi. È importante soprattutto che le
persone abbiano la consapevolezza di essere malate. Proprio quest’anno, per la Giornata
mondiale della tubercolosi, “Stop Tb” - un gruppo di Associazioni sotto l’egida dell’Organizzazione
mondiale della sanità - ha posto come leitmotiv “Reach the 3 Million”, “Raggiungere
i tre Milioni”: quei tre milioni di persone su nove che ogni anno si infettano con
la tubercolosi che sono in qualche modo inesistenti da un punto di vista diagnostico
e terapeutico e che quindi sono più a rischio di sviluppare forme più gravi, più a
rischio di morte, e di diffondere inconsciamente la malattia. Quindi, il messaggio
che quest’anno si vuole dare è proprio quello di cercare di arrivare a quelle persone
che sono sempre difficilmente raggiungibili proprio per le condizioni di povertà di
cui parlavo.
D. - Perché questi Paesi ancora oggi hanno difficoltà ad accedere
alle cure?
R. - Certamente non si può generalizzare. Sono situazioni variegate
a seconda delle aree geografiche, diverse da Paese a Paese. In linea generale, possiamo
dire che la tubercolosi è una malattia estremamente diffusa in alcune aree, ma paradossalmente
qualche volta è anche difficile da diagnosticare e trattare. Da un po’ di tempo a
questa parte, stanno emergendo ceppi resistenti, i “Multi-drug-resistant”, ovvero
ceppi resistenti almeno a due farmaci maggiori. Recentemente, si è visto che esistono
ceppi di tubercolosi estremamente resistenti in cui lo spettro di resistenza è ancora
maggiore. Tutte queste situazioni non sono solo appannaggio dei Paesi più poveri ma
anche dei Paesi come l’Europa ed il Nord America.
D. - In questa Giornata
mondiale dedicata alla tubercolosi qual è il suo messaggio?
R. - Il messaggio
- se posso prenderlo in prestito dai Cdc di Atlanta (Centers for Disease Control and
Prevention) - è “Find Tuberculosis, treat Tuberculosis, cioè “scovare - forse ho usato
un termine poco scientifico - la tubercolosi e trattarla". Questo vale per tutti i
Paesi dove la tubercolosi è presente, come da noi, con bassa incidenza e per quelli
nei quali è più frequente e molto più incisiva. La tubercolosi è un nemico antico,
verso il quale non bisogna mai abbassare la guardia.