A Roma la Via Crucis “Per le donne crocifisse”, vittime di tratta e prostituzione
coatta
Una Via Crucis “Per le donne crocifisse”, vittime di tratta e prostituzione coatta,
si è snodata questo venerdì sera nel centro di Roma. L'evento è stato ricordato da
Papa Francesco all'Angelus di domenica scorsa. La partenza alle 19.30 da Piazza Santi
Apostoli mentre la tappa di arrivo è alla Chiesa in Santa Maria in Traspontina, in
via della Conciliazione; durante il percorso le toccanti testimonianze di alcune ragazze.
Ad organizzare la processione, l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, fondata
da don Oreste Benzi, che da anni si impegna per la liberazione di tante giovani schiavizzate.
Debora Donnini ha intervistato don Aldo Buonaiuto, della segreteria
organizzativa:
R. - È una Via
Crucis simbolica ma molto importante, dal titolo “Per le donne crocifisse”, pensando
a quelle donne più dimenticate e allo stesso tempo più usate da oltre nove milioni
di maschi italiani che sono sulle strade di Italia e nei locali a comprare il corpo
di ragazze giovanissime, portate in Italia con l’inganno, attraverso una vera e propria
tratta degli esseri umani, ridotte in stato di schiavitù, torturate, e che ogni giorno
subiscono violenze e percosse.
D. – In base alla sua esperienza di aiuto alle
ragazze vittime della prostituzione, come avviene il traffico di queste giovani donne?
Sono consenzienti o sono portate qui con l’inganno? Quali sono le differenze, anche
in base ai Paesi da cui provengono?
R. – In questa Via Crucis, il nostro sguardo
va alle donne vittime della tratta e della prostituzione schiavizzata. Parliamo di
quelle donne al 99% straniere, oltre 100mila, sulle strade d’Italia che sono condotte
qui con l’inganno di una promessa di lavoro. Non dimentichiamo che provengono da Paesi
poverissimi - Nigeria, Romania, Albania, Moldavia, Bulgaria – luoghi dove molto spesso
le ragazze sono avvicinate proprio perché si conosce lo stato in cui versano - specialmente
le loro famiglie – che è uno stato di grande povertà. Allora, ecco che la ragazza
reclutata viene adescata proprio con questa promessa: poter trovare un lavoro che
consenta di aiutare le loro famiglie. Si intraprendono questi viaggi che lungo il
percorso si rivelano i viaggi delle botte, dell’assogettazione: quando arrivano in
Italia queste donne giovanissime sono già assoggettate e ricattate nei confronti proprio
dei loro cari.
D. – Dal ’91 ad oggi l’Associazione Papa Giovanni XXIII è riuscita
a liberare circa settemila ragazze ridotte in schiavitù. Come intervenite per salvare
queste ragazze?
R. – Interveniamo su quasi tutto il territorio nazionale andando
in strada con le nostre unità di strada: persone eroiche, ragazzi, giovani, persone
che le avvicinano cercando di dar loro il coraggio, di far vincere loro la paura ed
aprire un dialogo. Allora, quando si cominciano a fidare, si intraprende il percorso
di protezione sociale per reinserirle nella società, cercare un lavoro e ristabilire
soprattutto un rapporto di fiducia e di affetto attraverso le nostre case-famiglia.
D.
– Voi cosa chiedete alle istituzioni?
R. – Noi chiediamo che l’Italia possa
recepire la direttiva europea che chiede di disincentivare la domanda. Abbiamo anche
messo in atto una petizione - che si può vedere nel nostro sito - perché l’Italia
possa accogliere questa risoluzione d’Europa: la domanda si colpisce punendo i clienti,
facendo una grande opera di prevenzione e di rieducazione.
D. – Al termine
della Via Crucis, alle 22.00, c’è un oratorio sacro dal titolo “Lo sposo dell’umanità”.
In cosa consiste?
R. – Consiste in un bellissimo gruppo di giovani che si sono
riuniti – loro vengono da Fabriano, dalle Marche – per cantare e pregare. Si ripercorrerà
attraverso alcuni passi della Sacra Scrittura il percorso dalla morte alla vita, dalla
schiavitù alla libertà. L’augurio che faremo per la Pasqua a tante ragazze è che possano
trovare il coraggio di liberarsi da quella morte.