Senza fine il conflitto in Siria. La Caritas in prima linea anche su sostegno psicologico
e scolarizzazione
Subito in Siria dove non si arresta il conflitto tra oppositori e regime che dopo
tre anni di conflitto costato la vita a quasi 150mila persone e costato alle casse
statali 22,5 miliardi di dollari ha deciso di dare il via libera alla creazione dell'Agenzia
Spaziale Siriana. Marina Calculli:
Un’autobomba
a Homs nel quartiere degli alawiti, considerati fedeli al regime di Bashar al-AsSad,
ha ucciso ieri almeno sei persone. Invece l’esercito lealista si prepara ad una nuova
offensiva contro Yabrub, alle porte di Damasco, dopo che ieri la tv di stato aveva
annunciato di averla ripulita dai “terroristi” – gli insorti nel linguaggio del regime.
All’attacco di Yabrud è coinvolti anche un folto commando di Hezbollah. Secondo una
fonte vicina al partito-milizia libanese, 13 capi militari dei ribelli sono stati
uccisi. Tra di essi c’era anche Abu Azzam al-Kuweiti, uno dei rapitori delle 13 suore
libanesi prelevate a Maaloula e rilasciate pochi giorni fa. Intanto il parlamento
siriano ha approvato all’unanimità una nuova legge elettorale che dovrebbe regolare
le presidenziali prossime. Una serie di clausole escludono di fatto moltissimi attivisti
dell’opposizione dalla potenziale candidatura: una misura che spiana, ancora di più,
la via per la terza rielezione di Bashar al-Assad.
La Caritas in prima
linea nell’emergenza in Siria per portare, dove serve, acqua cibo e medicine, ma anche
sostegno psicologico a bambini e mamme. Avviati anche progetti per riprendere la scolarizzazione,
ferma da tre anni. Sul terreno, devastato dalla guerra, Caritas Siria è sostenuta
dalle Caritas di altri Paesi come: Italia, Usa, Germania e Francia. Massimiliano
Menichetti ha intervistato Silvio Tessariresponsabile area asiatica
di Caritas Italia:
R. – Quasi
un terzo della popolazione siriana, che era di 20 milioni di abitanti, è in una situazione
di fragilità, di fuga e vittima di violenza, quindi in una situazione assolutamente
tragica.
D. – Insieme a Caritas Siria, oltre a fronteggiare le emergenze di
cibo, freddo e medicine siete impegnati anche nel sostegno psicologico, in particolare
nei confronti dei bambini e delle mamme …
R. – Certo: è un fronte di emergenza
e bisogna correre prima che sia troppo tardi per garantire almeno, nei limiti del
possibile, un minimo di riequilibrio psicologico, perché i bambini possano – nonostante
tutto – avere la speranza di una vita diversa da quella attuale, che è assolutamente
orribile.
D. – Materialmente, come state lavorando sul campo?
R. – Diciamo
che la struttura è organizzata con degli psicologi professionisti che si fanno aiutare
da un gruppo di volontari in ogni località dove c'è bisogno, proprio per insegnare
e studiare e verificare, naturalmente, il buon andamento di queste attività di cura
dell’equilibrio psicologico e le prospettive anche di speranza.
D. – La Caritas
in prima linea è al fianco dei bisognosi, di chi ha necessità. Ci sono molte zone,
però, che ancora non sono raggiunte da nessuno …
R. – Il primo problema è proprio
quello di riuscire a raggiungere i villaggi più abbandonati, e ce ne sono ancora tanti.
La realtà della Siria è peggiore di quella che noi vediamo dai rapporti, proprio perché
c’è un numero indefinito di persone che chissà come stanno! Non certamente bene …
D.
– In questo scenario, voi siete impegnati anche nei progetti di educazione: un fronte
tutt’altro che secondario …
R. – L’aspetto della mancanza di formazione scolastica
sfugge un po’ alle analisi, perché si parla di cibo, di viveri, di medicinali, di
ricoveri, delle necessità di base: di vivere e di essere curati e di avere una certa
protezione. Il fatto che da alcuni anni – da tre anni – i bambini, i giovani, gli
studenti praticamente non vadano a scuola, è una bomba a ritardo, mi verrebbe da dire,
e gli effetti li vedremo negli anni prossimi. Adesso la Caritas Siria è organizzata
in sei regioni, cioè in sei località – tra cui la capitale, naturalmente, Damasco
– e le grosse città come Aleppo, Homs, la costa eccetera; sta aiutando circa 2.300
studenti che sono una piccola percentuale – sia ben chiaro – rispetto alle necessità.
D.
– In questo caso, chi fa scuola? Come siete organizzati?
R. – Gli insegnanti
sono tutti volontari e sono gli studenti universitari, quindi non necessariamente
maestri o professori. Una nota che fa capire anche la difficoltà è che si fa scuola
di giorno, quando si può, ma di notte spesso in situazioni in cui si sta relativamente
più tranquilli in luoghi chiusi e quindi si può dare questo servizio scolastico.
D.
– Quindi, in questo contesto si cerca comunque di costruire una rete di istruzione
che possa garantire un futuro al Paese: è questa un po’ la sfida?
R. – E’ questa
la sfida e in particolare, proprio mons. Audo, il presidente del Caritas Siria, dice:
“Questo è uno dei nostri compiti più importanti, come cristiani, visto che molti se
ne sono andati. Quelli che restano devono veramente avere la consapevolezza di avere
un ruolo cruciale per restaurare la pace. Non hanno interessi nel potere, nessun obiettivo
particolare se non quello di ricostruire la società siriana.