2014-03-16 08:45:44

I vescovi di Timor Est oggi incontrano il Papa. Mons. Do Nascimento: siamo un Paese di periferia


Un Paese a larghissima maggioranza cattolico – una rarità per l’Asia – che per la prima volta vede i suoi vescovi raggiungere il Vaticano e incontrare oggi il Papa per la visita ad Limina. Si tratta di Timor Est, piccola isola del Sudest asiatico, fino al 1975 colonia portoghese, che nel 1999 si distaccò dall’Indonesia diventando nel 2002 uno Stato indipendente. Una autonomia conquistata a prezzo del sangue, che vide la Chiesa timorese in prima linea nel ristabilimento della pace. Mons. Basilio Do Nascimento, vescovo di Baucau e presidente dei vescovi di Timor Est, ne parla al microfono di Rafael Belincanta:RealAudioMP3

R. – Il ruolo della Chiesa continua a essere importante: esso è ancora riconosciuto sia dai governanti che dal popolo. Penso che oggi la Chiesa debba sapersi collocare in questa nuova realtà. Io dico sempre che, subito dopo l'invasione indonesiana, la Chiesa ha svolto il ruolo di protettrice, denunciando la violazione dei diritti umani dei timoresi. C’è stata poi una fase in cui la Chiesa si è impegnata per la riconciliazione con i fratelli indonesiani e oggi sta cercando di svolgere un ruolo di educatrice, non semplicemente nel senso di insegnare a leggere e scrivere, ma di insegnare ai timoresi a vivere in questa nuova situazione. La democrazia , per esempio, è una cosa nuova per Timor Est: siamo passati da un sistema tradizionale a un sistema moderno che la popolazione deve imparare a conoscere e credo che il ruolo della Chiesa oggi sia di educarla alla democrazia.

D – Cosa direte a Papa Francesco che incontrate per la prima volta?

R. – Per prima cosa, descriveremo quello che Timor Est è con due semplici parole care a Papa Francesco: è un Paese della “periferia”, sia nel senso di periferia rispetto ai centri dello sviluppo nel mondo, sia in senso geografico, che siamo cioè alla "fine del mondo". Credo che questa espressione calzi bene per Timor Est. Ma – nonostante le sue piccole dimensioni e un’indipendenza limitata – è un Paese con una tradizione cattolica lunga 500 anni. Quindi, al Papa presenteremo l’invito a venire a festeggiare con noi, nel 2015, i 500 anni dell’evangelizzazione di Timor. A Papa Francesco illustreremo anche la vita della nostra Chiesa, le nostre difficoltà, i nostri bisogni e soprattutto la realtà in cui viviamo oggi.

D – Come è stata accolta l'elezione di Papa Francisco a Timor Est e come giudicano i fedeli timoresi il Papa in questo primo anno di Pontificato?

R. – Il nome del Santo Padre era sconosciuto. Quindi, è stata una vera sorpresa, tanto più se si considera che i media avevano fatto ipotesi su nomi più noti. Ma dal primo momento Papa Francesco ha colpito e conquistato il popolo timorese. Questo è un Paese in netta maggioranza cattolico - il 97% della popolazione è battezzato – e il Santo Padre ha suscitato grande simpatia tra i cristiani per il suo modo di essere, per la sua semplicità e il suo linguaggio molto concreto. L’impressione è che quando parla il Papa tocchi la realtà delle persone, la realtà della vita quotidiana.

D. – Il prossimo Sinodo sarà dedicato alla famiglia. Qual è la realtà della famiglia a Timor Est?

R. – La famiglia a Timor Est ha ancora un grande valore qui e ha un peso importante. Ma adesso il modello tradizionale della famiglia timorese, quello patriarcale con molti figli, deve confrontarsi con nuovi modelli e idee come la parità dei sessi e la limitazione delle nascite, che crea una certa confusione tra la nostra gente, educata in passato ai valori portati dal Portogallo.

D. – Qual è la sfida più grande per le tre diocesi di Timor Est?

R. – Il problema di fondo è la formazione. Quando dicevo che il 97% della popolazione è cattolica, mi riferivo al numero dei battezzati. Ma l’educazione alla fede è molto carente. E questo è anche il risultato della guerra, durante la quale molte persone lì per lì sono state battezzate nella Chiesa, che poi però non ha avuto il tempo e le risorse per formare i fedeli nella fede. La nostra sfida è questa. Ci mancano poi le strutture, tanto che oggi anche il livello di formazione del clero e degli operatori pastorali è abbastanza scarso. Per questo abbiamo bisogno dell’aiuto di altre Chiese. Finora, abbiamo chiesto aiuto alla Chiesa portoghese e quest'anno anche la Chiesa brasiliana ci ha dato una mano. La Conferenza episcopale brasiliana (Cnbb) ci ha inviato professori per formare gli insegnanti in seminario. Insomma la nostra più grande preoccupazione oggi è la formazione a tutti i livelli.

Ultimo aggiornamento: 17 marzo







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