Crimea: il 93% vota "sì" alla secessione da Kiev. Gli Usa: "Violate leggi internazionali"
Esito scontato in Crimea per il referendum di ieri sulla secessione dall’Ucraina e
l’adesione alla Russia: secondo i primi dati, riferiti da media russi, i “sì” hanno
vinto con il 93%. Oltre il 75% anche l’affluenza. Kiev ha condannato la possibile
secessione, mentre per gli Stati Uniti questo voto “viola le leggi internazionali”.
Ma la Duma ha annunciato che “entro la fine di marzo saranno completate le procedure"
per l'annessione della Crimea alla Russia. E ieri sera il ministro degli Esteri italiano,
Federica Mogherini, ha detto che l'Italia insieme agli altri partner europei ritiene
illeggittimo il referendum. Intanto, nuovi segnali di crisi arrivano anche da altre
aree dell’Ucraina. Il servizio di Davide Maggiore:
La Crimea guarda
a Mosca, e da Kiev il premier ucraino Yatseniuk minaccia ritorsioni contro “gli istigatori
del separatismo”, promettendo di portarli “davanti alla giustizia” interna e internazionale.
Ed è scontro ad alto livello anche sulla validità del referendum: se Putin, in una
telefonata con la cancelliera tedesca Merkel, ha definito il voto legittimo, l’Unione
Europea non ne riconoscerà la validità, così come gli Stati Uniti, e in più si prepara
a varare, domani, sanzioni contro Mosca. Dal punto di vista militare, i governi russo
e ucraino hanno annunciato oggi una tregua in Crimea fino al 21 marzo. La penisola
non è però l’unico punto di tensione: secondo media moscoviti, truppe di Kiev sarebbero
in movimento verso il confine, mentre alcune migliaia di manifestanti filorussi sono
scesi in piazza a Kharkiv e in altre località del sud-est ucraino chiedendo maggiore
autonomia. Yatseniuk ha auspicato che l’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e
la cooperazione in Europa, invii osservatori anche in questa regione, e un loro possibile
dispiegamento è stato discusso nella telefonata tra Putin e Merkel. La cancelliera
ha condannato l’invio di truppe russe “fuori dalla Crimea”, mentre il segretario di
stato Usa, John Kerry, starebbe preme su Mosca perché accetti una soluzione della
crisi che preveda riforme alla costituzione ucraina.
Per un commento sulla
situazione in Crimea, Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente il giornalista
Giuseppe D’Amato, che si trova nei pressi di Sinferopoli, capoluogo della regione:
R. – Il voto
si è svolto in maniera tranquilla, anche se militari "mascherati" sono rimasti vicino
ai pochi siti dove si trovano ancora dei militari ucraini fedeli a Kiev. Lì ci sono
le autoblindo, lì ci sono i militari russi, senza insegne. Lungo le strade ci sono
dei blocchi, che fermano tutte le auto. In questi posti di blocco ci sono i cosacchi
della Russia meridionale insieme a volontari, che sono dalla parte di Sinferopoli.
D. – Come hanno vissuto questa giornata coloro che si oppongono a un riavvicinamento
a Mosca?
R. – Gli ucraini hanno votato in pochi: gli ucraini sono circa il
24 per cento della popolazione. I tatari, invece, non sono andati assolutamente a
votare, sono circa il 15 per cento della popolazione: hanno seguito assolutamente
le indicazioni dei loro leader. Quindi si va ad aprire un fortissimo problema con
le nuove autorità di Sinferopoli. Il voto di oggi ha provocato tensione fra le varie
componenti etniche della Crimea. Rischi di scontri ci possono essere, sono abbastanza
elevati… La speranza è che ci sia un modo per tranquillizzare la situazione.