Parte la racconta fondi internazionale on-line per restaurare il Santuario romano
di San Francesco a Ripa. La cella, dove il Santo di Assisi soggiornò più volte, necessita
di lavori urgenti di restauro, per tutelare il suo inestimabile valore spirituale
e le antiche opere d’arte in essa custodite. Per finanziare il progetto i frati romani
hanno lanciato una campagna di raccolta fondi sul web che durerà circa quaranta giorni.
Veronica Giacometti ha intervistato il parroco della Chiesa di San Francesco
a Ripa, padre Stefano Tamburo:
R. - Questa
iniziativa è finalizzata a raccogliere la somma di denaro che ci serve per restaurare
la Cella di San Francesco, ovvero il Santuario qui a San Francesco a Ripa. Ovviamente
in questo tempo particolare di profonda crisi, non è facile ottenere i fondi dallo
Stato che dovrebbe provvedere , in qualche modo, al suo restauro. Attingendo un po’
anche alla nostra tradizione francescana, ci è venuto in mente il modello questua
che i frati - fin dall’inizio - adottano. E questo ha reso possibile la costruzione
di tutte le chiese, così come questa. Quindi ritornare a chiedere alla gente un contributo,
secondo le proprie possibilità. Abbiamo usato la piattaforma americana per via dell’affidabilità
e anche per diffondere questa notizia in modo più capillare, essendo una nazione abituata
a questa raccolta di fondi.
D. - La scelta di utilizzare donazioni private,
attraverso il web da cosa è motivata principalmente?
R. Ci ha spinto proprio
la motivazione di non dover gravare sullo Stato o su sponsor pubblici che, vivendo
questo periodo di crisi, hanno difficoltà: quelle somme di denaro possono così essere
usate per fini sociali. Nonostante l’urgenza estrema del restauro del Santuario, che
rischia di cadere a pezzi.
D. - Perché è importante San Francesco a Ripa nel
mondo?
R. - San Francesco a Ripa è famoso nel mondo perché - come ogni santuario
- è un luogo dove è accaduto qualcosa di particolare, dove un santo ha vissuto una
particolare esperienza di Dio. Oggi, attraverso il contatto con queste pietre, ridando
a queste pietre quella voce originaria, significa riappropriarci dell’esperienza di
Francesco, che qui a San Francesco a Ripa viveva sia il rapporto con la Chiesa, quindi
con il Papa, sia soprattutto il rapporto con la povere gente: faceva servizio, accudiva
i lebbrosi e serviva i malati. Oggi significa risentire o cercare di risentire, attraverso
queste pietre, questa esperienza umana e cristiana di Francesco.