2014-03-15 08:10:31

Ucraina: domani il referendum in Crimea, ma si attende in giornata il voto dell'ONU sulla sua invalidità


Un lungo colloquio di sei ore nella residenza dell'ambasciatore Usa a Londra ma senza nessun accordo tra il segretario di Stato americano John Kerry e il capo della diplomazia russa Serghiei Lavrov. In giornata il voto dell’ONU sul referendum di domani nella regione russofona di Crimea. Scontato il veto in Consiglio di sicurezza di Mosca. Il servizio di Adriana Masotti:RealAudioMP3

Conferenze stampa separate dunque a Londra: per Lavrov i colloqui sono stati "utili" per migliorare la reciproca comprensione ma tra Russia e Stati Uniti resta una visione diversa sul caso Ucraina. Il diplomatico russo conferma la decisione di Mosca di rispettare il risultato del referendum di domani in Crimea per tornare alla Russia, che Putin parlando con il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon - ha ribadito "conforme ai principi del diritto internazionale e della Carta dell'Onu". Colloqui "franchi" e "costruttivi" anche per Kerry, che però ha annunciato sanzioni contro Mosca se si terrà un referendum "illegittimo" che, ha detto, la comunità internazionale non riconoscerà. Oggi stesso l’Onu voterà, in sessione straordinaria, la bozza di risoluzione presentata dagli Stati Uniti in cui si dichiara invalido il referendum sullo status della Crimea, perché non autorizzato dall’Ucraina, e si riafferma l'integrità territoriale dell’ex repubblica sovietica esortando ancora tutte le parti "a trovare immediatamente una soluzione pacifica". Scontato il veto russo alla risoluzione mentre la Cina, in base alle ultime dichiarazioni dovrebbe astenersi. Intanto in una Crimea occupata militarmente dai soldati del Cremlino e sorvolata ieri da un drone americano, ci si prepara ad andare alle urne. Nella regione “e' in corso una violazione della libertà di espressione": ha detto il vice segretario generale Onu per i diritti umani, Ivan Simonovic, in videoconferenza da Kiev. "Ci sono notizie di violazioni contro i giornalisti e rappresentanti della società civile”. E anche i filorussi di Kharkiv, l'ex capitale dell’Ucraina vicina ai confini con la Russia, hanno annunciato di voler organizzare un proprio "referendum" per l'annessione a Mosca e sarebbero due i morti registrati in scontri avvenuti in città.

La situazione ucraina sta avendo conseguenze negative anche sui mercati finanziari, con il crollo delle principali Borse, in particolare quella di Mosca. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Margherita Paolini, coordinatrice scientifica di Limes: RealAudioMP3

R. – Questo era inevitabile che si verificasse, perché viviamo ormai in un mondo globalizzato e gli interessi del mondo occidentale in Russia, così come quelli russi ne mondo occidentale, ormai sono abbastanza ben ramificati da diversi anni. Magari l’interscambio è molto più forte con quello europeo, ma c’è anche con il sistema americano. Il problema, quindi, è che si possano infliggere delle sanzioni – per ora minacciate, poi via via sempre più approfondite. C’è una specie di guerra a bassa intensità che certamente può avere conseguenze economiche più gravi per la Russia che già da qualche tempo – non solo in coincidenza con la crisi ucraina – aveva risentito di una situazione finanziaria non dico traballante, ma molto incerta.

D. – Ci potrebbero essere conseguenze negative anche sul fronte del gas, un capitolo delicato per tutta l'Europa?

R. – Però, c’è una differenza sostanziale tra i Paesi europei del Nord e quelli del Sud, perché i Paesi del Nord hanno dei gasdotti che passano fuori dall’Ucraina, proprio per una volontà precisa di Mosca di bypassarla in direzione dei clienti più importanti, come la Germania. E non solo per il gas, ma anche per il petrolio: la Germania è il primo importatore di petrolio russo. Il problema è, invece, per quelli del sud-mediterraneo. E siamo noi, alla fine, tra i Paesi del Sud che prendiamo la quota più rilevante del gas che passa attraverso l’Ucraina: ne importiamo 25 miliardi di metri cubi. E non pensiamo che ora, perché sta avvicinandosi la primavera, il discorso si renda più lieve, perché in estate se ne consuma quasi quanto in inverno, in quanto quello che non si consuma in riscaldamento si consuma per i refrigeratori. Quindi, bisogna essere molto attenti. Abbiamo anche pochissimo gas che viene dal Mediterraneo: tutte le nostre forniture tradizionali si sono illanguidite. C’è la situazione libica, e anche l’Algeria che in questo momento produce meno di quello che avrebbe dovuto perché non ha avuto investimenti sufficienti per mettere in produzione nuovi giacimenti. Insomma, diciamo che la situazione è un po’ critica. Quindi, speriamo che questa cosa si risolva. Però, l’Italia in questo ambito deve cercare di svolgere una parte importante, insomma, che sia di pressione ma anche di mediazione, per evitare uno scenario di questo tipo.

D. – Quante sono le possibilità che qualcuno interrompa il flusso di gas verso l’Occidente?

R. – Parecchie. Qui si sta facendo un gioco al rialzo; magari, molto è tattico ma non sappiamo quanto poi ad un certo punto possa diventare vero. La Russia potrebbe chiudere i rubinetti ai Paesi occidentali, come conseguenza delle sanzioni, ovvero potrebbe essere l’Ucraina che chiude i rubinetti per fare un ricatto forte alla Russia. Oppure la Russia che ha timore di far passare il gas per l’Europa, visto che bloccherebbe quello dell’Ucraina attraverso il territorio dell’Ucraina stessa. Però, siccome l’uscita di questi tubi è proprio in zone occidentali molto russofone, questo può impedirne il transito.

D. – Cosa dire del referendum di domenica?

R. – Dovrebbe essere un referendum ad alta frequenza, insomma, perché la maggioranza della popolazione è su questa lunghezza d’onda. Però, teniamo conto che ci sono anche dei gruppi come appunto i tatari, che sono assolutamente contrari; ci sono delle perplessità. Certamente sarebbe vinto, ma è un processo che viene completamente negato, in questi termini, dal governo centrale ucraino. Quindi, quale sostenibilità può avere questa cosa? Anche per la stessa Russia lascia il discorso della base di Sebastopoli comunque in un limbo pericoloso. Forse la proposta che può venire da Kiev di farne invece una cosa autorizzata, sebbene in termini più blandi, potrebbe essere più sicura perché anche sul fronte terrorismo ci sono già minacce da parte di frange legate ai movimenti islamisti del Caucaso di entrare in un conflitto a bassa intensità. Quindi è molto pericoloso e non so quanto convenga entrare in questo tunnel.









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