Adly Mansour: l'Egitto avrà un nuovo capo di Stato entro l'estate
L'Egitto avrà un nuovo presidente “eletto” entro due mesi e mezzo. Così si è espresso
il presidente ad interim, Adly Mansour, mentre il Paese è stretto dalla morsa
delle contestazioni per la destituzione dell’esponente dei Fratelli musulmani, l’ex
capo di Stato, Muhammad Morsi. Anche ieri si sono registrate proteste al Cairo e Alessandria.
Nonostante il rinvio delle presidenziali, previste per aprile, Mansour si dice “ottimista
sul futuro” dell’Egitto. Intanto, l'esercito ha accusato la Fratellanza di essere
responsabile dell'attentato, di giovedì, contro un bus di militari al Cairo costato
la vita a un ufficiale. Nel nord del Sinai, sette miliziani sono stati uccisi in seguito
a un raid condotto dall'esercito. Sul fronte politico, l'ex capo di Stato maggiore
egiziano, Sami Anan, ha annunciato che non si candiderà alle prossime consultazioni.
Restano due i candidati in corsa: il "nasserista" Hamdeen Sabahi e il favorito ministro
della Difesa e capo di Stato maggiore, Abdel-Fattah al-Sisi, il quale però ancora
non ha formalizzato la propria candidatura. Massimiliano Menichetti ha intervistato
il prof. Claudio Lo Jacono, presidente dell’Istituto per l’Oriente:
R. – Siamo alla
ricerca di un maggiore equilibrio nel Paese, dove accanto ai militari ci sono i Fratelli
musulmani, ci sono i salafiti, ci sono i cosiddetti laici… Siamo in un periodo di
instabilità. Il fatto stesso che si rimandi a data delle elezioni di alcuni mesi dà
l’idea di come l’Egitto abbia grosse difficoltà: di ordine pubblico e di contrapposizione,
anche violenta.
D. – Il capo di Stato maggiore, al-Sisi, per ora non ha formalizzato
la sua candidatura, eppure tutti lo danno come favorito alle presidenziali…
R.
– Non c’è dubbio che al-Sisi voglia presentarsi. D’altra parte, lo ha detto: “Mi chiama
il popolo”, il che sta a significare la sua volontà di costituire l’ennesimo presidente
militare dell’Egitto dall’epoca di Neguib e poi di Nasser. Però, è vero che ancora
non ha compiuto i passi necessari per poter rendere valida la sua candidatura: probabilmente,
anche lui si rende conto che la situazione è fluida. Lo stesso consenso che era molto
forte nei confronti del Consiglio supremo delle Forze armate è vagamente annacquato,
ora. Mi sembra che si voglia anche prendere tempo per cercare di portare la situazione
in una condizione di maggiore stabilità.
D. – Come nel Sinai, che di fatto
non riesce ad essere stabilizzato…
R. – Il Sinai, poi, d’altra parte è difficilissimo
poterlo controllare: lo stesso territorio che caratterizza questa penisola rende impossibile
presidiarla. Ci sono, tra l’altro, anche le componenti tribali che costituiscono sempre
un po’ una spina nel fianco del potere centrale. Sicuramente, le tribù dei beduini
del Sinai hanno un orecchio simpatizzante nei confronti dei fautori del disordine.
D.
– Le presidenziali, dunque, non porteranno automaticamente la stabilità nel Paese?
R.
– Naturalmente, la situazione – con le nuove elezioni e con al-Sisi probabilmente
nuovo presidente della Repubblica – non cambierà assolutamente. Io mi aspetto più
qualche cosa di nuovo dalle elezioni legislative, qualora si potessero tenere in un’atmosfera
di relativa libertà di espressione del voto. Ma questo vuol dire che debbono poter
partecipare i Fratelli musulmani…
D. - …che ora sono fuorilegge?
R.
– Che ora sono fuorilegge. Per cui, se non faranno parte del quadro politico, non
ci sarà nessuna soluzione.
D. – Cioè, rimarrà una situazione instabile?
R.
– I militari dovranno rassegnarsi a trattare con la Fratellanza musulmana cedendo
in qualche cosa, facendo però accettare anche l’idea che uno Stato che voglia essere
democratico, per quanto islamico, debba mantenere un atteggiamento di correttezza
nei confronti della separazione dei poteri e che ogni potere sia controllato da un
altro.
D. – Si riferisce all’ex presidente Morsi, esponente dei Fratelli musulmani,
prima legittimamente eletto e poi destituito?
R. – L’arma forte che ha la Fratellanza
musulmana è quella di dire che c’è stato un colpo di Stato che ha deposto un presidente
legittimamente eletto. Dimenticano magari di dire che questo presidente ha poi compiuto
tutta una serie di atti di eversione della Costituzione, come per esempio avocare
a sé qualsiasi potere, anche nei confronti della magistratura che avrebbe dovuto controllare
in qualche modo il suo operato, come in tutti i Paesi del mondo: questo viene dimenticato.
Tutta una seria di atti di assoluta eversione, della presidenza Morsi, sono finiti
ampiamente nel dimenticatoio, e si ricorda soltanto l’atto di eversione delle forze
armate che hanno deposto un presidente eletto. E questa situazione, purtroppo, è la
spina nel fianco che non si risolverà tanto facilmente: la pacificazione degli animi
non può arrivare con la mano dei militari soltanto.