2014-03-10 08:01:16

Siria. “Acs”: la minoranza cristiana è la più esposta ai rapimenti


Finalmente libere le suore scomparse più di tre mesi fa dal convento ortodosso di Maalula, a nord ovest di Damasco. Le religiose si trovano ora in Libano in attesa di ritornare in Siria. La notizia è stata accolta con gioia da tutta la comunità cristiana che aveva seguito con apprensione la vicenda. Anche Papa Francesco, nell’udienza generale del 4 dicembre scorso, aveva chiesto la loro liberazione. Il servizio di Marina Calculli:RealAudioMP3

Sono arrivate ieri nel tardo pomeriggio in Libano le 13 suore libanesi, rapite all’inizio di dicembre scorso nel loro convento di Santa Tecla a Maaloula, in Siria, assieme a 3 cameriere. Ad accoglierle è stato un convoglio di 30 macchine giunto ad Arsal, la località libanese nella valle della Beqaa dove sono state rilasciate le suore. In cambio il regime di Bashar al-Asad libererà 153 attiviste antigovernative rinchiuse nelle carceri siriane. Le religiose sono state trattenute nelle montagne della zona di Qalamun dalla “Jabhat al-Nusra”, una delle principali milizie islamiste che in Siria combattono contro il regime di Damasco. Le suore, in realtà, sono sempre rimaste in contatto con i rappresentanti della chiesa ortodossa siriana e hanno sempre confermato la versione della “Jahbat al-Nusra”: non un rapimento ma una custodia. Pare che a condurre la negoziazione per il rilascio delle religiose sia stata da un lato l’intelligence libanese, più vicina al regime siriano, e dall’altra il Qatar, uno dei protettori e finanziatori della Jabhat al-Nusra.


Su questa attesa liberazione delle suore di Maalula, Alessandro Gisotti ha raccolto il commento di Marta Petrosillo, portavoce dell’Associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”:RealAudioMP3

R. – E’ veramente una notizia meravigliosa! Nel mese scorso si era detto che i negoziatori avevano perso le tracce delle 13 suore rapite e poi, questo tweet annunciato da al Arabiya che diceva che sarebebro state liberate a breve, poche ore prima dell’annuncio ufficiale della liberazione. E’ una notizia che ovviamente noi di “Aiuto alla Chiesa che soffre” accogliamo con gioia, e speriamo che si possano risolvere anche tante altre questioni che ci sono molto a cuore, in Siria, in particolare quella di padre Dall’Oglio e dei due vescovi di Aleppo, rapiti nello scorso aprile.

D. – Quella dei rapimenti è proprio una delle piaghe che si accompagna a questa terribile guerra civile in Siria: è un’altra realtà molto grave …

R. – Assolutamente! E’ una realtà molto grave e giustamente poco conosciuta, perché i casi sono moltissimi e colpiscono in particolar modo la minoranza cristiana, che essendo debole è anche più esposta a questo tipo di situazioni. Abbiamo moltissimi casi di rapimenti per riscatto e moltissimi casi si risolvono molto male.

D. – Questa vicenda dice anche dell’impegno della Chiesa, dei religiosi come dei laici, in Siria, che non vanno via e che poi rischiano sulla propria pelle queste conseguenze …

R. – Sicuramente. Ci sono stati tantissimi annunci, tantissimo impegno da parte della Chiesa tutta, in particolare del patriarca Béchara Raï, del nunzio, mons. Zenari … E’ vero: la Chiesa in Siria per i cristiani, ma non solo per i cristiani, è proprio l’unico punto fermo. Abbiamo tantissime testimonianze da diverse città della Siria e ci dicono che senza la Chiesa i cristiani, i fedeli sarebbero persi. E c’è da testimoniare che non solo i cristiani beneficiano della presenza della Chiesa, del sostegno della Chiesa: abbiamo tante realtà cattoliche, come la Caritas, come il Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati, che sostengono tutta la popolazione: oltre l’80 per cento dei casi assistiti non sono cristiani.







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