Preghiera per la pace dalla diocesi di Roma, per condividere la sofferenza dell'Ucraina
La Conferenza episcopale italiana, ha invitato domenica scorsa, tutte le chiese d’Italia
a pregare per la pace in Ucraina. Anche a Roma, l’Ufficio diocesano per la Pastorale
delle migrazioni, in collaborazione con la comunità greco-cattolica ucraina della
capitale, ha organizzato nella serata presso il santuario di Santa Maria in Portico
in Campitelli, una Veglia di preghiera per implorare il dono della pace nell’ex Repubblica
sovietica, presieduta dal vescovo ausiliare mons. Matteo Zuppi. Ascoltiamo il servizio
di Marina Tomarro:
“Il digiuno
e la preghiera sono le armi con cui si vince il demone della violenza, perché in Ucraina
la gente possa riedificare le fondamenta, ma ci vuole l’impegno di tutti, in particolare
della comunità internazionale, perché prevalga il dialogo tra le parti, evitando quei
gesti avventati che provocherebbero solo enormi sofferenze”. Così il vescovo Matteo
Zuppi ha invocato la pace nella Veglia di preghiera per il governo di Kiev. Ascoltiamo
il suo commento.
R. - È l’importanza di intercedere per una situazione, come
quella dell’Ucraina, anche mettendo in pratica quello che Papa Francesco nell’Evangelii
Gaudium ha chiesto: l’intercessione come lievito nel seno della Trinità; intercessione
per cercare la sua forza, il suo amore perché si manifestino con maggiore chiarezza
nel popolo. Poterlo fare con la comunità ucraina di Roma credo esprima anche il senso
della Chiesa di Roma; le varie situazioni e le varie difficoltà che le componenti
portano con sé - pensiamo alla Chiesa ucraina - le viviamo insieme in questa fraternità.
D. - Quanto la Chiesa può dare una mano nei negoziati di pace?
R. -
Credo possa dare un grande aiuto, soprattutto perché le Chiese in Ucraina hanno scelto
di parlare, di incontrarsi. Soprattutto, chiedere il dialogo come unica via per comporre
le divergenze. Credo che in un Paese con radici cristiane così profonde, questa possa
rappresentare una grammatica comune di intendimento e capacità di superare le difficoltà.
E
all’incontro di preghiera che si è svolto nello stile ecumenico di Taizè, ha partecipato
la comunità greco-cattolica ucraina presente nella capitale. Il coordinatore nazionale
don Marco Semehn.
Noi ci incontriamo con i nostri fedeli in tre comunità
di Roma. Se si comincia a parlare dell’Ucraina notiamo che tutti piangono: nessuno
di noi poteva veramente immaginare che ci potesse essere il rischio di una guerra.
Già i 90 giorni di scontri in piazza Maidan hanno portato immensi sacrifici: sono
100 tra ragazzi, studenti, professionisti, artisti, poeti che sono morti perché esprimevano
i loro diritti. Poi c’è gente che muore negli ospedali a causa delle ferite riportate
durante questi 90 giorni di scontri. Ognuno di noi pensava che fosse tutto finito
con questo sacrificio ma poi si è aggiunto il problema della Crimea che porta dolore
a tutte le donne, alle famiglie perché ci sono figli e nipoti coinvolti. Loro però
pregano.
Ma come stanno vivendo in Ucraina questa situazione? Ascoltiamo la
testimonianza di Andrej Hawlic che vive in Italia da tre anni, e che ha lasciato
nell’ex Repubblica sovietica tutta la sua famiglia d’origine.
La situazione
è che nessuno è più sicuro di niente; la speranza è che domani al risveglio sia tutto
finito e nessuno vuole pensare che la situazione possa peggiorare. Tutti pregano e
sperano che i potenti di questo mondo possano fare in modo che non ci siano più né
gli scontri, né la guerra. Vivono con la speranza, ma finché non si risolverà questa
situazione non si potrà mai sapere cosa potrebbe succedere; poi la situazione in Crimea
e la tensione che sta vivendo tutta l’Ucraina. Stanno nascendo comunque una profonda
conversione, speranza ed unità tra il popolo. Questa è una cosa bella in tutta questa
sofferenza.