2014-03-10 14:29:15

Preghiera per la pace dalla diocesi di Roma, per condividere la sofferenza dell'Ucraina


La Conferenza episcopale italiana, ha invitato domenica scorsa, tutte le chiese d’Italia a pregare per la pace in Ucraina. Anche a Roma, l’Ufficio diocesano per la Pastorale delle migrazioni, in collaborazione con la comunità greco-cattolica ucraina della capitale, ha organizzato nella serata presso il santuario di Santa Maria in Portico in Campitelli, una Veglia di preghiera per implorare il dono della pace nell’ex Repubblica sovietica, presieduta dal vescovo ausiliare mons. Matteo Zuppi. Ascoltiamo il servizio di Marina Tomarro: RealAudioMP3

“Il digiuno e la preghiera sono le armi con cui si vince il demone della violenza, perché in Ucraina la gente possa riedificare le fondamenta, ma ci vuole l’impegno di tutti, in particolare della comunità internazionale, perché prevalga il dialogo tra le parti, evitando quei gesti avventati che provocherebbero solo enormi sofferenze”. Così il vescovo Matteo Zuppi ha invocato la pace nella Veglia di preghiera per il governo di Kiev. Ascoltiamo il suo commento.

R. - È l’importanza di intercedere per una situazione, come quella dell’Ucraina, anche mettendo in pratica quello che Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium ha chiesto: l’intercessione come lievito nel seno della Trinità; intercessione per cercare la sua forza, il suo amore perché si manifestino con maggiore chiarezza nel popolo. Poterlo fare con la comunità ucraina di Roma credo esprima anche il senso della Chiesa di Roma; le varie situazioni e le varie difficoltà che le componenti portano con sé - pensiamo alla Chiesa ucraina - le viviamo insieme in questa fraternità.

D. - Quanto la Chiesa può dare una mano nei negoziati di pace?

R. - Credo possa dare un grande aiuto, soprattutto perché le Chiese in Ucraina hanno scelto di parlare, di incontrarsi. Soprattutto, chiedere il dialogo come unica via per comporre le divergenze. Credo che in un Paese con radici cristiane così profonde, questa possa rappresentare una grammatica comune di intendimento e capacità di superare le difficoltà.

E all’incontro di preghiera che si è svolto nello stile ecumenico di Taizè, ha partecipato la comunità greco-cattolica ucraina presente nella capitale. Il coordinatore nazionale don Marco Semehn.

Noi ci incontriamo con i nostri fedeli in tre comunità di Roma. Se si comincia a parlare dell’Ucraina notiamo che tutti piangono: nessuno di noi poteva veramente immaginare che ci potesse essere il rischio di una guerra. Già i 90 giorni di scontri in piazza Maidan hanno portato immensi sacrifici: sono 100 tra ragazzi, studenti, professionisti, artisti, poeti che sono morti perché esprimevano i loro diritti. Poi c’è gente che muore negli ospedali a causa delle ferite riportate durante questi 90 giorni di scontri. Ognuno di noi pensava che fosse tutto finito con questo sacrificio ma poi si è aggiunto il problema della Crimea che porta dolore a tutte le donne, alle famiglie perché ci sono figli e nipoti coinvolti. Loro però pregano.

Ma come stanno vivendo in Ucraina questa situazione? Ascoltiamo la testimonianza di Andrej Hawlic che vive in Italia da tre anni, e che ha lasciato nell’ex Repubblica sovietica tutta la sua famiglia d’origine.

La situazione è che nessuno è più sicuro di niente; la speranza è che domani al risveglio sia tutto finito e nessuno vuole pensare che la situazione possa peggiorare. Tutti pregano e sperano che i potenti di questo mondo possano fare in modo che non ci siano più né gli scontri, né la guerra. Vivono con la speranza, ma finché non si risolverà questa situazione non si potrà mai sapere cosa potrebbe succedere; poi la situazione in Crimea e la tensione che sta vivendo tutta l’Ucraina. Stanno nascendo comunque una profonda conversione, speranza ed unità tra il popolo. Questa è una cosa bella in tutta questa sofferenza.

Ultimo aggiornamento: 12 marzo







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