Filippine: a 4 mesi dal tifone Haiyan, ricostruzione ancora lontana
L’8 novembre 2013 le onde e le raffiche di vento portate dal tifone Haiyan (chiamato
dai filippini Yolanda) investirono con forza devastante ampie aree centrali dell’arcipelago
e in particolare le isole di Leyte, Cebu e Bantayan. Quattro mesi dopo - riferisce
l'agenzia Misna - il lavoro di ricostruzione nelle aree maggiormente colpite non è
ancora completato al 10%. Addirittura non è ancora stato definito il piano di ricostruzione
nelle 171 municipalità interessate dalla calamità. Le ragioni sono di carattere logistico,
ma anche nella burocrazia e nelle leggi. Una situazione ammessa dalle autorità.
“Il
governo nazionale non ha ancora completato le indagini post-disastro essenziali per
il piano di riabilitazione. Una volta realizzato quest’ultimo, tutto avrà un’accelerazione
perché si potranno avviare contemporaneamente iniziative di ricostruzione e di riabilitazione”,
ha ricordato ieri Panfilo Lacson, incaricato presidenziale per l’opera di recupero
e ricostruzione.
Una dichiarazione che riconosce l’urgenza degli interventi.
Per cercare di accelerare le iniziative che restituiscano speranza e una qualche normalità
di vita ai 14 milioni di filippini interessati dal disastro, Lacson chiede anche aiuto
al settore privato, per tutti quegli interventi possibili che aggirino ostacoli burocratici
e i limiti delle possibilità ufficiali. “Per quanto possa essere spiacevole e a volte
frustrante, dobbiamo accettare che è una buona cosa che il settore privato sia coinvolto
e che finora non abbia fatto mancare partecipazione e interesse”, ha ricordato Lacson,
che ha presente la necessità di assicurare che ingenti aiuti in denaro vengano utilizzati
al meglio e in tempi brevi. Ancor più davanti alle denunce che già emergono sulla
costruzione di abitazioni collettive provvisorie non conformi agli standard previsti
e che, Lacson conferma, “devono essere accolte per evitare che i donatori perdano
fiducia nelle nostre capacità e onestà”.
Un sostegno a garantire almeno la
sopravvivenza di migliaia di famiglie sono i programmi “lavoro in cambio di cibo”,
come quello attivato da World Vision, Ong globale di ispirazione cristiana. L’organizzazione
paga il salario minimo giornaliero legale di 260 pesos per quattro ore di lavoro quotidiano
a ciascuno dei 12.000 filippini impiegati in attività di utilità sociale in 12 municipalità
dell’isola di Leyte. Il progetto, di cui è previsto il finanziamento fino a novembre,
risulta anche essenziale nel consentire alle famiglie di restare sul territorio e
ai figli di studiare e crescere in un ambiente loro favorevole. “Non ricostruiamo
soltanto comunità e infrastrutture – conferma Minnie Portales, tra i responsabili
di World Vision nelle Filippine – ma stiamo restituendo la dignità a famiglie che
hanno perso così tanto a causa del tifone”. (R.P.)