"Nella Chiesa tutta è il tempo della misericordia": così il Papa ai sacerdoti di Roma
Incontro del Papa stamani con i sacerdoti di Roma nell’Aula Paolo VI in Vaticano.
Il Papa ha iniziato con una preghiera per don Luigi Retrosi, parroco di Sant’Ambrogio
all’Aurelio, spentosi ieri all’età di 74 anni. Poi ha detto di aver condiviso il dolore
di alcuni sacerdoti per alcune accuse ingiuste ricevute. “Quando insieme al Cardinale
Vicario abbiamo pensato a questo incontro – ha detto quindi Papa Francesco - gli ho
detto che avrei potuto fare per voi una meditazione sul tema della misericordia. All’inizio
della Quaresima riflettere insieme, come preti, sulla misericordia ci fa bene. Tutti
noi ne abbiamo bisogno. E anche ai fedeli, perché come pastori dobbiamo dare tanta
misericordia, tanta! Il brano del Vangelo di Matteo che abbiamo ascoltato ci fa rivolgere
lo sguardo a Gesù che cammina per le città e i villaggi. E questo è curioso! Qual
è il posto dove Gesù era più spesso, dove lo si poteva trovare con più facilità? Sulle
strade! Poteva sembrare che fosse un senzatetto, perché sempre era sulla strada! La
vita di Gesù era nella strada. soprattutto ci invita a cogliere la profondità del
suo cuore, ciò che Lui prova per le folle, per la gente che incontra: quell’atteggiamento
interiore di ‘compassione’, vedendo le folle, ne sentì compassione, perché vede le
persone ‘stanche e sfinite, come pecore senza pastore’. Abbiamo sentito tanto queste
parole, che forse non entrano con forza. Ma sono forti! Un po’ come tante persone
che voi incontrate oggi per le strade dei vostri quartieri… Poi l’orizzonte si allarga,
e vediamo che queste città e questi villaggi sono non solo Roma e l’Italia, ma sono
il mondo… e quelle folle sfinite sono popolazioni di tanti Paesi che stanno soffrendo
situazioni ancora più difficili….Allora comprendiamo che noi non siamo qui per fare
un bell’esercizio spirituale all’inizio della Quaresima, ma per ascoltare la voce
dello Spirito che parla a tutta la Chiesa in questo nostro tempo, che è proprio il
tempo della misericordia. Di questo sono sicuro: non solo la Quaresima! Noi stiamo
vivendo in tempo di misericordia, da trent’anni o più fino adesso”.
“Nella
Chiesa tutta – ha detto Papa Francesco - è il tempo della misericordia. Questa è stata
un’intuizione del beato Giovanni Paolo II. Lui ha avuto il fiuto che questo era il
tempo della misericordia. Pensiamo alla beatificazione e canonizzazione di Suor Faustina
Kowalska, poi e ha introdotto la festa della Divina Misericordia. Pian pianino è avanzato,
è andato avanti su questo. Nell’Omelia per la Canonizzazione, che avvenne nel 2000,
Giovanni Paolo II - di Faustina - sottolineò che il messaggio di Gesù Cristo a Suor
Faustina si colloca temporalmente tra le due guerre mondiali ed è molto legato alla
storia del ventesimo secolo. E guardando al futuro disse: «Che cosa ci porteranno
gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l’avvenire dell’uomo sulla terra? A noi
non è dato di saperlo. E’ certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno,
purtroppo, esperienze dolorose. Ma la luce della divina misericordia, che il Signore
ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il carisma di suor Faustina, illuminerà
il cammino degli uomini del terzo millennio». E’ chiaro. Qui è esplicito nel 2000,
ma è una cosa che nel suo cuore maturava da tempo. Nella sua preghiera ha avuto questa
intuizione”.
”Oggi – ha proseguito - dimentichiamo tutto troppo in fretta,
anche il Magistero della Chiesa! In parte è inevitabile, ma i grandi contenuti, le
grandi intuizioni e le consegne lasciate al Popolo di Dio non possiamo dimenticarle.
E quella della divina misericordia è una di queste. E’ una consegna che lui ci ha
dato, ma che viene dall’alto. Sta a noi, come ministri della Chiesa, tenere vivo questo
messaggio soprattutto nella predicazione e nei gesti, nei segni, nelle scelte pastorali,
ad esempio la scelta di restituire priorità al sacramento della Riconciliazione, e
al tempo stesso alle opere di misericordia. Riconciliare, fare pace col Sacramento,
anche con le parole e anche le opere di misericordia”.
Il Papa pone una domanda:
“Che cosa significa misericordia per i preti? E mi viene in mente che alcuni di voi
mi hanno telefonato, scritto una lettera, poi ho parlato al telefono… ‘Ma Papa, perché
lei ce l’ha con i preti?’. Perché dicevano che io bastono i preti! Non voglio bastonare
qui…Che cosa significa misericordia per i preti? Domandiamoci che cosa significa misericordia
per un prete, permettetemi di dire per noi preti. Per noi, per tutti noi! I preti
si commuovono davanti alle pecore, come Gesù, quando vedeva la gente stanca e sfinita
come pecore senza pastore. Gesù ha le “viscere” di Dio, Isaia ne parla tanto: è pieno
di tenerezza verso la gente, specialmente verso le persone escluse, cioè verso i peccatori,
verso i malati di cui nessuno si prende cura… Così a immagine del Buon Pastore, il
prete è uomo di misericordia e di compassione, vicino alla sua gente e servitore di
tutti. Questo è un criterio pastorale che vorrei sottolineare tanto: la vicinanza!
La prossimità e il servizio: ma la prossimità! Quella vicinanza… Chiunque si trovi
ferito nella propria vita, in qualsiasi modo, può trovare in lui attenzione e ascolto…
In particolare il prete dimostra viscere di misericordia nell’amministrare il sacramento
della Riconciliazione; lo dimostra in tutto il suo atteggiamento, nel modo di accogliere,
di ascoltare, di consigliare, di assolvere… Ma questo deriva da come lui stesso vive
il sacramento in prima persona, da come si lascia abbracciare da Dio Padre nella Confessione,
e rimane dentro questo abbraccio… Se uno vive questo su di sé, nel proprio cuore,
può anche donarlo agli altri nel ministero”.
A braccio ha aggiunto: ”E vi
lascio la domanda: ‘Come mi confesso? Come? Mi lascio abbracciare?’. Mi viene alla
mente un grande sacerdote di Buenos Aires … ha meno anni di me: ne avrà 72… Una volta
è venuto da me. E’ un grande confessore: sempre la coda lì… I preti, la maggioranza,
vanno da lui a confessarsi… E’ un grande confessore! E una volta è venuto da me: ‘Ma
Padre’; ‘Dimmi….’; ‘Io ho un po’ di scrupolo, perché io so che perdono troppo!’; ‘Ma
prega… Se tu perdoni troppo…’. E abbiamo parlato della misericordia. A un certo punto
mi ha detto: ‘Ma tu sai quando io sento che è forte questo scrupolo, vado in cappella,
davanti al Tabernacolo…’. E dico: ‘Ma, scusami, Tu hai la colpa, perché mi hai dato
il cattivo esempio!’. E me ne vado tranquillo… E’ una bella preghiera di misericordia.
Se uno nella confessione vive questo su di sé, nel proprio cuore, può anche donarlo
agli altri”.
“Il prete – ha affermato - è chiamato a imparare questo, ad avere
un cuore che si commuove. I preti - mi permetto la parola – ‘asettici’ quelli ‘di
laboratorio’, tutto pulito, tutto bello. Non aiutano la Chiesa! La Chiesa oggi possiamo
pensarla come un ‘ospedale da campo’.Questo scusatemi lo ripeto, perché lo vedo così,
lo sento così: un ‘ospedale da campo’: c’è bisogno di curare le ferite, tante ferite!
Tante ferite! C’è tanta gente ferita, dai problemi materiali, dagli scandali, anche
nella Chiesa... Gente ferita dalle illusioni del mondo… Noi preti dobbiamo essere
lì, vicino a questa gente. Misericordia significa prima di tutto curare le ferite.
Quando uno è ferito, ha bisogno subito di questo, non delle analisi; Come il dosaggio
del colesterolo, della glicemia… Ma è la ferita, cura la ferita, e poi vediamo le
analisi. Poi si faranno le cure specialistiche, ma prima si devono curare le ferite
aperte. Per me questo, in questo momento, è più importante. Anche ferite nascoste,
perché c’è gente che si allontana per non far vedere le ferite… E mi viene in mente
l’abitudine per la legge mosaica dei lebbrosi nel tempo di Gesù, che sempre erano
allontanati, per non contagiare… Gente che si allontana per la vergogna, per quella
vergogna di non far vedere le ferite… E si allontanano forse un po’ con la faccia
storta, contro la Chiesa: ma nel fondo, dentro c’è la ferita… Vogliono una carezza!
E voi, cari confratelli, vi domando: conoscete le ferite dei vostri parrocchiani?
Le intuite? Siete vicini a loro? E’ la sola domanda…".
Quindi ha proseguito:
“Misericordia significa né manica larga né rigidità. Ritorniamo al sacramento della
Riconciliazione. Capita spesso, a noi preti, di sentire l’esperienza dei nostri fedeli
che ci raccontano di aver incontrato nella Confessione un sacerdote molto ‘stretto’,
oppure molto ‘largo’, rigorista o lassista. E questo non va bene. Che tra i confessori
ci siano differenze di stile è normale, ma queste differenze non possono riguardare
la sostanza, cioè la sana dottrina morale e la misericordia. Né il lassista né il
rigorista rende testimonianza a Gesù Cristo, perché né l’uno né l’altro si fa carico
della persona che incontra. Il rigorista si lava le mani: infatti la inchioda alla
legge intesa in modo freddo e rigido; il lassista invece si lava le mani: solo apparentemente
è misericordioso, ma in realtà non prende sul serio il problema di quella coscienza,
minimizzando il peccato. La vera misericordia si fa carico della persona, la ascolta
attentamente, si accosta con rispetto e con verità alla sua situazione, e la accompagna
nel cammino della riconciliazione. E questo è faticoso! Sì, certamente! Il sacerdote
veramente misericordioso si comporta come il Buon Samaritano… ma perché lo fa? Perché
il suo cuore è capace di compassione, è il cuore di Cristo!”.
“Sappiamo bene
– ha sottolineato ancora Papa Francesco - che né il lassismo né il rigorismo fanno
crescere la santità. Forse alcuni rigoristi sembrano santi, santi… Ma pensate a Pelagio
e poi parliamo… Non santificano il prete, e non santificano il fedele: né il lassismo
né il rigorismo! La misericordia invece accompagna il cammino della santità, la accompagna
e la fa crescere… Troppo lavoro per un parroco: è vero troppo lavoro! E in che modo
accompagna e fa crescere il cammino della santità? Attraverso la sofferenza pastorale,
che è una forma della misericordia. Che cosa significa sofferenza pastorale? Vuol
dire soffrire per e con le persone. E questo non è facile! Soffrire come un padre
e una madre soffrono per i figli. Mi permetto di dire anche con ansia…”.
“Per
spiegarmi – ha proseguito il Papa - faccio anche a voi alcune domande che mi aiutano
quando un sacerdote viene da me”. E a braccio ha continuato: “Dimmi: Tu piangi? O
abbiamo perso le lacrime? Ricordo che nei Messali antichi, quelli di un altro tempo,
c’è una preghiera bellissima per chiedere il dono delle lacrime. Incominciava così,
la preghiera: ‘Signore, Tu che hai dato a Mosè il mandato di colpire la pietra perché
venisse l’acqua, colpisci la pietra del mio cuore perché le lacrime …’: era così,
più o meno, la preghiera. Era bellissima. Ma, quanti di noi piangiamo davanti alla
sofferenza di un bambino, davanti alla distruzione di una famiglia, davanti a tanta
gente che non trova il cammino? Il pianto del prete … Tu piangi? O in questo presbiterio
abbiamo perso le lacrime? Piangi per il tuo popolo? Dimmi, tu fai la preghiera di
intercessione davanti al Tabernacolo? Tu lotti con il Signore per il tuo popolo, come
Abramo ha lottato? E se fossero meno? E se fossero 25? E se fossero 20? Quella preghiera
coraggiosa di intercessione … Ma, noi parliamo di parresia, di coraggio apostolico,
e pensiamo ai piani pastorali … ma quello va bene: ma anche la stessa parresia è necessaria
nella preghiera. Lotti con il Signore, o discuti con il Signore come ha fatto Mosè,
quando il Signore era stufo, stanco del suo popolo e gli disse: ‘Ma, tu stai tranquillo
… distruggerò tutti, e a te ti farò capo di un altro popolo’. No. No. Se tu distruggi
il popolo, distruggi anche a me. Ma, questi avevano i pantaloni! E io faccio la domanda:
Noi abbiamo i pantaloni per lottare con Dio per il nostro popolo?”.
Poi ha
fatto un’altra domanda: “La sera, come concludi la tua giornata? Con il Signore o
con la televisione? E vedo tanti sorrisi, qui [ride] … Anche io rido, eh? Com’è il
tuo rapporto con quelli che aiutano ad essere più misericordiosi? Cioè, com’è il tuo
rapporto con i bambini, con gli anziani, con i malati? Sai accarezzarli, o ti vergogni
di accarezzare un anziano?". E ha continuato: “Non avere vergogna della carne del
tuo fratello (cfr Reflexiones en esperanza, I cap.). Alla fine, saremo giudicati su
come avremo saputo avvicinarci ad ‘ogni carne’, quello è Isaia, Non vergognarti della
carne di tuo fratello. ‘Farci prossimo’ – la prossimità, la vicinanza: farci prossimo
alla carne del fratello. Il sacerdote e il levita che passarono prima del buon samaritano
non seppero avvicinarsi a quella persona malmenata dai banditi. Il loro cuore era
chiuso: forse il prete aveva guardato l’orologio e ha detto: ‘Devo andare alla Messa,
non posso arrivare in ritardo alla Messa’, e se n’è andato. Giustificazioni, eh? Quante
volte prendiamo giustificazioni per fare il giro al problema, alla persona, no? L’altro,
il levita, o il dottore della legge, l’avvocato, disse: ‘No, non posso perché se io
faccio questo domani dovrò andare come testimone, perderò tempo’. … Eh, le scuse …
E avevano il cuore chiuso. Ma il cuore chiuso si giustifica sempre per quello che
non fa. Invece quel samaritano apre il suo cuore, si lascia commuovere nelle viscere,
e questo movimento interiore si traduce in azione pratica, in un intervento concreto
ed efficace per aiutare quella persona. Alla fine dei tempi, sarà ammesso a contemplare
la carne glorificata di Cristo solo chi non avrà avuto vergogna della carne del suo
fratello ferito ed escluso”.
E a braccio ha proseguito: “Io vi confesso, a
me fa bene, alcune volte, leggere l’elenco sul quale sarò giudicato: mi fa bene. E’
in Matteo 25. Queste sono le cose che mi sono venute in mente di condividere con voi.
Sono un po’ alla buona, come sono venute, no? Ci farà bene. [applausi] A Buenos Aires
– parlo di un altro prete – c’era un confessore, famoso: questo era sacramentino.
Quasi tutto il clero si confessava da lui. Quando, una delle due volte che è venuto,
Giovanni Paolo II ha chiesto un confessore in nunziatura, è andato lui. E’ anziano,
molto anziano … alla fine ha fatto il Provinciale nel suo Ordine, il professore …
ma sempre confessore, sempre. E sempre aveva la coda, lì, alla chiesa del Santissimo
Sacramento. In quel tempo, io ero vicario generale e abitavo nella curia, e ogni mattina,
presto, scendevo al fax per guardare se c’era qualcosa, lì. E la mattina di Pasqua
ho letto un fax del superiore della comunità: ‘Ieri, mezz’ora prima della Veglia Pasquale,
è mancato il padre … il funerale sarà tal giorno’. E la mattina di Pasqua io dovevo
andare a fare il pranzo con i preti della casa di riposo per i preti - lo facevo di
solito a Pasqua – ‘e poi, dopo pranzo, andrò alla chiesa’. Era una chiesa grande,
molto grande, con una cripta bellissima. Sono sceso nella cripta e c’era la bara,
solo due vecchiette lì che pregavano, ma nessun fiore. Io ho pensato: ma quest’uomo
che ha perdonato i peccati a tutto il clero di Buenos Aires, anche a me, ma, un fiore
…? Sono salito e sono andato in una fioreria – perché a Buenos Aires agli incroci
delle vie ci sono le fiorerie, sulle strade, alcune, nei posti dove c’è gente – e
ho comprato fiori, rose … E sono tornato e ho incominciato a preparare bene lì la
bara, con fiori ... E ho guardato il Rosario che avevo in mano e subito è venuto in
mente quel ladro che tutti noi abbiamo dentro e mentre sistemavo i fiori ho preso
la croce del Rosario, una croce così, e con un po’ di forza l’ho staccata. E in quel
momento l’ho guardato e ho detto: ‘Dammi la metà della tua misericordia’. Ho sentito
una cosa forte che mi ha dato il coraggio di fare questo e di fare questa preghiera.
E poi, quella croce l’ho messa qui, in tasca. Ma, le camicie del Papa non hanno tasche,
no? Ma, io sempre porto qui una busta di stoffa piccola, e anche da quel giorno, fino
ad oggi, quella croce è con me. E quando mi viene un cattivo pensiero contro qualche
persona, la mano mi viene qui, sempre. E sento la grazia … che mi fa bene. Ma quanto
bene fa l’esempio di un prete misericordioso, di un prete che si avvicina alle ferite
… Se pensate, voi sicuramente avete conosciuto tanti, tanti, perché i preti dell’Italia
sono bravi, eh? Sono bravi. Io credo che se l’Italia ancora è tanto forte, non è tanto
per noi vescovi, ma per i parroci, per i preti: è vero, quello è vero, non è un po’
d’incenso per confortarvi. Lo sento così. La misericordia. E, pensate a tanti preti
che sono in cielo e chiedete questa grazia … che vi diano quella misericordia che
hanno avuto con i loro fedeli. E questo fa bene. Grazie tante dell’ascolto e di essere
venuti qui…".