2014-03-04 07:54:27

Putin parla di colpo di Stato contro Janucovich e afferma: se necessario Mosca difenderà i russi in Ucraina


Il leader del Cremlino Putin definisce la caduta dell'ormai ex presidente ucraino Ianukovich e la conseguente instaurazione di un nuovo governo a Kiev "un'azione incostituzionale" e "una presa del potere con le armi". Secondo Putin al momento "non c'è la necessità" di inviare truppe russe in Ucraina, anche se "la possibilita' rimane". In ogni caso, il presidente russo sottolinea che "la Russia si riserva il diritto di ricorrere a tutti i mezzi per proteggere i russi in Ucraina". E poi Putin avverte: Mosca non riconoscerà le presidenziali ucraine fissate per il 25 maggio se si svolgeranno in una atmosfera di terrore. Le dichiarazioni di Putin fanno seguito all'annuncio da parte della Gazprom: a partire da aprile la Russia cancellerà lo sconto sul gas concesso a dicembre all'Ucraina. Da parte sua gli Stati Uniti sospendono le trattative in corso con la Russia per aumentare gli scambi commerciali e gli investimenti. Mosca risponde spiegando che se sarà oggetto di sanzioni sarà costretta a lasciare il dollaro per altre valute e creare il proprio sistema di calcolo e pagamenti. Per sentire la voce della Chiesa nella crisi ucraina, Fausta Speranza ha intervistato padre Mykhaylo Dymyd dell'Università cattolica di Leopoli:RealAudioMP3

R. - Il popolo è molto calmo ma anche ansioso. In tutto il Paese ci sono tanti volontari che si offrono se necessario a difendere il Paese. Tutti sentono il bisogno di unità, unità che va oltre la lingua, la religione e le origini; queste cose in Ucraina non sono mai state un problema. L’Ucraina è sempre stata un Paese con tante persone di origini diverse.

D. - In tutto questo, qual è la voce della Chiesa?

R. - Sul mio profilo Facebook tanta gente mi chiede: “Ma adesso che noi preghiamo insieme, forse possiamo anche raggiungere l’unità di tutte le Chiese in Ucraina”. La gente quindi ne risente di tutto questo. Oggi, il vescovo della Chiesa ortodossa del Patriarcato di Mosca ha scritto chiaramente che noi dobbiamo dire che l’invasore è la Russia. Noi chiediamo quindi alla Russia di tornare nel proprio Paese perché noi possiamo farcela da soli. Lo stesso vescovo del Patriarcato di Mosca lo conferma e questo offre grande speranza, perché vuol dire che tutti noi cerchiamo la verità ed anche se è molto difficile la troviamo e la esprimiamo. Il Consiglio delle organizzazioni religiose di Kiev, dove ci sono rappresentanti della Chiesa greco cattolica, della Chiesa cattolica romana, di diverse confessioni ortodosse - ci sono tre grandi rami della Chiesa ortodossa in Ucraina - tutti hanno firmato un documento per chiedere all’esercito russo di lasciare l’Ucraina, perché l’Ucraina non ha bisogno di loro ma può farcela da sola. Io voglio ringraziare tutti quelli che nel mondo hanno pregato per la pace in Ucraina e questo aiuta il popolo ucraino ad essere calmo in questa “tempesta” che sta vivendo; volevo dire inoltre che il popolo ucraino confida nella sua grande fede in Dio.



Al Consiglio di sicurezza dell’Onu nella notte si è assistito a un duro braccio di ferro: da una parte, le potenze occidentali, compatte nel condannare l'intervento nell'ex repubblica sovietica; dall’altro, Mosca. La Russia parla di intervento giustificato perché richiesto da Ianukovich, capo di stato defenestrato ma considerato ancora da Putin legittimo presidente. Ma per una riflessione sul piano internazionale Fausta Speranza ha intervistato Daniele De Luca, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università del Salento:RealAudioMP3

R. – Il compattamento della Comunità internazionale è un po’ ambiguo. Dobbiamo distinguere tra G7 - ex G8 - e G20. Se nella questione ucraina noi consideriamo l’ex G8 - ora diventato G7 -, diciamo che c’è una certa comunanza di intenti, anche se c’è la posizione della Germania che è un po’ più sganciata. Però, dobbiamo allargare la questione al G20 dove abbiamo dei problemi: ci sono Paesi come Brasile, Cina ed India che probabilmente non guardano con estremo favore una politica magari anche di sanzioni nei confronti della Russia. Faccio l’esempio della Cina: si è letto anche sui giornali di una telefonata tra il ministro degli Esteri cinese e quello russo; lì credo ci sia una comunanza di interessi non tanto per quanto riguarda la Crimea ma sulla politica generale nei confronti dei diritti umani e di sfere di influenza.

D. – C’è davvero il rischio di un conflitto?

R. – Lo escluderei. Nessun Paese – intendo un Paese occidentale e gli Stati Uniti – ha intenzione di andare in guerra per la questione Ucraina; perché, nonostante la Conferenza di Yalta sia passata da così tanto tempo, ancora vigono nel mondo le sfere di influenza. Gli Stati Uniti possono alzare la voce quanto vogliono ma probabilmente – così come nel caso della Siria, che era un caso abbastanza preoccupante - non muoveranno le proprie truppe; naturalmente ci sono comunque una serie di passaggi. Gli Stati Uniti sono mesi che stanno sollecitando l’Unione Europea a non prendere sottogamba la questione Ucraina e la crisi Ucraina. Ancora una volta devo sottolineare la totale assenza di una politica estera comune nei confronti di una qualsiasi crisi internazionale; basta vedere gli atteggiamenti di alcune nazioni europee e come invece si distingue la Germania per altre azioni.

D. – In certi momenti è sembrato che tutto si potesse riportare ad un braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia, soprattutto dopo la dura condanna venuta da Obama...

R. – La questione non è soltanto bilaterale, la questione è molto più ampia; sul campo ci sono questioni molto più ampie. Ci sono due questioni che devono essere prese in considerazione, una è prettamente economica e l’altra è militare. Non dimentichiamo che qualche tempo fa la Nato aveva provato a dislocare dei missili difensivi quasi a circondare la Russia e la Russia si era opposta; inoltre da lì passano gasdotti assolutamente fondamentali per l’economia Europea e per l’economia mondiale. Quindi, il confronto non può e non deve essere soltanto bilaterale ma deve essere un confronto a più ampio raggio. Per questa ragione, ritengo che riportare il confronto dal G8 al G7 sia un gravissimo errore: non bisogna mai escludere dalle Conferenze internazionali la nazione che è maggiormente interessata, non si può quindi escludere la Russia con un’azione di rappresaglia diplomatica da un incontro fondamentale come può essere quello del G8.







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