Venezuela. Proteste, barricate e scontri a Caracas
Non si fermano le proteste in Venezuela. Migliaia di dimostranti antigovernativi,
soprattutto giovani, hanno marciato domenica in un quartiere dell’alta borghesia di
Caracas. Dopo questa manifestazione pacifica, centinaia di attivisti hanno eretto
barricate e lanciato pietre contro agenti della Guardia nazionale che hanno risposto
con gas lacrimogeni. Sulla complessa situazione in Venezuela, Amedeo Lomonaco
ha intervistato Roberto Da Rin, giornalista del Sole 24 Ore, esperto di America
Latina:
R. – Il Venezuela
è ancora spaccato in due da chi ha ereditato la linea politica di Chavez – e quindi
Maduro, il nuovo presidente – e chi invece, gli oppositori, cerca di contrastarlo
in ogni modo. Il risultato elettorale ha sancito una vittoria di Maduro alle elezioni
presidenziali dello scorso autunno: una vittoria esigua di Maduro e quindi l’opposizione
si è sentita legittimata, nelle prime settimane, a chiedere il riconteggio e poi a
contestare con manifestazioni quotidiane il risultato elettorale.
D. – Dopo
la morte di Chavez, il presidente Maduro ha impostato il suo agire politico in continuità
con il suo predecessore. Quell’esperienza di Chavez può essere ancora attuale per
il Venezuela, oppure è una pagina superata in modo definitivo?
R. – Non è superata
in modo definitivo fino a che esiste una metà degli elettori del Venezuela che continua
sostanzialmente a supportare quella linea politica, che è una linea politica di sussidi,
in parte, ma anche di programmi sociali che hanno migliorato la vita delle classi
sociali più disagiate, che in Venezuela sono una percentuale rilevante della popolazione.
Quindi, è morto Chavez, ma il "chavismo" rimane.
D. – Quindi, c’è una metà
che ancora sostiene la politica di Chavez, c’è un’altra che invece la contesta: queste
proteste sono destinate a essere contenute dal governo, o possono invece aprire scenari
nuovi?
R. – Tutto può succedere, naturalmente. Ciò che congiura e mina la credibilità
del nuovo presidente Maduro è una situazione economica piuttosto degradata. L’inflazione
è superiore al 50%, la disoccupazione è molto elevata e quindi il Paese versa in condizioni
critiche. C’è una svalutazione progressiva del bolivar, la moneta venezuelana:
al mercato ufficiale, un dollaro vale 6 bolivares, mentre al cambio nero vale
più di 80 bolivares. Quindi, c’è una divaricazione enorme tra la credibilità del governo
e quello che in effetti poi accade sui mercati. I prezzi dei beni importati continuano
a lievitare, la situazione economica è compromessa: questo è un fatto reale che naturalmente
non gioca a favore di una pacificazione del Paese.
D. – A proposito di situazione
economica, il petrolio e anche le riserve di petrolio sono una grande opportunità
sicuramente per il Paese, ma possono essere anche un limite per il Venezuela, perché
attirano molti e forti interessi…
R. – Il Venezuela continua ad essere naturalmente
un Paese petrolifero e attualmente produce circa due milioni e mezzo di barili al
giorno, che è una cifra rilevante, anche perché visto dagli occhi degli Stati Uniti,
il Venezuela è il terzo Paese da cui gli Stati Uniti importano petrolio. Questi due
milioni e mezzo di barili potrebbero essere di più: l’obiettivo dei tre milioni di
barili al giorno non è mai stato raggiunto proprio perché si sono verificati spesso
inconvenienti tecnologici e le imprese internazionali non sempre hanno deciso di rinnovare
i propri investimenti per ragioni di scarsa credibilità politica. Ciò che comunque
è importante sottolineare è che il futuro del Venezuela sarà in parte deciso, con
un peso specifico notevole, da Pdvsa (Petróleos de Venezuela, S.A.) – che è l’impresa
petrolifera che è uno Stato nello Stato, è uno dei poteri forti – e naturalmente l’esercito.
Nel momento in cui la maggior parte dell’esercito dovesse abbandonare Maduro, potrebbe
diventare difficile per lui continuare a governare.
D. – Quindi, questi sono
i soggetti forti. Qual è invece il ruolo degli Stati Uniti, in questa crisi?
R.
– Il ruolo degli Stati Uniti naturalmente è sempre stato quello di chi ha avversato
sia Chavez sia Maduro. Finora, Obama non ha mai nascosto il suo scetticismo nei confronti
di Chavez e poi di Maduro. Però, finché questo scetticismo rimane lì, è legittimo
manifestarlo. Se poi si trasforma in un’ingerenza palese, allora no.