Trentino. Ragazzi disabili lavorano in ristorante: una storia di riscatto e solidarietà
Aiutare i ragazzi diversamente abili a guardare il futuro con speranza e senza paura,
inserendosi pian piano nel mondo degli adulti come tutti i loro coetanei. Questo è
l’obiettivo della Cooperativa “La ruota”, nata nel 1989 vicino Trento per dare un
aiuto concreto ai disabili e alle loro famiglie. E da alcuni mesi la Cooperativa ha
preso in gestione il ristorante “Dal Barba” a Villa Lagarina, dove 25 giovani con
differenti disabilità sono stati coinvolti in questa nuova sfida. Marina Tomarro
ha intervistato Rachele Gottardi, responsabile del progetto.
R. – L’organizzazione
del ristorante è molto particolare. I ragazzi sono i protagonisti: parliamo di persone
con disabilità di vario tipo, dal ragazzo autistico al ragazzo che non vede, al ragazzo
down e molti altri tipi di disabilità. Ognuno sceglie il suo ruolo, quello
che gli si addice meglio: c’è a chi piace fare il cameriere, a chi piace lavare i
piatti, a chi piace impastare e cucinare. Abbiamo anche una piccola fattoria didattica
fuori e nel giro di un mese o due faremo l’orto, così da avere il “chilometro zero”.
E stiamo già valutando se prendere le api per fare il miele.
D. – Il vostro
ristorante è strutturato anche per accogliere famiglie con disabili?
R. – Noi
vediamo che è importante non solo proporre un ristorante nel quale una persona in
carrozzella possa girare, ma anche proporre il ristorante nel quale possa venire qualsiasi
persona: anche una famiglia con un ragazzo portatore di handicap può venire perché
noi abbiamo anche operatori, abbiamo laboratori, andiamo dalle tovagliette per la
comunicazione accelerata, abbiamo adesso anche percorsi interni per i non vedenti.
D.
– La Cooperativa che futuro offre ai ragazzi?
R. – Noi speriamo possa offrire
in futuro la possibilità di avere il lavoro. Vediamo che la socializzazione è il punto
chiave, soprattutto nella sala da pranzo, dove chi viene esce veramente felice perché
ha dato, anche. Può dare l’autostima nel dire: “Bravo, hai fatto bene”. Può dare tante
cose...
D. – Questa iniziativa nasce in Trentino, una Regione attenta al sociale.
Quanto è stato importante?
R. – In Trentino, probabilmente c’era il bisogno
di una nuova esperienza. C’era la passione di creare una nuova struttura, un nuovo
tipo di laboratorio aperto. Il Trentino probabilmente queste cose le sente e ha voluto
farle.