Vescovi amici dei Focolari: coltivare l'amore reciproco per essere speranza per il
mondo
“La reciprocità dell’amore tra i discepoli di Cristo”: è stato questo il tema dell’annuale
incontro dei vescovi amici del Movimento dei Focolari che si è tenuto nei giorni scorsi
a Castel Gandolfo e che ha visto anche l’udienza dei partecipanti con il Papa in Vaticano
e la visita alla cittadella di Loppiano vicino a Firenze. Papa Francesco ha esortato
i presuli a far sì che quanto vissuto e ricevuto nella loro convivenza fraterna “vada
a beneficio di tutta la Chiesa”. Ha sottolineato, inoltre, come “coltivare la spiritualità
di comunione”, tipica del carisma di Chiara Lubich, all’origine dei Focolari, sia
fondamentale per l’evangelizzazione e renda “più capaci di vivere il cammino ecumenico
e il dialogo interreligioso”. Nel servizio di Adriana Masotti, la testimonianza
di alcuni dei vescovi presenti all’incontro di Castel Gandolfo:
Il comandamento
nuovo di Gesù: “Amatevi gli uni gli altri” è il primo caposaldo della spiritualità
dei Focolari e dopo 70 anni dalla sua nascita è a questo ora che tutto il Movimento
vuol tornare con radicalità. Anche i vescovi amici del Movimento hanno voluto riflettere
sul tema dell’amore reciproco, con negli occhi e nell’anima ciascuno le realtà, le
sofferenze e le necessità delle loro diocesi. Così racconta il suo impegno mons.Simon Atallah, vescovo maronita di Baalbek, in Libano:
R. – C’è una
grande paura da noi e un atteggiamento di forti riserve, a causa di tutti questi profughi
siriani che arrivano e arrivano ogni giorno in quantità nella mia diocesi, che è una
diocesi di frontiera, e non sappiamo chi arriva: chi è contro il regime, chi è con
il regime, chi è armato, chi non è armato. Questi profughi vivono sotto le tende:
veramente è una situazione di povertà che non è accettabile quando piove e fa freddo,
alcuni muoiono di freddo! Ci sono gli aiuti internazionali, ma non c’è una buona organizzazione.
Il rancore è enorme, tra musulmano e musulmano, come prima tra cristiano e cristiano...
Adesso, la guerra è arrivata da loro e noi dobbiamo predicare l’unità e la fraternità,
predicare di accettare l’altro, ma la nostra gente non ha dimenticato l’occupazione
siriana, non ha dimenticato il regime dittatoriale della Siria: sono state perpetrate
delle stragi in Libano! Per questo, noi dobbiamo sforzarci di dire alla nostra gente:
“Dovete dimenticare, dovete perdonare, dovete accogliere…”. E questo lo stiamo facendo,
per quanto sia possibile. Perciò siamo venuti qui, per alcuni giorni, per fare un
esercizio, perché Chiara Lubich ha creato una scuola – per così dire – di unità e
di pace… Ci riempiamo un po’ di queste idee, di questo clima, e poi torniamo dalle
nostre parti.
D. – Quindi, adesso lei parte con una forza in più?
R.
– Con nuova forza e un po’ più di coraggio, perché non è facile, sa? E’ una battaglia
forte, forte…
Papa Francesco ha augurato ai vescovi di “ricavare dall’amore
reciproco motivo di incoraggiamento”: è ciò che testimonia anche mons. Krikor-Okosdinos
Coussa, vescovo di Alessandria degli Armeni cattolici in Egitto:
"Per
me e per gli altri, ciascuno nel proprio Paese, fare apostolato vuol dire dare il
coraggio di vivere con speranza, con fede e accettare quello che noi abbiamo lì: le
difficoltà date dalla guerra, la difficoltà di vivere con gli altri, cioè con i musulmani;
perché il nostro apostolato significa essere luce del mondo e sale della terra".
“Da
questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”,
ha detto Gesù, un impegno cui la Chiesa è continuamente chiamata. Sentiamo la riflessione
di mons. Martin Gachter, vescovo ausiliare di Basilea, in Svizzera:
"Molto
importante era l’idea della Evangelii Gaudium, che dice che noi
dobbiamo aprirci agli altri, a tutte le persone. Abbiamo ascoltato una piccola biografia
di Klaus Hemmerle, vescovo di Aachen [Aquisgrana - ndr], morto 20 anni fa, membro
dei Focolari, che disse: 'Dare spazio all’altro'. Allora, io penso che sia molto importante
imparare ad ascoltare bene, ad essere 'vuoti' per l’altro e anche per Dio. Dobbiamo
partire da quello che abbiamo in comune e non dalle differenze. Dobbiamo chiederci
come possiamo collaborare e non essere subito contro l’altro. Questo penso sia un
principio molto importante".
Sulla centralità della comunione di amore
nella vita della Chiesa riflette mons. Alfonso Badini Confalonieri, vescovo
di Susa, in Piemonte:
R. – Certo, ma è senz’altro anche al centro della vita
di ogni cristiano e io direi che oggi come non mai la Chiesa ha bisogno di riscoprire
una realtà che c’è sempre stata, ma che deve essere più forte in mezzo ai cristiani.
I cristiani presi da mille cose, finisce che si dimenticano che prima di tutto c’è
la vita, la vita di amore, specialmente – direi – di fraternità. E allora, questo
carisma di Chiara Lubich penso che sia attuale come non mai, proprio per riunire la
Chiesa in unum. Ed è chiaro che il Papa ce lo ha sottolineato, ringraziandoci
e forse spronandoci a portare nel mondo, nelle nostre diocesi questa vita di amore,
di comprensione, di ascolto, di attenzione al prossimo.
D. – Nel concreto,
come fa un vescovo nella propria diocesi a essere, appunto, portatore di questo amore
reciproco e di questa unità?
R. – Io sono venuto a seguire questo congresso
proprio perché sentivo il bisogno, nella mia diocesi, di crescere in questa comunione.
Ad esempio, tra sacerdoti che, certamente non si vogliono male ma forse, presi da
mille cose – cose di Chiesa, beninteso – finiscono però per dimenticare un po’ quello
che è alla base del loro impegno: l’amore. Ecco, io direi che questo dev’essere portato
a una potenzialità sempre più grande ed è quello che poi darà i frutti su tutto quello
che si fa.