2014-03-01 14:21:41

La Crimea chiede l'intervento della Russia. Preoccupazione della comunità internazionale


Con il passare delle ore cresce la tensione tra la Russia e l’Ucraina dopo il dispiegamento di Mosca di 8mila militari in Crimea. Il parlamento della penisola ha chiesto aiuto al Cremlino per far tornare la calma mentre Kiev sta mettendo in campo le unità navali. La Russia non esclude l’invio di truppe mentre la comunità internazionale si dice preoccupata. Il Presidente ad interim ucraino Turcinov ha definito "illegale" l'elezione a premier della Crimea di Aksionov. Benedetta Capelli: RealAudioMP3

Sarà il presidente Putin a decidere l’eventuale invio di un contingente limitato di truppe in Crimea per ragioni di sicurezza. A riferirlo è la presidenza del consiglio della Federazione russa. Dichiarazioni che arrivano al termine di una mattinata convulsa giocata sul rimpallo di responsabilità. Da un lato il premier della Crimea Aksionov ha chiesto aiuto a Mosca per far tornare la calma ed il Cremlino ha risposto dicendo che la richiesta di aiuto non sarà ignorata. Dall’altro lato c’è l’Ucraina che ha criticato le mosse russe, parlando di provocazioni. Nei fatti però Kiev denuncia l’assedio del quartier generale della guardia costiera ucraina a Sebastopoli, in Crimea. Trecento uomini avrebbero ricevuto l’ordine dalla difesa russa di occupare il sito. Mosca da parte sua denuncia l’assedio al ministero dell'interno della Crimea mentre è stato presieduto il parlamento di Sinferopoli. Intanto a Donetsk, feudo dell'ex presidente Ianukovich nel sud est dell’Ucraina, sono scesi in piazza 10mila manifestanti filorussi per protestare contro il nuovo potere insediatosi a Kiev. Una situazione che preoccupa la comunità internazionale; nella notte si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, possibile che il presidente Obama così come altri leader europei disertino il G8 di Sochi a giugno. Si profila anche una guerra economica. L’Ucraina ha debiti con la Russia per il pagamento del gas e sono possibili ripercussioni. Intanto è stato anticipato al 30 marzo il referendum sullo status della Crimea all'interno dell'Ucraina, fissato in precedenza per il 25 maggio.


Su quanto sta accadendo in Crimea, Benedetta Capelli ha intervistato il prof. Paolo Calzini, docente di studi europei all’università Johns Hopkins di Bologna:RealAudioMP3

R. - La Crimea è il caso estremo naturalmente: mentre l’area - diciamo - russofona dell’est sembra mantenere un atteggiamento pragmatico nei confronti del nuovo governo, in Crimea - come era verosimile - c’è chiaramente una spinta potenzialmente secessionista. La Crimea effettivamente e storicamente, per tutta una serie di eventi, è quella in cui la presenza dei nazionalisti russi più radicali era più forte. Il problema è che queste forze nazionaliste russe in Crimea, in qualche modo, sono autonome dalla stessa Mosca, perché Mosca - sia pure facendo una serie di atti dimostrativi, come quello dell’invio delle truppe in quest’area e soprattutto in relazione alla base di Sebastopoli - non è assolutamente favorevole, io ritengo, a una secessione della Crimea. Quindi questo è un caso in cui la potenza, in qualche modo, protettiva della minoranza russa rischia di essere scavalcata da forze che sfuggono al suo controllo e che sono più radicali.

D. - Anticipare il referendum sull’indipendenza della Crimea al 30 marzo, rispetto invece al 25 maggio, che significato ha?

R. - Ha un significato dimostrativo importante, perché qui si gioca effettivamente una partita forte: non dimentichiamo che questi nazionalisti - diciamo - russi della Crimea fanno valere, in qualche modo, il principio di autodeterminazione. Questo confligge con il principio garantito internazionalmente e sostenuto legittimamente dal regime di Kiev contro ogni violazione della sovranità dell’Ucraina. Siamo in una situazione complessa, perché gli attori non sono due, non sono tre… Sono la Russia, da una parte, che in qualche modo io ritengo faccia delle azioni dimostrative, ma che sia contraria - come ha ripetuto anche Putin - ad una rottura, ad una scissione della Crimea, che potrebbe essere un precedente che vale poi anche per altre regioni dell’Ucraina; e le forze locali - dall’altra - che invece, in qualche modo, vanno per conto loro e configgono naturalmente con il nuovo governo di Kiev, che è impegnato a mantenere la sovranità e l’integrità territoriale del Paese.

D. - Quale atteggiamento attendersi - secondo lei - dalla Comunità internazionale? Si profila un G8 di Sochi a giugno, con molte assenze…

R. - Eh, si! Il problema è che questo caso della Crimea pone in luce tutta la complessità e anche le potenzialità di tensione della situazione ucraina: se si arrivasse ad una formalizzazione, attraverso un referendum, di una volontà di secessione, l’atteggiamento della Russia potrebbe essere molto complesso, perché non sarebbe facile neanche per Mosca contenere questa spinta. Ritengo che in questo caso, come più in generale sulla situazione ucraina, la soluzione - che è anche auspicata dall’Occidente - è un accordo russo-europeo-americano per mantenere la situazione sotto controllo e impedire che la situazione dall’interno sfugga al controllo del regime e più in generale al tentativo della Comunità internazionale di mantenere la situazione sotto controllo.

D. - E’ possibile che una delle ripercussioni di questo conflitto sia il prezzo del gas? L’Ucraina ha un credito aperto con la Russia… Quindi, secondo lei è possibile aspettarsi delle ritorsioni in tal senso?

R. - Siamo solo all’inizio di una fase molto complessa, in cui la Russia naturalmente giocherà le sue carte: utilizzerà quella che è l’arma più forte, che Mosca ha, che è quella economia. Quindi qui la Russia potrà utilizzare questo strumento, che ha utilizzato anche in passato, per premere e condizionare il regime di Kiev. Avendo presente che il vero problema, secondo me, è che le forze esterne, le potenze esterne - quindi Unione Europea, Stati Uniti e Russia - sono, tutto sommato, a favore di una transizione non dico pacifica, ma controllata. Ma questa azione dall’esterno non corrisponde all’interno: nel caso della Crimea un atteggiamento che muove al compromesso da parte delle forze contrapposte dei nazionalisti russi e del regime di Kiev.







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