Ucraina. Mons. Shevchuck: abbiamo bisogno della solidarietà internazionale
Un appello forte alla solidarietà e all’attenzione internazionale verso l’Ucraina
e la richiesta all’Europa a non difendersi dalla gioventù di Kiev, autrice della rivoluzione.
A lanciarlo ieri Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa
greco-cattolica ucraina, durante la conferenza stampa con i giornalisti presso la
Sala Marconi della nostra emittente. Tema dell’incontro “La Chiesa e la società civile
in Ucraina nella situazione di oggi”. Il servizio di Cecilia Seppia:
Inizia con il
rimarcare la forte identità europea del popolo ucraino, mons. Svjatoslav Shevchuk,
ricostruendo gli ultimi episodi che hanno portato all’esplodere delle tensioni e delle
violenze nel Paese. Parla del "Movimento di Maidan" e di quei ragazzi, per la maggior
parte studenti, non appartenenti ad alcu"no schieramento politico, che hanno deciso
- due mesi fa circa - di stare in piazza per dire “sì” all’Europa e manifestare dissenso
contro le scelte del governo del deposto presidente Janukovic:
“Così è
cominciato il Maidan: la piazza affollata di centinaia di migliaia di persone, che
stavano lì per protestare contro la violenza, per dire il loro 'no' allo spargimento
di sangue e per confermare che quello che hanno presentato questi studenti è anche
il desiderio della società ucraina. E così, giorno dopo giorno, il 'Maidan degli studenti'
è diventato 'Maidan della società civile'. Io voglio sottolineare ‘civile’, non politica:
non si trattava di sostenere né l’opposizione, né il governo, ma la propria identità”.
Mons. Shevchuk parla anche del clima di festa che si respira oggi nelle
strade, nonostante il dolore per le vittime. E poi racconta come le Chiese delle varie
confessioni abbiano reagito a questo vento di rivoluzione. “Unità” e “solidarietà”,
le parole chiave di una Chiesa che, da subito, scende proprio in quella piazza di
Kiev, accanto alla popolazione, ribadendo il “no” alla corruzione, alla dittatura,
al disprezzo della dignità umana:
“Quando si è cominciata questa manifestazione
per confermare la volontà europea, noi dovevamo essere coerenti! E questo vuol dire
che quando i nostri fedeli ci hanno chiesto un’assistenza spirituale, di stare insieme
con loro, noi siamo venuti. Così Maidan, sempre, in questi mesi, ha avuto una dimensione
religiosa molto forte. La gente diceva: se la Chiesa non si presentasse lì, sarebbe
un po’ strano, perché la Chiesa, le Chiese tutte fanno parte della società civile.
Se loro veramente non si fossero presentate, allora questo avrebbe voluto dire che
scappavano dalla società. Non è questa la missione della Chiesa! Così, fra queste
tende della piazza, abbiamo costruito una tenda, una cappella, dove si celebrava l’Eucaristia
e non solo per i cattolici, ma anche per gli ortodossi, anche i protestanti stavano
lì per pregare”.
Una Chiesa, dunque, che lancia appelli contro le violenze,
ma agisce, oltre le parole: chiede incontri con i vertici di Bruxelles, con l’opposizione,
con l’ex presidente Janukovic. Si fa mediatrice di pace. Poi, apre le porte delle
cattedrali, che si trasformano in ospedali da campo per poter ricevere i feriti, che
altrimenti sarebbero stati arrestati dalla Polizia:
“Noi, cristiani di varie
confessioni, abbiamo creato una rete clandestina di aiuto per chi era ferito, perché
la gente non poteva accedere - senza paura di essere arrestata - agli ospedali pubblici.
Così le nostre chiese, le nostre cattedrali, sono diventate ospedali clandestini.
Io ricordo che in quei giorni, veramente freddi, quando abbiamo portato via in modo
clandestino da Kiev i feriti, la gente che stava sulla piazza - quando la temperatura
è scesa sotto i 20 gradi - era colpita dal freddo, con polmoniti… Un posto dove stavano,
perché faceva caldo, era una chiesa luterana, proprio accanto all’edificio dell’amministrazione
del presidente. E sono andato per visitarli e il pastore luterano mi ha detto: 'Beatitudine,
non mi deve ringraziare per quello che stiamo facendo, perché noi protestanti abbiamo
visto che è il Cristo sofferente che sta lì, sulla piazza!'.
Infine, guardando
ai recenti fatti di cronaca, all'allarme lanciato da più parti per l'emergere di istanze
separatiste delle regioni russofone, mons. Shevchuk mette in guardia dal rischio di
guerra civile, sottolineando però che esso non è interno alla popolazione, piuttosto
esterno. Poi, lancia il forte e vibrante appello alla comunità internazionale e all’Unione
Europea in particolare, perché apra le sue porte ai giovani ucraini:
“Vorrei
fare un appello, un appello alla solidarietà. Anzitutto, vorrei dire che gli europei
si sveglino, perché quello che sta succedendo in Ucraina prima o poi toccherà a tutti
voi. L'Ucraina è parte dell’Europa! Fin quando si continuerà a far finta che non succeda
niente, non solo peggioreranno le cose in Europa orientale, ma questo provocherà anche
grande sfiducia nei valori europei nei Paesi occidentali stessi. L'Unione Europea
non deve avere paura di questa gioventù ucraina".