2014-02-24 15:28:44

Corsi sul gender per insegnanti a Roma. Il Vicariato: indottrinamento che nega il dato di natura


Un tentativo di indottrinamento contrario alla necessaria "alleanza scuola-famiglia". Così don Filippo Morlacchi, direttore dell’Ufficio per la pastorale scolastica del Vicariato di Roma commenta il piano di aggiornamento avviato nella capitale per circa 7 mila insegnanti degli asili sul tema “identità e differenza di genere”. Obbiettivo dichiarato: educare ad una “pluralità dei modelli familiari e dei ruoli sessuali” e alla “decostruzione degli stereotipi”. Da don Morlacchi l’appello: “E’ tempo che anche in Italia le persone convinte della bontà della famiglia naturale si esprimano pubblicamente”. Paolo Ondarza lo ha intervistato:RealAudioMP3

R. – E’ un progetto, in realtà, che segue una strategia molto più ampia, volto direttamente alla formazione degli insegnanti, per giungere, attraverso gli insegnanti, a modellare anche la sensibilità dei bambini. Chi lavora con i bambini e l’infanzia ha molto chiaro che, per un bambino e una bambina, la differenza sessuale non è uno stereotipo culturale imposto, ma è un’evidenza palese, lapalissiana. Il problema, secondo me, è che questa proposta pedagogica si fonda su un’antropologia, su una visione dell’uomo, che ritiene che l’identità sessuale sia una realtà accidentale, mentre l’elemento fondamentale è l’identità di genere, che la persona nella sua libertà decide di assumere. Questa priorità del dato psicologico sul dato biologico e somatico suppone un’antropologia, una visione dell’uomo, difficilmente compatibile con il Vangelo, anzi, non compatibile.

D. – Lei scrive che la maggioranza delle famiglie italiane non sembra proprio sentire il bisogno di questa rivoluzione...

R. – Il che non vuol dire che queste situazioni non abbiano importanza. Io credo che l’attenzione all’omosessualità e la lotta contro l’omofobia debbano essere iscritte in un progetto più ampio: una visione dell’uomo per cui le specificità di ognuno vengono comunque rispettate, senza fare dell’orientamento sessuale o dell’identità di genere l’elemento decisivo, che caratterizza in maniera risoluta l’impegno educativo.

D. – Senza ideologie, soprattutto... Colpisce ad esempio come recentemente anche un caso di cronaca, che ha riguardato appunto il suicidio di un ragazzo a Roma, sia stato immediatamente oggetto di strumentalizzazione politica...

R. – Io sono stato in questa scuola di Roma e per una pura coincidenza mi trovavo lì il giorno in cui i giornali hanno dato la notizia del fatto che il dirigente scolastico era stato scagionato dall’accusa di omessa vigilanza o, comunque, disattenzione su queste tematiche. La preside si è sentita molto confortata. Io ho voluto semplicemente esprimerle la mia vicinanza, perché capisco quante calunnie siano state sparse nei suoi confronti. Lei mi ha stretto la mano con molto affetto. Evidentemente si è sentita toccata sul vivo, perché nelle scuole gli insegnanti cercano di educare nel migliore dei modi i ragazzi e non credo che ci siano delle scuole in Italia che istighino alla discriminazione per l’orientamento sessuale o che promuovano un odio nei confronti degli omosessuali.

D. – Quella collaborazione così importante, scuola-famiglia, sembra venire meno con un’imposizione di tematiche come quella del gender in un modo che esclude, di fatto, la partecipazione delle famiglie...

R. – Sì, io questo credo che sia il punto di fondo. I genitori già hanno tante preoccupazioni e vorrebbero vedere nella scuola un alleato. Purtroppo, ho l’impressione che la maggior parte delle famiglie veda in queste iniziative non uno strumento che allarga la mentalità dei propri figli, ma un tentativo di indottrinamento che, alle volte, confligge con la visione del mondo dei genitori stessi. E credo che instillare queste idee possa ingenerare un’ansia, una confusione piuttosto che una chiarezza.

D. – Instillare non è un suo termine?

R. – Instillare non è un mio termine, perché è esattamente ciò che viene suggerito in una di queste pubblicazioni, prodotta da un centro di studi, al quale è stato appaltato uno dei progetti dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’idea di fondo è proprio questa: instillare nei bambini piccoli queste idee per produrre un cambiamento culturale.

D. – Si sono già verificati degli episodi in cui delle maestre si sono trovate di fronte a delle direttive che promuovono un annullamento della differenza sessuale?

R. – Un’insegnante di religione, lo scorso Avvento, non ha potuto fare i presepi. Ha trovato, però un escamotage: ha preparato un bel cielo azzurro e incollato su questo cielo degli angioletti fatti con spugne di colore rosa e colore azzurro su cui mettere poi le ali dell’angelo. Questa proposta è stata violentemente contestata dalla coordinatrice didattica, perché sembrava inopportuno presentare questi angeli di colore azzurro per i maschietti, e rosa per le femmine. Alla fine, poi, sono stati fatti bianchi… e va bene. Tutto questo, però, secondo me, rappresenta una maniera di forzare la mentalità, di contestare questo stereotipo del maschio e della femmina, che invece è a mio giudizio, più che uno stereotipo, un archetipo. L’essere umano è o maschio o femmina, e qui so che potrei essere contestato o addirittura accusato di reato, ma credo che una persona che non ha una chiara identità sessuale, maschile e femminile, in qualche modo contraddica il dato di natura.







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