Manifestazioni in Venezuela. Gli studenti chiedono la mediazione della Chiesa
In Venezuela il movimento studentesco ha chiesto la mediazione della Chiesa nella
crisi in atto. Durissima la repressione delle forze di polizia nei confronti degli
studenti che manifestano da oltre una settimana contro il caro vita e l’insicurezza
nazionale. Sei i morti fino ad ora. L'arcivescovo di Caracas, il cardinale Jorge Urosa
Savino, ha chiesto al governo di Nicolas Maduro di "mettere sotto controllo" i gruppi
armati. In questo scenario Maduro ha accusato gli Stati Uniti di ingerenza dopo le
dichiarazioni di Obama che ha chiesto di liberare gli arrestati di questo giorni.
Massimiliano Menichetti ne ha parlato con Loris Zanatta, docente di
Storia dell'America Latina all'università di Bologna:
R. – Le contestazioni
in Venezuela sono in qualche modo il frutto previsto e prevedibile di una situazione
che già da tempo è allo stremo. I fari dell’opinione pubblica internazionale si sono
spenti sul Venezuela alla morte di Chavez – personaggio che attirava l’attenzione
di tutti quanti – e nei fatti la sua eredità è straordinariamente pesante. In poche
parole, quello che accade è che da un lato abbiamo un sistema economico che è di gran
lunga il più inefficiente di tutta l’America Latina – l’economia non cresce e l’inflazione
è la più alta di tutta la regione – e dall’altro lato abbiamo un sistema politico
straordinariamente autoritario, che oramai della democrazia ha ben poco.
D.
- L’opposizione chiede che il governo, lo Stato, facciano la loro parte. A questo
punto, come bisognerebbe agire?
R. – La mia opinione e quella di diversi osservatori,
persino di alcuni ex ideologi della rivoluzione chavista, è che la cosa migliore sarebbe
cercare di andare verso un governo di unità nazionale, perché la situazione è veramente
drammatica e il rischio di una guerra civile con frattura delle Forze armate è tutt’altro
che secondario.
D. – E’ percorribile questa via?
R. – Il punto è che
non si vede come si possa giungere a una situazione di unità nazionale dal momento
in cui il governo e il presidente in carica continuano ad autorappresentarsi come
i fondatori di un ordine nuovo, che vede in ogni dissenso una sorta di tradimento
della nazione. Difatti, quello che il governo sta facendo – a cominciare dai suoi
attacchi agli Stati Uniti – è il tentativo di trascinare sempre nuovi nemici nella
contesa in modo da presentarsi come il “custode”, in regime di “monopolio” della nazione,
contro i nemici che attentano contro di essa.
D. – Caracas accusa gli Stati
Uniti di ingerenza e di sostenere le manifestazioni. Il presidente Usa Obama richiama
al dialogo…
R. – La premessa intanto è che l’influenza degli Stati Uniti nelle
aree latinoamericane in genere, quindi anche in Venezuela, è infinitamente inferiore
rispetto al passato. Poi, nonostante il violento antiamericanismo del governo venezuelano,
in realtà esso conduce le sue politiche così ambiziose soprattutto attraverso gli
scambi con gli Usa, che gli forniscono circa il 60% dei suoi introiti. Direi che proprio
il governo venezuelano sarebbe ben felice di trascinare gli Stati Uniti dentro il
conflitto, per poter chiamare così i venezuelani alla “union sacrée” contro “l’impero”
che minaccia il Paese. In realtà, gli Stati Uniti hanno una lunghissima esperienza
di questi modi strumentali di usare l’antiamericanismo. Quindi, francamente dubito
che gli Stati Uniti abbiano intenzione di farsi trascinare in un conflitto in cui
avrebbero tutto da perdere. In realtà, gli Stati Uniti con questa storia centrano
veramente poco.
D. – A questo punto, qual è lo scenario che si profila?
R.
– E’ veramente preoccupante. Da un lato, abbiamo un governo che si trova in grande
difficoltà e che deve prendere misure impopolari, quando invece ha promesso per tutto
il tempo alla sua popolazione la liberazione e l’emancipazione. È quindi difficile
che il governo possa fare retromarcia. Se farà retromarcia nelle sue politiche economiche
– come in parte ha già fatto – ha bisogno di coprirla con un’intensificazione della
lotta contro il nemico politico. Questo vuol dire maggiore repressione, maggiore violenza
che è proprio quello che sta succedendo. A sua volta, pone però grandi problemi all’opposizione.
Un conto è l’opposizione di Henrique Capriles, che tutto sommato sarebbe disposto
a una transizione democratica nel rispetto della Costituzione. Ma c’è il rischio che
questa polarizzazione induca altri settori dell’opposizione a cercare altre vie più
violente. In questo caso, il rischio di una guerra civile in Venezuela è tutt’altro
che da scartare.