2014-02-21 13:54:48

Gli anziani punto di riferimento, anche nella disabilità


Capire come aiutare al meglio, chi a causa dell’età avanzata, ha conseguenze sulla capacità fisiche ed intellettuali, per vivere dignitosamente l’ultima parte del cammino della vita. E’ questo l’obiettivo del convegno “Invecchiamento e disabilità” promosso dalla Pontificia Accademia per la vita, che si è svolto a Roma. L’incontro ha visto la presenza di relatori provenienti da diverse università e centri di ricerca di tutto il mondo. Il servizio di Marina Tomarro:00:02:49:75

65 anni: questa è l’età in cui fino a qualche anno fa si incominciava ad essere considerati anziani. Ma oggi la prospettiva è cambiata, considerando le differenze culturali sociali ed economiche tra i vari paesi della terra. In Occidente, infatti, è di circa 85 anni l’aspettativa dell’esistenza di un uomo, mentre in alcune zone del Sud del mondo cala drasticamente sotto i 40. Ma allora, cosa vuol dire essere anziani oggi? Matilde Leonardi, direttore dell’unità di neurologia dell’Istituto Carlo Besta di Milano:

R. – Teniamo conto che essere anziani oggi è sicuramente una parte dello sviluppo naturale della migliorata condizione attorno a noi, per cui è sicuramente legato a tanti progressi della medicina e della scienza. E anche che su 100 anziani, 70 sono una risorsa incredibile per la nostra società: gli altri 30 sono quelli che probabilmente hanno malattie, sui quali si concentrano le paure dei sistemi di welfare. Si considera essere anziano come un momento della vita che costa. Credo che questa teoria dello scarto, tanto evidenziata e in maniera anche forte dal Papa, sia una teoria che una società civile deve rifiutare fortemente.

D. – Quali consigli può dare per “invecchiare bene”?

R. – Cercare di mantenere nella testa l’idea che non è l’età che fa di noi un anziano, ma la capacità di trovare nuovi interessi ogni mattina alzandosi, ed essere grati di questo piacere della vita, che può esistere anche in mezzo alla sofferenza e alla fatica. Si trova sempre, ogni giorno, se si vuole un motivo per cui è un piacere vivere.

E nella società attuale si parla spesso o di anziani giovanili o di una terza età vista solo dal punto di vista clinico; si fa fatica a parlare di una vecchiaia vissuta in un cammino normale, dove ad un certo punto, può entrare anche la disabilità. Adriano Pessina, direttore del Centro di bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore:

“Il punto fondamentale è che la vecchiaia normale, oggi – in Occidente – non ha ancora uno spazio adeguato. Tanto è vero che la vecchiaia normale rischia in qualche modo di essere assorbita all’interno di dinamiche non la rispettano nella sua specificità. Sulla vecchiaia grava questo peso: che laddove venga a mancare l’autonomia, l’indipendenza e l’autosufficienza, proprio perché si è vecchi non abbia più senso continuare a vivere. Quindi, non siamo in grado di dare valore al tempo della vecchiaia. Invece, io credo che la vecchiaia abbia anche una dimensione quasi profetica nei confronti della società, perché ci fa capire che l’uomo ha un momento in cui compie la propria identità. Quindi, la vecchiaia in questo ha la capacità di dare un contributo ai giovani e agli adulti come modello di punto di riferimento di un’identità che non è più solamente sociale, non è solamente culturale. Ma questo è un lavoro al quale – secondo me – siamo tutt’altro che preparati!”.







All the contents on this site are copyrighted ©.