2014-02-20 08:43:28

Proteste antigovernative in Venezuela: Obama chiede la liberazione delle persone arrestate


In Venezuela, cresce la tensione per le proteste antigovernative. Il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha invitato al dialogo e chiesto la liberazione degli arrestati. 6 i morti finora per le manifestazioni, mentre continua lo scambio di accuse tra opposizione e maggioranza al governo. Il servizio di Massimiliano Menichetti:RealAudioMP3

Una settimana di proteste durissime in Venezuela, nate dai movimenti studenteschi di Caracas, contro il carovita, la violenza e l’insicurezza che regnano nel Paese. Contestazioni pro e contro l’esecutivo, che in questi giorni si sono macchiate di sangue: sei le vittime, l’ultima nello Stato meridionale di Bolivar. L’opposizione critica duramente l’azione della polizia ritenuta sproporzionata, il governo Maduro parla invece di strumentalizzazioni. I vescovi del Paese Latino Americano continuano ad invitare al dialogo, a sostenere il diritto alla protesta ed chiedono allo Stato di farsi carico delle proprie responsabilità. Sulla stessa linea il presidente Usa, Obama, che ha condannato le violenze e ha chiesto "la liberazione" delle decine di persone arrestate durante i sommovimenti di questi giorni. In questo scenario, i magistrati hanno deciso che Leopoldo Lopez, leader del partito antichavista "Volontà Popolare", resterà in custodia cautelare in carcere fino all’inizio del processo. Lopez, che ieri si è consegnato alle autorità, è accusato di omicidio e di incitamento alla violenza negli scontri di piazza della settimana scorsa a Caracas.

Sulla situazione, un commento di Loris Zanatta, docente di Storia dell'America Latina all'università di Bologna:RealAudioMP3

R. – Le contestazioni in Venezuela sono in qualche modo il frutto previsto e prevedibile di una situazione che già da tempo è allo stremo. I fari dell’opinione pubblica internazionale si sono spenti sul Venezuela alla morte di Chavez – personaggio che attirava l’attenzione di tutti quanti – e nei fatti la sua eredità è straordinariamente pesante. In poche parole, quello che accade è che da un lato abbiamo un sistema economico che è di gran lunga il più inefficiente di tutta l’America Latina – l’economia non cresce e l’inflazione è la più alta di tutta la regione – e dall’altro lato abbiamo un sistema politico straordinariamente autoritario, che oramai della democrazia ha ben poco.

D. - L’opposizione chiede che il governo, lo Stato, facciano la loro parte. A questo punto, come bisognerebbe agire?

R. – La mia opinione e quella di diversi osservatori, persino di alcuni ex ideologi della rivoluzione chavista, è che la cosa migliore sarebbe cercare di andare verso un governo di unità nazionale, perché la situazione è veramente drammatica e il rischio di una guerra civile con frattura delle Forze armate è tutt’altro che secondario.

D. – E’ percorribile questa via?

R. – Il punto è che non si vede come si possa giungere a una situazione di unità nazionale dal momento in cui il governo e il presidente in carica continuano ad autorappresentarsi come i fondatori di un ordine nuovo, che vede in ogni dissenso una sorta di tradimento della nazione. Difatti, quello che il governo sta facendo – a cominciare dai suoi attacchi agli Stati Uniti – è il tentativo di trascinare sempre nuovi nemici nella contesa in modo da presentarsi come il “custode”, in regime di “monopolio” della nazione, contro i nemici che attentano contro di essa.

D. – Caracas accusa gli Stati Uniti di ingerenza e di sostenere le manifestazioni. Il presidente Usa Obama richiama al dialogo…

R. – La premessa intanto è che l’influenza degli Stati Uniti nelle aree latinoamericane in genere, quindi anche in Venezuela, è infinitamente inferiore rispetto al passato. Poi, nonostante il violento antiamericanismo del governo venezuelano, in realtà esso conduce le sue politiche così ambiziose soprattutto attraverso gli scambi con gli Usa, che gli forniscono circa il 60% dei suoi introiti. Direi che proprio il governo venezuelano sarebbe ben felice di trascinare gli Stati Uniti dentro il conflitto, per poter chiamare così i venezuelani alla “union sacrée” contro “l’impero” che minaccia il Paese. In realtà, gli Stati Uniti hanno una lunghissima esperienza di questi modi strumentali di usare l’antiamericanismo. Quindi, francamente dubito che gli Stati Uniti abbiano intenzione di farsi trascinare in un conflitto in cui avrebbero tutto da perdere. In realtà, gli Stati Uniti con questa storia centrano veramente poco.

D. – A questo punto, qual è lo scenario che si profila?

R. – E’ veramente preoccupante. Da un lato, abbiamo un governo che si trova in grande difficoltà e che deve prendere misure impopolari, quando invece ha promesso per tutto il tempo alla sua popolazione la liberazione e l’emancipazione. È quindi difficile che il governo possa fare retromarcia. Se farà retromarcia nelle sue politiche economiche – come in parte ha già fatto – ha bisogno di coprirla con un’intensificazione della lotta contro il nemico politico. Questo vuol dire maggiore repressione, maggiore violenza che è proprio quello che sta succedendo. A sua volta, pone però grandi problemi all’opposizione. Un conto è l’opposizione di Henrique Capriles, che tutto sommato sarebbe disposto a una transizione democratica nel rispetto della Costituzione. Ma c’è il rischio che questa polarizzazione induca altri settori dell’opposizione a cercare altre vie più violente. In questo caso, il rischio di una guerra civile in Venezuela è tutt’altro che da scartare.

Ultimo aggiornamento: 21 febbraio







All the contents on this site are copyrighted ©.