Pontificia Accademia della Vita. Il Papa: "no" a cultura dello scarto per anziani,
malati e disabili
“‘Invecchiamento e disabilità’. E’ un tema di grande attualità che sta molto a cuore
alla Chiesa”. Lo sottolinea il Papa nel Messaggio inviato a mons. Carrasco De Paula,
presidente della Pontificia Accademia per la Vita, riunita da mercoledì in Assemblea
nel 20.mo di fondazione. Il servizio di Roberta Gisotti:
“Studiare,
informare e formare” su questioni di biomedicina e diritto in relazione alla promozione
e difesa della vita. Questo il mandato di Giovanni Paolo II alla Pontificia Accademia
per la Vita, sorta l’11 febbraio 1994, chiamata a svolgere un lavoro “spesso faticoso
perché richiede di andare controcorrente, sempre prezioso perché attento a coniugare
rigore scientifico e rispetto per la persona umana”: lo sottolinea Papa Francesco
nel suo messaggio, soffermandosi sul tema “Invecchiamento e disabilità”, scelto per
suggellare i 20 anni di attività.
“Nelle nostre società – osserva Francesco
– si riscontra il dominio tirannico di una logica economica che esclude e a volte
uccide e di cui oggi moltissimi sono vittime, a partire dai nostri anziani”, specie
se malati o disabili. Da qui la “cultura dello scarto". Qualcosa di più e di nuovo
rispetto a sfruttamento e oppressione: esclusione. “Gli esclusi” sono “rifiuti, avanzi”.
Se la salute è “un valore importante” – spiega il Papa – non determina però il “valore
di una persona”, così anche “non è di per sé garanzia di felicità”, che può esservi
invece “in presenza di una salute precaria”. “E la più grave privazione che le persone
anziane subiscono – denuncia il Papa – non è l’indebolimento dell’organismo e la disabilità
che ne può conseguire, ma l’abbandono, l’esclusione, la privazione di amore”. A questa
deriva si oppone la famiglia “maestra di accoglienza e solidarietà”, dove s’impara
“a non cadere nell’individualismo ed equilibrare l’io con il noi”, e s’impara “che
la perdita di salute non è una ragione per discriminare alcune vite umane”.
“Una
società è veramente accogliente” – conclude Francesco – quando riconosce che la vita
“è preziosa anche nell’anzianità, nella disabilità, nella malattia grave e persino
quando si sta spegnendo”; quando insegna che la chiamata alla realizzazione umana
non esclude la sofferenza, anzi, insegna a vedere nella persona malata e sofferente
un dono per l’intera comunità”.
Intanto, oggi a Roma, presso l’Istituto Augustinianum,
prende il via il Workshop della Pontificia Accademia per la Vita, dedicato ad “Invecchiamento
e disabilità”. I lavori si concluderanno domani con l’intervento di mons. Zygmut Zimowski,
presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, sul tema “Chiesa
e persone anziane disabili. Fabio Colagrande ha intervistato mons. Ignacio
Carrasco de Paula, presidente della Pontificia Accademia per la Vita:
R. – Credo che
la cosa specifica della Chiesa sia sempre svegliare la dimensione trascendente. Dobbiamo
renderci conto che la nostra vita, i nostri problemi, vanno collocati in un contesto
nel quale c’è qualcosa di più, al di là di noi stessi: Dio. Questa è la cosa fondamentale.
In questo senso, ritengo che sia molto importante ricordarsi di quella espressione
di Gesù nel Vangelo: "L'avete fatto anche a me".
D. – Papa Francesco ha condannato
più volte la cultura dello scarto, diffusa oggi, che tende a escludere i disabili
e gli anziani…
R. – Mi pare sia un’espressione molto indovinata. Io direi che
è una variante di quel termine “cultura della morte” che introdusse il Beato Giovanni
Paolo II. Ci sono cose che effettivamente vengono usate, poi non servono più e si
gettano. Questo non si può trasferire al mondo degli esseri umani. E’ assolutamente
inammissibile.
D. - Ci sono atteggiamenti sociali in particolare che bisogna
contrastare in questo campo?
R. – Penso di sì. In primo luogo, l’indifferenza.
Penso che uno dei mali della nostra cultura, della nostra società, nel terzo millennio,
sia l’indifferenza, più che l’incredulità. E’ l’atteggiamento più importante da combattere
in questo momento.
D. - Che significato assume il 20.mo anniversario della
vostra Fondazione nell’attuale contesto ecclesiale, sociale?
R. – Ci permette
di guardare un po’ indietro, vedere il percorso che abbiamo fatto quando Giovanni
Paolo II volle istituire l’Accademia. Credo dobbiamo continuare sulla linea che abbiamo
seguito fino ad adesso, che è fondamentalmente quella di aiutare a capire le reali
dimensioni, radici, circostanze in cui nascono tutti questi fenomeni che riguardano
la vita umana. La maggior parte di questi sono straordinari! Basti pensare in questi
20 anni a tutti i progressi della medicina, delle discipline biomediche. In generale,
è una cosa della quale possiamo essere più che soddisfatti e guardare al futuro con
speranza. Noi abbiamo la particolarità di poter studiare e affrontare queste cose
in totale autonomia, non siamo influenzati da fattori economici, dall’opinione pubblica,
non siamo soggetti ai cliché. Però, vorrei dire anche un’altra cosa. Il nostro intento
non è solo di formare le intelligenze: consideriamo che sono temi nei quali è assolutamente
fondamentale mettere il cuore. Quando si tratta della vita umana, soltanto con teorie,
ipotesi, sillogismi, con ragionamenti, il percorso che possiamo fare è molto breve,
non dura tanto. Sono temi che è necessario anche affrontare con il cuore.
D.
– Cambiando tema, preoccupano in questo momento il diffondersi di legislazioni che
autorizzano l’eutanasia, estendendola addirittura ai minori. Come spiegare, secondo
lei, questa cultura contraria alla vita?
R. – Io non sono molto convinto che
sia una cultura contraria alla vita, in quanto mi sembra che sia un fenomeno abbastanza
focalizzato, solo che è focalizzato nelle stanze del potere. E’ qualcosa che viene
imposto servendosi anche di tutto un lavoro di propaganda, di manipolazione dell’opinione
pubblica. Questa legge vorrebbe risolvere eventuali problemi, soprattutto di sofferenza,
che in realtà si risolvono in un’altra maniera e molto meglio. La morte non è una
soluzione in nessun caso.