Italia, consultazioni governo. Quadrio Curzio: per l'Economia figura di profilo europeo
Proseguono in Italia le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Al termine
dell’incontro con Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, per il Pdl, ha detto che sulle
riforme e su lavoro, fisco, giustizia c’è l’assoluta disponibilità a lavorare insieme.
La delegazione del Pd, guidata da Roberto Speranza, ha invece chiesto di avviare le
riforme economiche e sociali per ridare "ossigeno a famiglie e imprese". Tra gli incarichi
più delicati all’interno del futuro governo, c’è quello di ministro dell’Economia.
Ma quali caratteristiche dovrà avere questa figura per rilanciare davvero il Paese?
Alessandro Guarasci ha sentito l’economista Alberto Quadrio Curzio,
vicepresidente dell’Accademia dei Lincei:
R. - Una caratura
politica nazionale, una credibilità europea e internazionale per agire ovviamente
nell’interesse dell’Italia, ma anche nel rispetto dei parametri europei. Se dovessi
richiamare alla mente una personalità che aveva tutte queste caratteristiche, credo
che richiamerei Carlo Azeglio Ciampi.
D. - Però, personalità di questa statura
al momento in Italia non sembrano esserci…
R. - Personalmente non ne vedo.
Totale fu la consonanza con il presidente del Consiglio, Prodi - anche questo è un
punto che conta - perché se un presidente del Consiglio ha un ministro dell’Economia
con il quale riesce a istaurare un dialogo di reciproca comprensione, l’effetto è
moltiplicato.
D. - Si parla tanto di allargare le "maglie" dei contratti per
creare più lavoro. Secondo lei, non è fondamentale in questo momento invece rilanciare
la produzione industriale?
R. - Si allarghino pure le maglie dei contratti,
ma da ciò non ne deriva un incremento occupazionale, perché l’economia e la produzione
non crescono. Perché si insiste sul cuneo fiscale contributivo? Perché da un lato
si aumenta la competitività delle imprese per i mercati internazionali - competitività
di prezzo - mentre da un altro lato si danno più redditi in busta paga ai lavoratori
e quindi si dà una spinta anche ai consumi.
D. - Chi andrà al ministrro di
Via XX Settembre dovrà in qualche modo ridiscutere il rapporto deficit/Pil del 3%.
Sappiamo però che l’Europa non ci dà scampo…
R. - Non è tanto il recarsi a
Bruxelles e dire “noi non rispettiamo più il limite del 3%” - che sarebbe certamente
un’affermazione forte, un’affermazione pericolosa per l’Italia ma anche per l’Europa
- quanto mettere a frutto tutti gli altri strumenti disponibili, ovvero, il cosiddetto
quadro finanziario poliennale da mille miliardi distribuiti su sette anni, che potrebbe
essere anticipato per una parte significativa nei primi anni, in modo da rilanciare
la crescita. Una seconda strada - che conosciamo benissimo e completamente contrastata
dalla Germania - è quella degli Euro Union Bond, o degli Euro Bond. Però, credo che
non convenga darla per persa se non altro perché l’Europa deve guardare lontano. Infine,
per i singoli Paesi è la possibilità di questi accordi contrattuali che sono previsti
in quel documento importante - che è verso una unione economica e monetaria più autentica
- che è stato approvato da vari Consigli europei ed elaborato dai cosiddetti “quattro
presidenti”: Val Rompuy, Barroso, Draghi e, a suo tempo, Juncker. Adesso, al suo posto
c’è Dijsselbloem, ministro delle Finanze olandese, che ha già manifestato una certa
apertura in questa direzione.