Nola. Non solo 'terra dei fuochi': arte e fede in dialogo
La Diocesi di Nola propone un itinerario tra arte, Sacra Scrittura e testi dei primi
secoli nelle basiliche paleocristiane di Cimitile. Si tratta di 5 appuntamenti – il
primo è stato il 12 febbraio – curati dal vicario generale della diocesi, mons.
Pasquale D’Onofrio, e organizzati con la collaborazione di piccole istituzioni,
che vogliono far conoscere a credenti e non credenti testimonianze del passato che
ancora oggi trasmettono un messaggio. L’idea è anche quella di far rivivere la memoria
di San Paolino di Nola, vescovo del V secolo, noto per le sue opere di carità ma anche
per la sua passione per l’arte. Al microfono di Tiziana Campisi, mons. D’Onofrio
spiega il senso dell’iniziativa chiamata “Nei segni e nelle parole”:
R. - E’ un itinerario
di cinque incontri, che si terrà nelle basiliche paleocristiane di Cimitile e che
fa riferimento alle opere che si trovano proprio in quel complesso basilicale. E’
un complesso basilicale che risale ai tempi di Paolino di Nola: siamo quindi nel IV
secolo. Vogliamo fare un percorso che, in qualche maniera, recuperi alcune simbologie.
Abbiamo voluto mettere insieme la lettura del segno - come fatto artistico e come
produzione - e la parola di Paolino, che fa una descrizione anche delle basiliche
nei suoi Carmi e nelle sue Lettere, e vedere - in seguito - come questa simbolica
trovasse poi anche nella Parola di Dio il suo riferimento, la sua spiegazione, la
sua portata simbolica. Così che si possa fare un discorso fra arte, fede, tradizione,
linguaggio: un tutt’uno che, in qualche maniera, aiuti l’uomo - credente o non credente
- a leggere la testimonianza del passato per interrogarsi anche sul presente.
D.
- La vigna, il pavone, la croce, il nodo di Salomone, l’albero della vita: perché
avete scelto proprio questi segni?
R. - Sono i segni che immediatamente fanno
riferimento al senso della Chiesa, al senso dell’eternità, al problema della salvezza,
alla possibilità della giustizia vissuta come misericordia, all’annuncio lieto del
Vangelo, l’albero della vita. Quindi ci sembrava che ci potesse essere qui un breve
sunto di una esperienza di fede che andasse in questo periodo verso il tempo quaresimale,
la Pasqua, per portarci appunto verso la luce nuova delle Resurrezione.
D.
- Dunque arte e fede, ma quanto l’arte può supportare un cammino di fede?
R.
- Nell’arte le forme, i colori, l’armonia, la ricerca dell’espressione del bello,
conducono all’idea del 'di più' che la fede vuole trasmettere. L’arte ti introduce
anche al mistero del contemplare, cioè dell’andare oltre, del sentire poi il cuore,
dell’avvertire i sentimenti e del saperli significare all’esterno. Quindi diventa
anche una capacità di comunicazione.
D. - Nelle basiliche paleocristiane di
Cimitile voi proponete percorsi di riflessione per credenti e non…
R. - Ci
sembra che il linguaggio del bello possa - per prima cosa - essere un linguaggio che
accomuna gli animi alla ricerca di un di più. Quindi questo diventa per noi un elemento
dialogico, una possibilità di intrattenere, di confrontarsi. Pensiamo che queste occasioni
possano essere una possibilità data oggi per parlarci: per parlare fra di noi, parlare
con ogni altra persona, parlare con ogni altro uomo.
D. - Qual è il messaggio
che volete dare attraverso questi percorsi “Arte e fede”?
R. - Imparando ad
ascoltarci e a dialogare, certamente, troveremo una via nuova che per noi rappresenta
anche una via possibile di riscatto: il nostro territorio, talvolta, non è letto come
il territorio di queste esperienze, dove c’è anche la capacità di vedere il bello.
Noi vorremmo metterlo in evidenza per dire che, se è vero che siamo talvolta riconosciuti
per la “terra dei fuochi”, è vero che c’è anche un’altro fuoco: quello che ci è stato
lasciato dai nostri padri e che dice la volontà di incontrarci, di vivere bene insieme,
di saper valutare al meglio tutto il bello che abbiamo.