La Conferenza sulla Siria si chiude senza risultati. Ancora non c'è data per terzo
round
Nulla di fatto al secondo round di incontri sulla Siria che si sono tenuti a Ginevra.
Lo ha annunciato l’inviato speciale dell’Onu, Lakdhar Brahimi, comunicando che non
c’è ancora una data per un terzo giro di colloqui. Intanto l’Osservatorio nazionale
per i diritti umani in Siria stima che nel paese, in quasi tre anni di conflitto,
siano morte oltre 140mila persone, fra cui più di 7mila bambini. Il servizio di Debora
Donnini:
E’ stallo sulla
Siria. Il secondo giro di colloqui a Ginevra si conclude senza un vero risultato,
non c’è nemmeno un’intesa di massima per la data di un terzo incontro. C’è, invece,
un’agenda negoziale. Il mediatore internazionale Brahimi ha fatto sapere che i punti
da affrontare nel prossimo round sono lotta alla violenza e al terrorismo, organo
esecutivo di transizione, istituzioni nazionali e riconciliazione. Ma la delegazione
di Damasco ha rifiutato la sua proposta di cominciare alternando il tema della lotta
alla violenza, considerata la più importante dal governo, e quello del futuro governo
di transizione, ritenuto prioritario dall'opposizione. Brahimi, dunque, chiede scusa
al popolo siriano per i pochi risultati raggiunti e auspica un incontro ad alto livello
con il segretario generale dell’Onu Ban ki Moon e con Stati Uniti e Russia, i due
paesi che hanno lanciato la proposta della Conferenza. Il presidente americano Obama
ha intanto già ribadito che il capo di stato siriano Bashar al Assad deve dimettersi
e sottolineato la necessità di fare pressioni sulla Russia perché capisca che la situazione
di status quo in Siria non è nei suoi interessi. Francia e Gran Bretagna accusano
Damasco del fallimento del negoziato e l’opposizione siriana sostiene che un terzo
round di colloqui con il governo siriano senza parlare di transizione politica sarebbe
una "perdita di tempo". Intanto per ridistribuire aiuti umanitari, l'agenzia delle
Nazioni Unite per l'aiuto ai rifugiati palestinesi ha chiesto alle autorità siriane
ed ai ribelli di potere rientrare nel campo profughi palestinese di Yarmuk, a Damasco,
dove da una settimana non si riesce a portare cibo.
Per un commento sull’esito
dei colloqui, Marco Guerra ha sentito Claudio Lo Jacono, direttore della
rivista "Oriente Moderno":
R. – Nessuna
delle due parti ha fatto salti mortali per un’intesa, per una soluzione della vicenda:
è normale che i progressi siano minimi... Mi pare che sia il regime di Assad sia chi
gli si oppone, in realtà, non intenda arrivare ad una soluzione. Quale soluzione d’altra
parte? Una soluzione a metà non piace a nessuna delle due parti: Assad non vuole cedere
nulla del controllo dittatoriale che ha sul Paese e la parte avversa non vuole condividere
nulla con Assad, nulla con la sua cerchia. Per cui, mi sembra veramente improbabile
che si possano fare dei progressi. Ognuno vuole vincere sul campo. Assad vuole riconquistare
Aleppo, i suoi oppositori non vogliono questo e vogliono, anzi, allargare il raggio
di controllo del Paese, anche se la parte avversa ad Assad ha degli obiettivi strategici
poco omogenei. Questo, secondo me, è un po' la normale vicenda dei negoziati quasi
imposti dalla comunità internazionale ad Assad, e quasi imposti ai suoi oppositori.
D.
– Questi colloqui mirano veramente ad ottenere un risultato, o sono solo interlocutori
per fare incontrare le parti?
R. – Naturalmente, già è un punto importante
avere portato ad un tavolo di negoziato i due contendenti che non si vogliono riconoscere,
che si disconoscono continuamente. Il discorso è che i negoziati, poi, hanno bisogno
della volontà di raggiungere un risultato e questa volontà, al momento, mi sembra
che non ci sia.
D. – Brahimi è tornato a chiedere a Russia e Stati Uniti di
esercitare pressioni sulle parti …
R. – Sappiamo che Obama e molto di più la
Francia, avrebbero voluto un intervento militare: più si avvicina il tempo della fine
del mandato di Obama e meno diventa probabile questo intervento. E altrettanto, la
Russia non ha una grandissima voglia di disfarsi di Assad che è tenuto in piedi soltanto
dalla volontà della Russia di svolgere una politica strategica che non vuole certo
rinunciare ad uno dei pochi approdi nel Mediterraneo. Per questo, Mosca ha una scarsissima
volontà di accelerare una situazione che, tutto sommato, restando in stallo, le porta
più benefici che cose contrarie. Mi sembra, questa, una situazione veramente penosissima
per il popolo siriano.
D. – Con lo stallo, continueranno a parlare le armi
…
R. – Io credo che si trascinerà una lunga, strisciante guerra civile con
lutti, dolori, distruzioni senza che nessuna delle due parti sia in grado di prevalere
nettamente sull’altra. Qui non c’è nessun vincitore e solo uno sconfitto: il popolo
siriano.