I partiti al Quirinale, si allungano i tempi della crisi. Diotallevi: attenzione alla
legge elettorale
E’ il giorno delle consultazioni dei partiti al Quirinale per la formazione del governo
Renzi. In serata sono saliti al Colle i partiti maggiori. E la situazione si è complicata.
Per Alfano di Ncd non sono infatti sufficienti 48 ore per chiudere le consultazioni.
Ma il Pd ribadisce: il nostro obiettivo è un governo fino al 2018. Alla fine del giro
di colloqui, Napolitano ha parlato di consultazioni "intense e non formali". Giampiero
Guadagni:
Tempi forse
un po’ più lunghi del previsto per l’approdo di Renzi a Palazzo Chigi. Questo il quadro
che emerge dalle consultazioni del Capo dello Stato. L’accordo sul programma non può
essere chiuso in 48 ore, ha sottolineato il leader del Nuovo Centrodestra Alfano che
dice comunque no ad un governo spostato a sinistra. Più o meno la stessa posizione
dei Popolari per l’Italia. Ma per Luigi Zanda, capo della delegazione Pd, "ora c'è
un impegno forte per un governo che completi la legislatura e verso il 2018". Chiarezza
sui programmi viene sollecitata anche dalla delegazione di Forza Italia guidata da
Berlusconi che esprime stupore per la crisi e annuncia una opposizione responsabile
con la conferma degli impegni presi sulle riforme. Sì a Renzi da parte di Scelta Civica.
No al governo Renzi, per motivi diversi da Sel e Fratelli d’Italia. Non sono saliti
al Quirinale il Movimento 5 Stelle e la Lega, in segno di protesta per la mancata
parlamentarizzazione della crisi. I 5 Stelle hanno organizzato una contro consultazione
di militanti in piazza Montecitorio. Dal suo blog Grillo chiede al presidente della
Camera Boldrini di alzare la voce con Napolitano. E la Boldrini sottolinea la necessità
di rispettate le prerogative del Parlamento. In questo contesto, Napolitano sembra
intenzionato a prendersi domani una giornata di riflessione. Dovrebbe dunque essere
lunedì il giorno dell’incarico a Renzi, che in queste ore sta lavorando al programma
e alla squadra di governo.
Sulla crisi politica Gabriella Ceraso ha
intervistato il sociologo Luca Diotallevi, vicepresidente del Comitato scientifico
delle Settimane Sociali:
R. – Noi stiamo
tentando faticosamente di uscire da una condizione nella quale il voto dei cittadini
non conta. In questo senso, l’ingresso a Palazzo Chigi di Renzi sicuramente è una
notizia positiva, perché ha certamente una legittimazione popolare carente ma molto
superiore a quella di Letta e di Monti. Però, il cammino non è concluso: il cammino
è molto difficile. Per questa ragione, la priorità di Renzi è senz’altro portare a
termine la riforma della legge elettorale e non sarà semplice, perché tutti coloro
che stanno in parlamento hanno da temere, in quanto ci sono frutti di accordi e regole
che quella legge spazzerebbe via. Solo se noi rimettiamo il manico del coltello in
mano ai cittadini avrà poi senso parlare di lavoro, di scuola, di famiglia. Perché
senza una legge elettorale che consenta a qualcuno di governare effettivamente, parlare
di programmi è un diversivo.
D. – Il livello di crescita del Paese, di situazione
economica, dopo due anni – anche Moody’s lo ha detto – sta migliorando e qualche dato
positivo sul pil si raccoglie. Forse, qualche flebile segnale, in un momento però
molto delicato. Questo passaggio a livello economico-sociale che cosa potrebbe significare?
R. – Purtroppo, non significa nulla, perché il nostro Paese è sceso molto
più degli altri e adesso che a livello globale la crisi sta invertendo il proprio
corso, noi cresciamo molto meno di altri. Quindi, purtroppo non significa molto. Significa,
come diceva Squinzi, il presidente di Confindustria, che se la politica facesse il
suo mestiere il resto del Paese potrebbe tirar fuori quel poco di energie che gli
sono rimaste.
D. – Per fare meglio, per fare in fretta, che tipo di squadra
serve? Una squadra ampia, una squadra rappresentativa…
R. – Più il governo
sarà composto di pochi ministri, più capiremo che è il presidente del Consiglio che
incomincia a sembrare – come in tutti gli altri Paesi – un pochino più un premier
che non un direttore del traffico.
D. – E sugli appoggi al nuovo governo? Berlusconi
ha detto “buon lavoro”, ma ha annunciato che che non farà sconti. Grillo snobba completamente
queste consultazioni. Cosa si prospetta?
R. – Credo che il rischio di Renzi
sia non poter rimettere insieme la maggioranza di Letta, perché penso che il Nuovo
centrodestra e tutti i centristi si rendano conto che collaborare con Renzi significa
firmare un assegno in bianco agli elettori e quindi condannare se stessi a ritornare
– giustamente, avendo pochi voti – nell’ombra. Quindi, io non darei per scontata l’adesione
di questi partiti, anche se hanno poche alternative.
D. – Rimane il fatto che
di questo passaggio e di quanto sta accadendo, molta dell’opinione pubblica, molta
della gente, abbia chiaro ben poco…
R. – No, non credo. Non credo perché Monti,
Napolitano, Letta appartengono al vecchio establishment. Renzi è percepito dall’opinione
pubblica come una persona – come era Berlusconi – imposta dal consenso di cui è capace.
Qui, il problema non è che Renzi venga da fuori: anzi, questo è ciò che la gente apprezza
perché dalla “casta”, da coloro che stanno dentro, non ci si può attendere riforme.
D.
– In tutto questo, le forze cosiddette cattoliche all’interno della politica come
si stanno muovendo? Cosa pensano, cosa si augurano?
R. – Penso che innanzitutto
gran parte del mondo cattolico organizzato debba fare un bel mea culpa su Todi: coloro
che vollero Todi oggi sanno, dopo quello che Prodi e De Benedetti hanno ammesso, che
loro credevano di riportare sulla scena il mondo cattolico, in realtà offrivano a
Passera, Monti, a questi personaggi, una copertura sul lato ecclesiastico. Un’altra
parte del mondo cattolico, quella che per esempio che con le Settimane Sociali ha
concepito l’Agenda di Reggio Calabria e poi quella di Torino, oggi sa che la propria
analisi istituzionale e politica è corretta. Naturalmente, le cose non basta scriverle.
Diciamo: vedremo se l’intelligenza del mondo cattolico, che è limpidissima, sarà accompagnata
dalla forza, dalla generosità che invece l’agire politico richiede, e che è un’altra
cosa.