Pakistan: morte misteriosa di un cristiano che era in custodia della polizia
“Chi ha ucciso il cristiano Sabir Masih?”: è il grido che sale dalla Chiesa e dalla
società civile pakistana che chiedono un’inchiesta indipendente e una autopsia approfondita
dopo la misteriosa morte dell’uomo, deceduto mercoledì scorso in circostanze misteriose,
mente era sotto custodia della polizia. Come appreso dall’agenzia Fides, ieri attivisti,
gruppi della società civile, organizzazioni cristiane e musulmane, sacerdoti, religiosi
e laici, hanno inscenato una imponente manifestazione di protesta a Islamabad, per
esprimere il loro sdegno e chiedere giustizia. Sabir Masih, 32 anni, apparteneva ad
una famiglia povera che vive in una baraccopoli di Islamabad. E’ stato catturato dalla
polizia per sospetto furto e rinchiuso nella stazione di polizia di Kohsar. Tre giorni
dopo ne è stato reso noto il decesso e il suo cadavere è stato portato in ospedale
per l’autopsia. La versione della polizia è “suicidio commesso nella toilette: Sabir
si è impiccato con la sua cintura”. Un comunicato congiunto di organizzazioni cristiane
e reti della società civile pakistana, inviato a Fides, recita: “Respingiamo con forza
questa palese falsità, in quanto non è fisicamente possibile, nelle circostanze date.
Condanniamo fermamente l'uccisione. Chiediamo giustizia e trasparenza”. Chiedendo
una nuova autopsia, da condurre in un ospedale privato, gli attivisti denunciano anche
le pressioni della polizia sulla famiglia della vittima per seppellire subito il corpo
di Sabir Masih e si rivolgono alla magistratura perché avvii una inchiesta giudiziaria
indipendente, formando un team che includa membri della società civile e un rappresentante
della comunità cristiana del Pakistan. Si chiede di chiarire le responsabilità degli
agenti di polizia, fermando e interrogando il personale in servizio nella stazione
di Kohsar al momento dell'uccisione. “E’ giunto il momento di frenare le torture e
la diffusa brutalità della polizia, per porre fine alle uccisioni extragiudiziali
in Pakistan, e difendere lo stato di diritto” recita la nota inviata a Fides. Una
delle leader che si sta adoperando per chiarire la vicenda di Sabir Masih, è l’attivista
musulmana Tahira Abdullah, che a Fides spiega: “Dove sono i rappresentanti dei cittadini
pakistani non musulmani eletti in Parlamento? Ora devono parlare forte e chiaro, non
importa a quale partito politico siano affiliati. Questo è il momento, per noi musulmani,
di mostrare solidarietà con tutte le vittime di torture, specialmente quando sono
di classe sociale bassa e appartengono alle minoranze non musulmane. L'esperienza,
infatti, ci insegna che costoro sono più vulnerabili alla discriminazione, all’arresto,
alla tortura e alle esecuzioni extragiudiziali”. (R.P.)