Letta si dimette, al Quirinale avviate le consultazioni. Napolitano: nessun passaggio
parlamentare
Il presidente Napolitano ha iniziato con i presidenti di Senato e Camera Grasso e
Boldrini le consultazioni per la formazione del nuovo Governo. Appare scontato l’incarico
a Matteo Renzi. Ieri all’ora di pranzo al Colle era salito il premier Enrico Letta
per rassegnare le dimissioni irrevocabili. Giampiero Guadagni:
Consultazioni
brevi, nessun passaggio della crisi alle Camere. E’ questa la strada seguita da Napolitano
dopo le dimissioni di Enrico Letta. Il capo dello Stato insomma vuole una soluzione
immediata in questa delicata fase economica e per affrontare al più presto l’esame
della legge elettorale e delle riforme più urgenti. Il Parlamento, spiega il Quirinale,
potrà comunque esprimersi sulle origini e le motivazioni della crisi allorché sarà
chiamato a dare la fiducia al nuovo Governo. La parlamentarizzazione della crisi era
invece chiesta dalle opposizioni: e il Movimento 5 Stelle fa sapere che non parteciperà
alle consultazioni. Entro domenica il capo dello Stato potrebbe dare l’incarico a
Matteo Renzi, in tempo per presentare il nuovo Esecutivo lunedì ai mercati. Ma con
quale maggioranza? Renzi si è rivolto agli stessi partiti che hanno sostenuto il Governo
Letta. Ha incassato subito il sì di Scelta Civica. Mentre il Nuovo Centrodestra pone
paletti precisi: l’esecutivo Renzi, spiega Alfano, non deve essere un governo politico
virato a sinistra. Per il resto: scontata la chiusura dei grillini, indisponibile
il Sel di Vendola nonostante qualche distinguo interno. Da parte sua Forza Italia
annuncia una opposizione responsabile, confermando l’appoggio alle riforme, a partire
dalla legge elettorale, ma con l'obiettivo di tornare subito dopo alle urne.
Ad
Enrico Letta "si deve riconoscere quanto meno la capacità di avere restituito al Paese
un'immagine di serietà e di minima affidabilità". Lo scrive l'Osservatore Romano,
sottolineando che il premier uscente "non ha avuto il tempo o, secondo i suoi avversari,
la capacità" di quel salto di qualità nell'azione di governo che ci si attende ora
da Renzi. Come leggere, dunque, questa nuova fase della vita politica italiana e quali
i rischi e le possibili opportunità? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Alberto
Lo Presti, direttore del Centro studi Igino Giordani:
R. - Qui si
sta parlando non più della configurazione di un governo tecnico, ma di un governo
autenticamente politico, che possa arrivare alla fine del 2018. Questo significa che
un governo politico, però, dovrebbe avere un collegamento con un elettorato che si
è espresso in tal senso. E questo manca. È anche vero, però, che c’è un clima di scoramento
diffuso e di disagio che si misura in modo rilevante con le parole di Squinzi e di
Confindustria che hanno bacchettato la lentezza con la quale il governo Letta si stava
muovendo rispetto alle sfide che abbiamo di fronte. Ebbene, di fronte a questa lentezza,
il dato che Renzi sta sfruttando è la sua dinamicità e velocità: quello che è successo
non è un cambio al vertice - come da tanto tempo la sinistra e il Partito Democratico
ci hanno abituato - ma è la costruzione di un percorso condiviso e convergente di
quasi tutto il partito che porta Renzi – forse – a riuscire a fare un esecutivo forte.
D.
- Cos’ha Renzi per riuscire dove Letta ha fallito, visto che la maggioranza è la stessa
e – probabilmente - il perimetro di movimento di un’eventuale nuova squadra sarà lo
stesso?
R. - Prima di tutto, non so se la squadra sarà la stessa così come
la compagine di governo, ovvero le forze di governo che aderiranno a questa nuova
fase, sia geograficamente la stessa; questo non è detto, perché qui si sta muovendo
la geografia parlamentare, sembrano esserci rilievi di interesse non solo da parte
delle forze di prima, ma anche di qualcun altro. Ci sarà la curiosità di capire che
cosa accade da parte di qualcuno dei "Cinque stelle" che già si era visto riottoso
rispetto ad ipotesi tutte negative di collaborazioni finora configurate. Bisognerà
vedere che cosa succede con Sel e gli altri. Certo, che cos’ha Renzi di più? In questo
momento potrebbe appunto trovarsi di fronte ad una collocazione più favorevole nel
mondo Confindustria, nel comparto pubblico; potrebbe trovarsi di fronte ad un’opinione
pubblica che forse finalmente crede di aver trovato colui che è capace di dare una
svolta alla situazione del Paese. Io su questo aggiungerei anche un altro dato: la
severità con cui si legge l’esperienza del governo Letta, a mio avviso, non è sempre
giustificata.
D. - Ma secondo lei sarà una crisi rapida?
R. - Se non
è rapida, fallisce. Questo contrassegna l’iniziativa Renzi. Questa è una scommessa
importantissima, perché arrivare al 2018 con un modo di agire, di incidere, di influenzare
rapido, non è facile.
D. - E che cosa rischiamo nei confronti del mondo che
ci sta guardando?
R. - Rischiamo tanto, perché Letta ha goduto di una stima
dal punto di vista internazionale assolutamente meritata, così come la squadra dei
ministri; però, è anche vero che se andiamo a vedere come stanno reagendo le principali
testate giornalistiche alle notizie italiane fuori dal nostro Paese, si iniziano ad
utilizzare categorie come “demolition man”, “l’uomo della svolta”, “l’uomo della sfida”,
“l’uomo al di fuori degli schemi” ... Per cui, forse riusciamo ad attenuare il pregiudizio
secondo il quale il presidente del Consiglio dei ministri in Italia ha una data di
scadenza che è uguale a quella della bottiglia del latte nel frigorifero, con il fatto
che forse adesso si può percepire questo “demolition man” come l’uomo che – forse
– può provvedere a quelle riforme che da ci chiedono da tante parti. Questo non ci
rassicura: invece di riuscire a fare squadra, noi ancora una volta, abbiamo bisogno
di colui che tira fuori il coniglio dal cilindro. Questo, in alcune circostanze va
bene; ma quando diventa costume politico, il declino della politica è evidente.