2014-02-14 20:07:07

Letta si dimette, al Quirinale avviate le consultazioni. Napolitano: nessun passaggio parlamentare


Il presidente Napolitano ha iniziato con i presidenti di Senato e Camera Grasso e Boldrini le consultazioni per la formazione del nuovo Governo. Appare scontato l’incarico a Matteo Renzi. Ieri all’ora di pranzo al Colle era salito il premier Enrico Letta per rassegnare le dimissioni irrevocabili. Giampiero Guadagni:RealAudioMP3

Consultazioni brevi, nessun passaggio della crisi alle Camere. E’ questa la strada seguita da Napolitano dopo le dimissioni di Enrico Letta. Il capo dello Stato insomma vuole una soluzione immediata in questa delicata fase economica e per affrontare al più presto l’esame della legge elettorale e delle riforme più urgenti. Il Parlamento, spiega il Quirinale, potrà comunque esprimersi sulle origini e le motivazioni della crisi allorché sarà chiamato a dare la fiducia al nuovo Governo. La parlamentarizzazione della crisi era invece chiesta dalle opposizioni: e il Movimento 5 Stelle fa sapere che non parteciperà alle consultazioni. Entro domenica il capo dello Stato potrebbe dare l’incarico a Matteo Renzi, in tempo per presentare il nuovo Esecutivo lunedì ai mercati. Ma con quale maggioranza? Renzi si è rivolto agli stessi partiti che hanno sostenuto il Governo Letta. Ha incassato subito il sì di Scelta Civica. Mentre il Nuovo Centrodestra pone paletti precisi: l’esecutivo Renzi, spiega Alfano, non deve essere un governo politico virato a sinistra. Per il resto: scontata la chiusura dei grillini, indisponibile il Sel di Vendola nonostante qualche distinguo interno. Da parte sua Forza Italia annuncia una opposizione responsabile, confermando l’appoggio alle riforme, a partire dalla legge elettorale, ma con l'obiettivo di tornare subito dopo alle urne.

Ad Enrico Letta "si deve riconoscere quanto meno la capacità di avere restituito al Paese un'immagine di serietà e di minima affidabilità". Lo scrive l'Osservatore Romano, sottolineando che il premier uscente "non ha avuto il tempo o, secondo i suoi avversari, la capacità" di quel salto di qualità nell'azione di governo che ci si attende ora da Renzi. Come leggere, dunque, questa nuova fase della vita politica italiana e quali i rischi e le possibili opportunità? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Alberto Lo Presti, direttore del Centro studi Igino Giordani:RealAudioMP3

R. - Qui si sta parlando non più della configurazione di un governo tecnico, ma di un governo autenticamente politico, che possa arrivare alla fine del 2018. Questo significa che un governo politico, però, dovrebbe avere un collegamento con un elettorato che si è espresso in tal senso. E questo manca. È anche vero, però, che c’è un clima di scoramento diffuso e di disagio che si misura in modo rilevante con le parole di Squinzi e di Confindustria che hanno bacchettato la lentezza con la quale il governo Letta si stava muovendo rispetto alle sfide che abbiamo di fronte. Ebbene, di fronte a questa lentezza, il dato che Renzi sta sfruttando è la sua dinamicità e velocità: quello che è successo non è un cambio al vertice - come da tanto tempo la sinistra e il Partito Democratico ci hanno abituato - ma è la costruzione di un percorso condiviso e convergente di quasi tutto il partito che porta Renzi – forse – a riuscire a fare un esecutivo forte.

D. - Cos’ha Renzi per riuscire dove Letta ha fallito, visto che la maggioranza è la stessa e – probabilmente - il perimetro di movimento di un’eventuale nuova squadra sarà lo stesso?

R. - Prima di tutto, non so se la squadra sarà la stessa così come la compagine di governo, ovvero le forze di governo che aderiranno a questa nuova fase, sia geograficamente la stessa; questo non è detto, perché qui si sta muovendo la geografia parlamentare, sembrano esserci rilievi di interesse non solo da parte delle forze di prima, ma anche di qualcun altro. Ci sarà la curiosità di capire che cosa accade da parte di qualcuno dei "Cinque stelle" che già si era visto riottoso rispetto ad ipotesi tutte negative di collaborazioni finora configurate. Bisognerà vedere che cosa succede con Sel e gli altri. Certo, che cos’ha Renzi di più? In questo momento potrebbe appunto trovarsi di fronte ad una collocazione più favorevole nel mondo Confindustria, nel comparto pubblico; potrebbe trovarsi di fronte ad un’opinione pubblica che forse finalmente crede di aver trovato colui che è capace di dare una svolta alla situazione del Paese. Io su questo aggiungerei anche un altro dato: la severità con cui si legge l’esperienza del governo Letta, a mio avviso, non è sempre giustificata.

D. - Ma secondo lei sarà una crisi rapida?

R. - Se non è rapida, fallisce. Questo contrassegna l’iniziativa Renzi. Questa è una scommessa importantissima, perché arrivare al 2018 con un modo di agire, di incidere, di influenzare rapido, non è facile.

D. - E che cosa rischiamo nei confronti del mondo che ci sta guardando?

R. - Rischiamo tanto, perché Letta ha goduto di una stima dal punto di vista internazionale assolutamente meritata, così come la squadra dei ministri; però, è anche vero che se andiamo a vedere come stanno reagendo le principali testate giornalistiche alle notizie italiane fuori dal nostro Paese, si iniziano ad utilizzare categorie come “demolition man”, “l’uomo della svolta”, “l’uomo della sfida”, “l’uomo al di fuori degli schemi” ... Per cui, forse riusciamo ad attenuare il pregiudizio secondo il quale il presidente del Consiglio dei ministri in Italia ha una data di scadenza che è uguale a quella della bottiglia del latte nel frigorifero, con il fatto che forse adesso si può percepire questo “demolition man” come l’uomo che – forse – può provvedere a quelle riforme che da ci chiedono da tante parti. Questo non ci rassicura: invece di riuscire a fare squadra, noi ancora una volta, abbiamo bisogno di colui che tira fuori il coniglio dal cilindro. Questo, in alcune circostanze va bene; ma quando diventa costume politico, il declino della politica è evidente.







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