E’ stallo alla conferenza di pace sulla Siria: il governo respinge un esecutivo di
transizione
Non si arresta la spirale di violenza in Siria dove, secondo fonti locali, sono state
uccise, nelle ultime 24 ore, oltre 100 persone in scontri tra sunniti e alawiti. Rovente
anche il confine con il Libano. A Ginevra la conferenza di pace è in pieno stallo:
la delegazione del regime ha respinto il piano proposto dalla Coalizione di opposizione,
che prevede la formazione di un "organismo governativo di transizione”. Intanto il
Re Abdallah di Giordania ha avuto un colloquio con il vicepresidente degli Stati Uniti
Joe Biden, a Washington, per agevolare proprio una transizione politica e mettere
fine al conflitto siriano. Marina Calculli:
Da Ginevra Lahdar Brahimi
cerca di rilanciare i negoziati di pace, per ora nessuna delle due parti ha abbandonato
il tavolo, ma di certo i punti di attrito sono molti. Ieri l’opposizione ha presentato
un testo, rifiutato dalla delegazione del regime, che prevede i termini e le modalità
di una transizione politica. Niente riferimenti ad Assad, ma per l’opposizione è chiaro
che in un potenziale ruolo dell’attuale presidente sarebbe impossibile. Intanto a
New York il Consiglio di sicurezza discute una risoluzione con cui ci si impegnava
a rafforzare gli aiuti alla popolazione civile nelle città assediate. La Russia,
alleata principale di Asad, non è d’accordo: “è un testo scollato dalla realtà”. In
questo contesto l’aviazione del regime di Bashar al-Assad sposta le energie al confine
con il Libano: un bombardamento pesantissimo nella città di Yabrud, forse in attesa
di una nuova offensiva sul monte Qalamun da parte dei ribelli. A Homs, invece, prosegue
l’evacuazione dei civili. Il governatore della città Talal Barazi, ha detto che oltre
200 persone sono state evacuate ieri senza incidenti, mentre la croce rossa siriana
ha distribuito razioni di cibo.
Secondo l’Onu da venerdì 1.400 persone
hanno abbandonato la città di Homas. Per un’analisi della drammatica situazione umanitaria,
Marco Guerra ha sentito Silvio Tessari, responsabile dell’ufficio per
il Medio Oriente di Caritas Italia:
R. - L’analisi
che confermiamo è questa: è una situazione che si deteriora sempre più per la semplice
ragione che non ci sono soluzioni in vista, come mi diceva il direttore della Caritas
Siria. C’è un andamento a "onde", per così dire, cioè ci sono dei giorni in cui la
situazione sembra più calma, con poche automobili che escono dalla Siria, e altri
invece in cui ci sono autobus pieni di gente che scappa proprio perché i focolai sono
a macchie di leopardo. Per cui, abbiamo il paradosso: alcune zone sono così tranquille
che la vita è quasi normale e altre zone in cui la situazione è orribile, questo è
ciò che ci riferiscono. A Homs, in particolare, c’era gente che cominciava essere
vicina a morire per la fame.
D. - Perché l’evacuazione a Homs sta procedendo
così lentamente?
R. - Il centro storico di Homs è stato assediato per molti
mesi. Il fatto che adesso ci sia una specie di corridoio che permetta di entrare nella
città vecchia è però una strada di potere in più. E quindi questa viene vista come
possibilità di acquistare maggior potere da entrambe le parti, sia dal governo che
dalle opposizioni. Morale: non si sa esattamente a chi vadano gli aiuti. Questo è
ciò che mi è stato detto. Il corridoio umanitario diventa una possibile di preda,
no? Di viveri, di beni di prima necessità, e ogni parte ha interesse ad appropriarsene.
Ecco perché non è facile che questi corridoi funzionino veramente e che la gente esca
veramente, perché non tutti sono d’accordo su chi debba uscire prima. È addirittura
un’occasione ulteriore di conflitto.
D. - Non solo Homs, la Siria è tutta un
focolaio. Quali sono le situazioni più critiche?
R. - I conflitti più evidenti
si riaccendono a momenti. Indubbiamente, la zona di Homs rimane la più critica, ma
poi anche il nord, alcune zone di Aleppo… É una situazione che varia: ad esempio,
al sud la situazione è più tranquilla, ma non ci si può mai aspettare un comportamento
normale.
D. - Al terzo giorno di colloqui del secondo round di "Ginevra 2"
non emergono risultati positivi. Voi che cosa chiedete alla parti e alla comunità
internazionale che sta negoziando?
R. - Il commento dopo "Ginevra 2" da parte
della Caritas Siria è proprio riassunto in tre parole: niente di speciale. Ginevra
non ha praticamente avuto nessun effetto neanche di speranza, di prospettiva positiva
per la popolazione locale, che naturalmente vede la situazione da questo punto di
vista: finché le parti in conflitto non si mettono d’accordo, per noi sarà sempre
peggio. Ci sono già diversi milioni di profughi all’estero, quattro milioni di sfollati
interni. Quindi, per i prossimi mesi, se veramente non cambia l’impatto che la Comunità
internazionale può avere sulle parti in conflitto, dobbiamo aspettarci ulteriori migliaia
e migliaia di profughi che verranno prima nei Paesi vicini e poi anche altrove.