Crisi siriana. Altri tre giorni per evacuare Homs. Pesanti combattimenti al confine
con il Libano
E' stato prorogato di altri tre giorni il cessate-il-fuoco umanitario in vigore da
venerdì scorso a Homs, in Siria, per consentire l'evacuazione dei civili e la consegna
di aiuti di emergenza. In questo scenario, la Russia ha presentato al Consiglio di
Sicurezza Onu una controproposta di risoluzione sulla crisi dopo aver respinto nei
giorni scorsi quella sulla situazione umanitaria elaborata da Lussemburgo, Australia
e Giordania. Intanto, alla conferenza di pace di Ginevra rimane lo stallo tra la delegazione
del regime e quella dei gruppi di opposizione, mentre continuano gli scontri in varie
parti della Siria: pesanti bombardamenti si registrano al confine con il Libano, dove
ggi ricorre il 9° anniversario dell’uccisione dell’ex premier Rafīq al-Hariri. Massimiliano
Menichetti ha raggiunto telefonicamente a Tripoli, in Libano, Misbah al Ahdab,
presidente del movimento "Moderazione Civile":
R. – Sicuramente,
l’assassinio del presidente Hariri è stato un momento cruciale nella nuova politica
libanese, perché in questi nove anni c’è stata una serie di assassinii e Hezbollah
è stato maggiormente capace di riempire il vuoto lasciato dopo l’assassinio di Hariri.
E poi, con quello che è incominciato nella regione – in Siria – tre anni fa, tutta
la gestione delle istituzioni libanesi è controllata ed usata per appoggiare il regime
in Siria: e questo è normale perché per 40 anni i servizi siriani sono stati capaci
di introdurre in tutti i posti importanti dell’amministrazione libanese persone fedeli
ad essi.
D. – Spesso si dice: il problema in Libano è che ci sono scontri tra
alawiti e sunniti. Però, così non è?
R. – No, sicuramente non è. Viviamo un
problema del controllo delle istituzioni libanesi, per appoggiare il regime in Siria.
Da una parte c’è un fronte con Iran, Hezbollah e regime siriano, dall’altra parte
c’è uno scontro tra Iran e Paesi del Golfo, sicuramente. Adesso si parla di fare un
intervento da parte dello Stato, distruggendo intere zone del Libano: un po’ quello
che abbiamo visto fare a Quseir. Sotto l’alibi che c’erano gruppi armati, hanno distrutto
una città intera …
D. – In Libano, non si trova un accordo per il nuovo governo:
perché?
R. – Un accordo per il nuovo governo non si fa perché un accordo su
come gestire il Paese non esiste ancora.
D. – E in più, per Hezbollah bisogna
accettare questa dichiarazione in cui, di fatto, si riconoscono i propri combattenti,
mentre gli altri sono terroristi …
R. – Hezbollah cerca di imporre questa dichiarazione
a tutti i gruppi politici. La dichiarazione è la seguente: qualsiasi persona riconosciuta
resistente, dunque un paramilitare riconosciuto dalla parte di Hezbollah, non può
essere arrestato, e qualsiasi altra persona che venga trovata con una pistola, se
non è riconosciuta dalla parte di Hezbollah come resistente, diventa terrorista. Hezbollah
vuole quello che qui chiamano "il popolo, l’esercito e la resistenza". La domanda
è la seguente: vogliamo uno Stato che vieta le armi che non sono legali, o vogliamo
accettare gruppi paramilitari?
D. – Come vive la popolazione libanese il conflitto
in Siria?
R. – Pensiamo sinceramente che ci sia la possibilità di poter dissociare
il Libano da quello che sta succedendo in Siria, però Hezbollah cerca di usare tutte
le istituzioni per appoggiare il proprio intervento in Siria, e questo lo fa per salvare
Assad.
D. – A fronte di questa situazione, la pace è possibile?
R. –
Ma sicuramente! Dopo il caos c’è sempre un compromesso: bisogna solamente sapere se
il compromesso sarà un compromesso intelligente, che potrà proteggere tutte le minoranze,
tutti i civili in questa parte del mondo, o se vogliamo fare un compromesso per cercare
di creare una radicalizzazione a lungo termine, che non esiste adesso perché – sinceramente
– non c’è il tessuto sociale pronto a farlo. La storia islamica di questa parte del
mondo è “sufi”, non è “salafita” …