Venerdì 14 febbraio alle ore 21:30 (replica alle 4:30 del 15/2) “La Voce Umana” di
Paolo Di Nicola proporrà una silloge dei brani e degli interpreti più belli e più
bravi del repertorio operistico, che gli ascoltatori più assidui hanno detto di preferire
in tanti anni di programmazione. Sarà l’occasione per risentire grandi voci del passato
come quella di Rosanna Carteri che suonava di bel timbro, morbida, dagli accenti schietti
e dai fraseggi sfumati: si presenterà nel finale de «La Bohème» di Giacomo Puccini
insieme al tenore Ferruccio Tagliavini. In scaletta ci sarà anche Montserrat Caballé
che eseguirà “O mio babbino caro” da «Gianni Schicchi» sempre di Puccini, con il suo
caratteristico canto alato e ricco di piani e pianissimi eterei. Seguiranno poi: la
voce sontuosa, brunita e omogenea di Jessye Norman (che interpreterà “la ballata di
Senta” da «L’olandese volante» di Richard Wagner) e la voce chiara e squillante ma
di tecnica solidissima di Natalie Dessay, che andrà sopra e sotto le righe del pentagramma
secondo quanto Gaetano Donizetti richiese alla sua primadonna nella scena della pazzia
per la versione francese di «Lucia di Lammermoor». Sul versante maschile ascolteremo
Alfredo Kraus in un proprio cavallo di battaglia: “Je crois entendre encore” da «Les
pêcheurs de perles» di Georges Bizet, una pagina che richiede pulizia e stile di canto
impeccabili, acuti squillanti e suoni rinforzati e smorzati a tutte le altezze. Oltre
alle preferenze degli ascoltatori “La Voce Umana” di questo secondo venerdì di febbraio
proporrà anche alcune predilezioni del suo conduttore: l’ondeggiante e malinconico
duetto per tenore e baritono “Au fond du temple saint” ancora da «Les pêcheurs de
perles» e ancora interpretato da Alfredo Kraus (con Sesto Bruscantini); l’arditissima
aria di vendetta “Ah se il crudel periglio” da «Lucio Silla» di Wolfgang Amadeus Mozart,
con i suoi interminabili vocalizzi da eseguire con una sola ripresa di fiato; “Glitter
and be gay” l’aria di Cunegonde da «Candide» di Leonard Bernstein (un tripudio di
verve, simpatia e agilità fantasmagoriche); “Quel sangue versato” la cabaletta finale
del «Roberto Dèvereux» di Donizetti (un’altra scena di follia, affidata a ossessivi
frammenti melodici cantati da una Beverly Sills particolarmente ispirata e partecipe)
e per finire Bryn Terfel che piega a morbidezze e a flessuosità inaudite la sua voce
rigogliosa, scura e dai tratti “tenebrosi”, per intonare la preghiera di Wolfram
alla “dolce stella del vespero” (da «Tannhäuser» di Wagner).