Appello della Comunità di Sant'Egidio: subito la pace in Colombia
50 anni di guerra, oltre 200 mila morti: sono i numeri del devastante conflitto in
Colombia che non ha risparmiato né bambini, né anziani, né donne. Una guerra combattuta
anche dai più piccoli, arruolati come soldati, che ha visto migliaia di rapimenti
l'anno e che ha prodotto tre milioni di profughi interni in un Paese grande tre volte
l'Italia e che conta 47 milioni di abitanti. Ora, la Colombia si trova di fronte alla
possibilità di una svolta con il negoziato che dal 2012 si svolge all’Avana, a Cuba,
tra il governo colombiano del Presidente Santos e la guerriglia delle Farc. Cinque
i punti dell’agenda, su due è stato raggiunto già l’accordo. La Comunità di Sant’Egidio
ha presentato un appello per la pace nel Paese, al quale hanno già aderito diverse
personalità internazionali, tra loro anche i due premi Nobel per la pace, Pérez Esquivel
e Desmond Tutu. Francesca Sabatinelli ha intervistato Marco Garofalo
,responsabile relazioni internazionali Comunità di Sant’Egidio:
R. – E' un processo
che si sta rivelando lungo, difficile, ma che rappresenta una grande novità per quel
Paese che è afflitto da oltre 50 anni da un conflitto interno. La grande novità è
che questo incontro – nonostante la durata – sta funzionando: sono stati raggiunti
degli accordi importanti su due dei sei punti dell’agenda negoziale. Quindi, secondo
noi, è oggi il momento giusto per esprimere il sostegno a questo sforzo di entrambe
le parti. Sappiamo bene che ci sono stati nella storia di questo conflitto altri tentativi
– l’ultimo quello del presidente Pastrana – di risolvere in maniera negoziale. Purtroppo,
però, questo non si è mai avverato e anzi in molti hanno poi puntato sull’opzione
militare. Oggi, questo negoziato offre segnali positivi sebbene, lo ricordiamo, è
un negoziato confidenziale del quale si sa poco. Però, noi di Sant’Egidio, insieme
a tutti quelli che hanno voluto firmare l’appello, vogliamo esprimere la solidarietà
a chi ha puntato sul dialogo e ribadire il fatto che questa soluzione negoziale è
l’unica possibile.
D. – Sono stati raggiunti due "sì": uno è quello sulla
partecipazione politica, ossia ci si impegna a far partecipare attivamente anche coloro
che finora sono stati dalla parte delle guerriglia delle Farc. Qual è l’altro punto?
R.
– L’altro è quello sulle politiche agricole. Non si conoscono tutti i dettagli di
questi accordi, però è stato comunicato un accordo di massima su questi due punti.
Mi sembrano due fatti molto positivi: primo, perché l’agricoltura è molto importante
per quel Paese e, secondo, perché è parte essenziale di ogni negoziato il fatto che
chi fino adesso ha agito in una logica di opposizione armata possa rientrare in un
dialogo politico. Lo abbiamo visto in molti conflitti, anche quelli in cui Sant’Egidio
ha negoziato. Penso al Mozambico, ma anche alla stessa Colombia, dove sappiamo che
antichi movimenti di guerriglia – ora non più esistenti – hanno poi dato origine a
formazioni politiche. Quindi, non è una novità, ma è una cosa essenziale. Il terzo
punto, quello che si sta per negoziare, riguarda le politiche di lotta alla droga
e sappiamo quanto sia importante questo punto in un Paese che purtroppo è produttore
di sostanze stupefacenti. C’è bisogno di riconvertire le coltivazioni, c’è bisogno
di sostenere la popolazione contadina in questo, ma c’è bisogno anche dell’accordo,
evidentemente.
D. – Cinquant'anni di guerra, due anni circa dall’inizio di
questo negoziato, voi sperate nel dialogo tra le parti. Qual è, però, la speranza
che veramente vi supporta? Perché sappiamo benissimo che i trattati si possono fare,
ma si possono anche non rispettare...
R. – Questo è vero. E’ però anche vero
che quando ci sono notizie positive bisogna insistere su queste e bisogna appoggiarle.
Al contrario di altri episodi, questo negoziato sta avendo dei risvolti positivi e
ci è sembrato – per averlo seguito con attenzione da molto tempo – che queste novità
siano sostanziali e degne di fiducia. Certo, è vero, tutto si può smentire, anche
le firme apposte il giorno prima. Però, a maggior ragione c’è bisogno di circondare
quelli che stanno facendo questi sforzi di negoziazione di una simpatia internazionale.
E le molte firme dell’appello lo dimostrano. Ricordo molti ex capi di Stato, fra cui
il presidente Chirac, la presidente Mary McKally dell’Irlanda, il presidente di Capo
Verde, i premi Nobel: c’è un sostegno morale a questo negoziato che noi oggi abbiamo
la volontà di ribadire. E’ chiaro che un accordo generale di pace, che speriamo si
ottenga a breve, avrà bisogno di una implementazione. Quello che intendiamo noi oggi
dire è, proprio perché conosciamo, perché siamo presenti e perché conosciamo la storia
di questo negoziato, qualora ci fosse bisogno noi siamo pronti per l’implementazione
degli accordi. Ma per adesso si tratta solo di un sostegno morale e di simpatia a
quelli che fanno sforzi di pace. Tutto il Sudamerica ha bisogno di una Colombia stabile
e in sviluppo. Questo al momento non c’è, ma speriamo si possa raggiungere al più
presto.