De Bortoli: la rinuncia di Benedetto XVI gesto profetico, ha aperto la via a Francesco
Un anno fa, la notizia della rinuncia di Benedetto XVI ebbe un impatto mediatico straordinario
in tutto il mondo. Molte analisi e commenti furono inevitabilmente condizionate dall’emozione
e dalla oggettiva difficoltà del doversi confrontare con un avvenimento al quale,
come fu scritto, “non si era preparati”. A dodici mesi di distanza, Alessandro
Gisotti ha chiesto al direttore del Corriere della Sera, Ferruccio De Bortoli,di ritornare a riflettere su quel gesto epocale, anche alla luce del Pontificato
di Papa Francesco:
R. – Io in quel
giorno, l’11 febbraio 2013, rimasi colpito. Avevo in mente la fatica e il dolore di
Giovanni Paolo II e pensavo che in qualche modo quello dovesse essere il destino di
ogni Pontefice. Forse, sono stato condizionato da questo anche nello scrivere l’editoriale
del giorno dopo, che aveva come titolo “Una fragile grandezza”. Ora, un anno dopo,
devo dire che quell’aggettivo “fragile” forse non era del tutto appropriato, nel senso
che, anche rileggendo quello che abbiamo scritto non soltanto noi, sulla fatica, sul
dolore di adottare una simile decisione, c’è un grandissimo gesto di amore nei confronti
della Chiesa, di innovazione del suo corso storico e devo dire quasi un gesto di carattere
rivoluzionario.
D. – Si può dire, in qualche modo, che il Pontificato davvero
straordinario di Papa Francesco sia iniziato non il 13 marzo, ma l’11 febbraio dell’anno
scorso?
R. – Credo di sì, perché è una svolta così radicale che forse è stata
preparata anche dalla rinuncia di quello che era stato il suo principale "contendente”
nel Conclave precedente. C’è, quindi, come una sorta di "staffetta del cambiamento",
di un paradigma anche del governo della Chiesa. Noi abbiamo vissuto un anno incredibilmente
ricco di novità, un anno all’insegna della tenerezza, un anno all’insegna dell’abbraccio
universale. Credo che, giustamente, in quella rinuncia ci fosse anche una sorta di
atto profetico: cambierà molto, cambierà tutto, arriverà un Papa "diverso”… perché
le due persone nella loro grandezza sono diverse. La Chiesa, però, riesce sempre a
stupirci per la sua giovinezza di pensiero.
D. – A un anno di distanza, con
le emozioni chiaramente più raffreddate, secondo lei sotto il profilo della comunicazione
quale lezione si può aver ricevuto da quel giorno, dall’11 febbraio del 2013?
R.
– Credo che anche lì ci sia stata una prorompente novità nella comunicazione della
Chiesa, che forse ha preparato anche le novità successive, perché non eravamo ovviamente
abituati ad annunci di questo tipo, non eravamo abituati nemmeno a vivere un rapporto
con il Santo Padre così diverso, così intenso e così personale, come quello che stiamo
vivendo in questo anno. Sembra, infatti, che Papa Francesco parli con ciascuno di
noi. E la comunicazione che si è instaurata dopo l’11 febbraio è come se ad un certo
momento fosse una comunicazione personale: tutti facciamo parte del gregge del Signore
e siamo un popolo grandissimo, però c’è un rapporto personale con il Santo Padre,
che dà la sensazione, qualche volta dà la prova, di poter parlare con ciascuno di
noi.