Veglia di preghiera per la Siria a Roma. Mons. Marayati: "Crediamo ancora nella pace"
Si è pregato per la Siria domenica sera a Roma: nella parrocchia di Santa Maria in
Portico in Campitelli, una veglia è stata presieduta dal vescovo ausiliare di Roma
mons. Matteo Zuppi. I fedeli e religiosi presenti hanno pregato per la pace nel Paese
mediorientale e la liberazione di tutti i rapiti, in particolare i due sacerdoti padre
Michel Kayyal e padre Maher Mahfouz, il vescovo siro-ortodosso di Aleppo, Gregorios
Youhanna Ibrahim, e il vescovo greco-ortodosso di Aleppo e Iskenderun, Bouloz Yaziji,
le suore di Maalula e padre Paolo Dall’Oglio, gesuita romano. Per noi c’era Davide
Maggiore:
“Beati quelli
che sono nel pianto, perché saranno consolati, beati i miti, perché avranno in eredità
la terra… Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Il “discorso
della montagna”, tratto dal Vangelo di Matteo, insieme ai canti della comunità di
Taizé, ha accompagnato la meditazione di quanti si sono raccolti in preghiera. Questa
la riflessione di mons. Matteo Zuppi:
“Non c’è felicità e non c’è
beatitudine senza lavorare per la pace, senza scegliere di stare dalla parte di chi
è afflitto, di chi deve essere consolato, non c’è felicità chiudendosi nella bolla
di sapone o diventando spettatori. Il rischio di fronte alle guerre e anche alla guerra
in Siria è di essere distratti, di non vivere la tragedia di quel Paese. Lavorare
per la pace vuol dire perlomeno fare nostra la domanda, il gemito di dolore, e intercedere
per la Siria”.
Oltre all’intercessione per la Siria e per i popoli del
Medio Oriente - perché abbandonino ogni divisione e costruiscano un futuro di giustizia
e pace - a un anno dal sequestro dei due sacerdoti di Aleppo, si è chiesta la liberazione
loro e di tutti gli ostaggi del conflitto siriano. Ancora mons. Zuppi:
“Molti
di loro li conoscevamo, sono amici, persone che, come i due vescovi, in realtà cercavano
di liberare altri. Ci aiutano a capire la tragedia di questo Paese che è interamente
prigioniero della violenza e della guerra”.
Della situazione in Siria ha
dato testimonianza mons. Boutros Marayati, l’arcivescovo armeno cattolico di
Aleppo, che ha parlato di una città “martire”, i cui abitanti sono “senza acqua, senza
luce, senza cibo, senza medicine né riscaldamento”:
“Ma noi ancora crediamo
nella pace, ancora crediamo che Dio è con noi e non ci lascia mai. Crediamo nella
forza della preghiera. Crediamo nei miracoli!”.
La preghiera dei religiosi
e dei fedeli di Roma è una consolazione per il popolo sirano, ha proseguito l’arcivescovo:
“Dirò
ai miei fedeli: non abbiate paura, non lasciate il Paese, credete nel Signore e il
Signore ascolterà il grido di tutti coloro che vivono la guerra e aspettano la pace”.
Sul
valore della preghiera si è soffermato anche mons. Zuppi, a partire dalla parabola
evangelica della vedova insistente:
“Non può che essere così. Chi vuole
giustizia e chi è colpito dalla sofferenza chiede con insistenza finché non ottiene.
È quello che noi dobbiamo far nostro, ciò che il Signore ci insegna, cioè a essere
insistenti. Per noi che siamo spesso molto più rapidi, ci stanchiamo subito, questa
insistenza ci aiuta ad andare in profondità e scegliere davvero di pregare per la
Siria”.