Iniziativa del Cuamm per garantire un parto sicuro alle mamme africane
Poche decine di euro potrebbero bastare a garantire a una madre africana un parto
sicuro in una struttura sanitaria adeguata. Da questa consapevolezza sono partiti
i “Medici con l’Africa – Cuamm” per lanciare un’iniziativa di solidarietà e informazione
rivolta alle partorienti e al personale sanitario italiano. È il progetto “Una vita
per una vita” e, nell’intervista di Davide Maggiore, ce ne spiega lo spirito
don Dante Carraro, direttore del Cuamm:
R. - Lo spirito
è proprio un inno di lode alla vita, alla vita dono di Dio. Ci sono mamme del nostro
continente, penso anche all’Italia, che partoriscono con l’aiuto di tante persone
competenti, capaci tra cui medici, ostetriche, infermieri che la accompagnano nel
percorso della gravidanza fino al parto, affinché questa vita ricevuta possa trasformarsi
in una vita donata. Quindi attraverso un piccolo dono consentire anche ad una mamma
che vive nella parte Sud del nostro pianeta di partorire, anche lei, una creatura.
Abbiamo calcolato che costa 40 euro mettere una mamma che vive in un villaggio in
condizioni tali da poter accedere all’ospedale e all’accompagnamento di personale
qualificato per il parto.
D. - Questo progetto “Una vita per una vita” è legato
anche al progetto “Prima le mamme e i bambini” del Cuamm che appunto si svolge in
quattro Paesi africani con uno scopo ben preciso…
R. - Questo programma “Prima
le mamme e i bambini” si concentra attualmente in quattro Paesi dell’Africa - Etiopia,
Uganda, Tanzania, Angola - dove ci impegniamo ad assicurare l’accesso gratuito ad
un parto sicuro per la mamma e la cura del neonato. Avremo così due vite salvate,
perché la mortalità materna e quella infantile sono particolarmente elevate proprio
nel momento del parto. Per questo chiediamo l’aiuto di tutti, in particolare attraverso
l’iniziativa “Una vita per una vita”.
D. - Tornando al progetto, vi rivolgete
alle mamme italiane per un sostegno concreto ma da parte vostra, all’interno degli
ospedali, fate anche informazione su queste situazioni africane. Perché questa scelta?
R.
- Noi tendenzialmente chiediamo prima di tutto consapevolezza, chiediamo prima di
tutto mobilitazione dell’intelligenza del cuore; condivisione attorno ad un valore
che è il valore grande della vita e della solidarietà. In questo senso, allora, è
importante che alle mamme italiane che partoriscono possano essere forniti elementi
di comprensione del problema e per far questo abbiamo coinvolto le ostetriche, i ginecologi
e le strutture sanitarie in modo che sia proprio il personale sanitario a coinvolgere,
informare le mamme che poi partoriscono. La formazione poi la facciamo anche nel Continente
africano per dare continuità al progetto, in modo che possa camminare con le proprie
gambe.
D. - Quale risposta avete avuto per ora negli ospedali coinvolti?
R.
- Per chi fa il lavoro di ginecologo da una parte, ed ostetrica dall’altra pensare
che il loro lavoro serva a moltiplicare la vita è davvero una gioia. Sapere che gli
interventi che fanno in un ospedale italiano, gli stessi gesti possono essere trasferiti
anche nel Continente africano sta suscitando interesse, coinvolgimento e motivazione.
Abbiamo iniziato questo progetto nel Nord-Est - Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino
- adesso l’abbiamo lanciato in Lombardia, lo stiamo lanciando in Piemonte e ci stiamo
per muovere anche a Roma. L’idea è proprio quella di proporlo a tutti, perché la solidarietà
a sua volta genera fiducia, voglia di affrontare le difficoltà; parlo anche del nostro
Paese. Quindi deve essere un circuito virtuoso di solidarietà perché la solidarietà
fa bene a noi e a chi la riceve.