2014-02-08 16:08:20

Iniziativa del Cuamm per garantire un parto sicuro alle mamme africane


Poche decine di euro potrebbero bastare a garantire a una madre africana un parto sicuro in una struttura sanitaria adeguata. Da questa consapevolezza sono partiti i “Medici con l’Africa – Cuamm” per lanciare un’iniziativa di solidarietà e informazione rivolta alle partorienti e al personale sanitario italiano. È il progetto “Una vita per una vita” e, nell’intervista di Davide Maggiore, ce ne spiega lo spirito don Dante Carraro, direttore del Cuamm:RealAudioMP3

R. - Lo spirito è proprio un inno di lode alla vita, alla vita dono di Dio. Ci sono mamme del nostro continente, penso anche all’Italia, che partoriscono con l’aiuto di tante persone competenti, capaci tra cui medici, ostetriche, infermieri che la accompagnano nel percorso della gravidanza fino al parto, affinché questa vita ricevuta possa trasformarsi in una vita donata. Quindi attraverso un piccolo dono consentire anche ad una mamma che vive nella parte Sud del nostro pianeta di partorire, anche lei, una creatura. Abbiamo calcolato che costa 40 euro mettere una mamma che vive in un villaggio in condizioni tali da poter accedere all’ospedale e all’accompagnamento di personale qualificato per il parto.

D. - Questo progetto “Una vita per una vita” è legato anche al progetto “Prima le mamme e i bambini” del Cuamm che appunto si svolge in quattro Paesi africani con uno scopo ben preciso…

R. - Questo programma “Prima le mamme e i bambini” si concentra attualmente in quattro Paesi dell’Africa - Etiopia, Uganda, Tanzania, Angola - dove ci impegniamo ad assicurare l’accesso gratuito ad un parto sicuro per la mamma e la cura del neonato. Avremo così due vite salvate, perché la mortalità materna e quella infantile sono particolarmente elevate proprio nel momento del parto. Per questo chiediamo l’aiuto di tutti, in particolare attraverso l’iniziativa “Una vita per una vita”.

D. - Tornando al progetto, vi rivolgete alle mamme italiane per un sostegno concreto ma da parte vostra, all’interno degli ospedali, fate anche informazione su queste situazioni africane. Perché questa scelta?

R. - Noi tendenzialmente chiediamo prima di tutto consapevolezza, chiediamo prima di tutto mobilitazione dell’intelligenza del cuore; condivisione attorno ad un valore che è il valore grande della vita e della solidarietà. In questo senso, allora, è importante che alle mamme italiane che partoriscono possano essere forniti elementi di comprensione del problema e per far questo abbiamo coinvolto le ostetriche, i ginecologi e le strutture sanitarie in modo che sia proprio il personale sanitario a coinvolgere, informare le mamme che poi partoriscono. La formazione poi la facciamo anche nel Continente africano per dare continuità al progetto, in modo che possa camminare con le proprie gambe.

D. - Quale risposta avete avuto per ora negli ospedali coinvolti?

R. - Per chi fa il lavoro di ginecologo da una parte, ed ostetrica dall’altra pensare che il loro lavoro serva a moltiplicare la vita è davvero una gioia. Sapere che gli interventi che fanno in un ospedale italiano, gli stessi gesti possono essere trasferiti anche nel Continente africano sta suscitando interesse, coinvolgimento e motivazione. Abbiamo iniziato questo progetto nel Nord-Est - Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino - adesso l’abbiamo lanciato in Lombardia, lo stiamo lanciando in Piemonte e ci stiamo per muovere anche a Roma. L’idea è proprio quella di proporlo a tutti, perché la solidarietà a sua volta genera fiducia, voglia di affrontare le difficoltà; parlo anche del nostro Paese. Quindi deve essere un circuito virtuoso di solidarietà perché la solidarietà fa bene a noi e a chi la riceve.







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