Morto lo scrittore Eugenio Corti. Mons. Luigi Negri: "Un esempio, ha combattuto per
il Regno"
Si svolgeranno sabato alle 10.30 nella Basilica di Besana Brianza, in provincia di
Monza, i funerali dello scrittore cattolico Eugenio Corti, morto nella notte tra martedì
e mercoledì scorsi all'età di 93 anni nella sua abitazione. Noto per i suoi romanzi
storici, tra i quali “Il cavallo rosso”, tradotto in nove lingue e giunto alla 28.ma
ristampa per le Edizioni Ares. Tra i saggi più noti si ricordano: “Il fumo nel tempio”,
“I poveri Cristi”, “Il Medioevo e altri racconti”. Il servizio di Paolo Ondarza: “Non voglio
una tomba duratura, meglio la nuda terra, perché il corpo con cui risorgeremo non
è quello con cui moriamo". Eugenio Corti pensava così al giorno della sua sepoltura
immaginando l'epitaffio: “Ha combattuto per il Regno”. "Sono conscio di non avere
combattuto bene - diceva - però è fuori discussione che ho combattuto”. Nato nel 1921
a Besana Brianza, primo di dieci figli, nel romanzo storico “Il cavallo rosso”, tradotto
e apprezzato in tutto il mondo, lo scrittore ripercorre, memore dell’esperienza sul
fronte, la storia della generazione sopravvissuta alla Seconda guerra mondiale, fra
difficoltà e persecuzioni. I riconoscimenti gli giungono solo negli ultimi anni di
vita: lo scorso anno il presidente della Repubblica Napolitano lo aveva insignito
della “Medaglia d’oro per la cultura e l’arte”, mentre recentemente era stata proposta
la sua candidatura al Premio Nobel per la letteratura. Tra i promotori mons. Luigi
Negri, arcivescovo di Ferrara-Comacchio che ha definito Corti "un esempio e un
maestro":
R. – Eugenio Corti è stato un laico, un evangelizzatore ed un educatore.
Ci conosciamo da più di 40 anni, dai tempi del referendum sul divorzio: quando un
piccolo manipolo di cattolici e uomini di cultura si è dato da fare per sostenere
quella che era certamente una battaglia di civiltà, anche se poi si è conclusa negativamente.
Io lo ho sempre considerato un punto di riferimento sostanziale nel mio cammino culturale
e anche pastorale.
D. – Il riscontro del valore di Corti c’è stato per quanto
riguarda la diffusione di quello che è considerato il suo capolavoro, “Il cavallo
rosso”, tradotto in nove lingue in tutto il mondo e giunto alla 28.ma ristampa…
R.
– “Il cavallo rosso” è la grande epopea del popolo cristiano della Brianza: qui non
si vedono soltanto i protagonisti positivi, ma Corti ha saputo scrivere con molta
pietas anche i fenomeni di smarrimento e di tradimento soprattutto a livello
intellettuale, che hanno favorito la lenta ed inevitabile crisi di tanta cattolicità
italiana. Le pagine sull’ambiente dell’Università Cattolica, dei suoi anni di studente,
sarebbero da rileggere oggi per ritrovare, al di là degli pseudonimi, i volti e i
nomi di coloro che hanno avuto la gravissima responsabilità di attivare quel dualismo
fra fede e cultura, fede ed impegno umano che è poi stato l’origine di tante crisi.
D. – E’ questa la sua attualità?
R. – La sua attualità è nel suo essere
stato uno che ha combattuto per il Regno. Benedetto XVI diceva che “se non
c’è battaglia, non c’è cristianesimo”. Ma la battaglia è da intendere in positivo
e il positivo è il Regno. Lo scontro avviene dove siamo contestati e non è
il nostro obiettivo: è una condizione del nostro cammino di cristiani nel mondo.
D.
– I riconoscimenti giungono ad Eugenio Corti solo negli ultimi anni di vita…
R.
– Ha subito l’emarginazione tipica del cristiano presente attivamente. Quando cominciò
tutto il lavoro – cui io detti la mia approvazione e il mio aiuto – per il Premio
Nobel gli dissi: “Non te lo daranno mai, Eugenio, perché sei una presenza scomoda!”.
D. – Corti ha smascherato le tante ambiguità del pensiero post-moderno laicista,
così come a livello di storiografia, le errate interpretazioni sul Medio Evo …
R.
– Certo. Il suo capolavoro letterario è “Il cavallo rosso”, ma a livello critico il
suo “Processo e morte di Stalin”: rimane una lettura di una profondità assoluta del
fenomeno ideologico marx-leninista.
D. – Non va dimenticata, infatti, la saggistica…
R.
– Sì. Quella sul marxismo e sul leninismo e quell’altra sulla crisi della cattolicità,
“Il fumo nel tempio”. La fede vera giudica la realtà: non nel senso di condannarla,
giudica nel senso di farla comprendere.
D. – Eugenio Corti, quindi, lascia
all’uomo e alla donna di oggi un'importante eredità, un’importante testamento…
R.
– Lascia come messaggio l’assoluta eccezionalità, irriducibilità al contesto mondano
dell’avvenimento di Cristo: “Sono venuto, perché abbiano la vita e l’abbiano piena”.
Eugenio Corti lo ha testimoniato tutti i giorni della sua vita, nel suo lavoro per
la difesa e la comunicazione della fede, come condizione autentica di una vita autenticamente
umana.