Madrid. A p. Lombardi il Premio "Bravo" per il suo lavoro a capo della Sala Stampa
Vaticana
“Il ‘portavoce’ è colui che incarna nella comunicazione pubblica di volta in volta
il pensiero, i giudizi e le scelte della comunità della Chiesa”. Così si è espresso
padre Federico Lombardi, direttore della sala Stampa Vaticana, nel ricevere ieri a
Madrid il premio "Bravo" 2013, che gli è stato assegnato dalla Conferenza episcopale
spagnola per aver reso “un valido servizio alla comunicazione della Chiesa” nell’avvicinare
l’istituzione ecclesiale ai media. Il servizio di Roberta Gisotti:
Prima i ringraziamenti
a nome di tutti i premiati in questa 42.ma edizione del Premio "Bravo", che si sono
distinti “per il servizio alla dignità dell’uomo, ai diritti umani e ai valori evangelici”.
“I comunicatori cristiani – ha detto padre Lombardi – hanno il privilegio di essere
chiamati a un’attività, a un impegno che può unirsi in una sintesi profonda con il
senso della missione della Chiesa”.
Poi, un lungo, articolato intervento sul
ruolo e il lavoro quotidiano della Sala Stampa Vaticana, arricchito di riflessioni
personali dettate dall’esperienza sul campo in anni intensi, appassionanti, di sfide
e novità da sperimentare nel rapporto tra Chiesa e società odierna, in tutte le sue
dimensioni. Un rapporto mediato in quel “luogo di incontro e servizio” per “rispondere
alle attese dei comunicatori” e per “entrare in dialogo con loro”, così come venne
concepita - negli anni del Concilio Vaticano II - la Sala Stampa Vaticana, che oggi
conta circa 600 tra giornalisti, fotografi e cameramen accreditati permanenti, che
sono diventati fino a seimila nei passaggio di Pontificato.
Operatori dei
media con atteggiamenti e posizioni molto diverse sul piano religioso, ideologico
o politico verso il Vaticano. Ma “noi offriamo a tutti – ha rassicurato padre Lombardi
– le stesse possibilità di informare bene, di capire i contenuti e le intenzioni che
animano il Papa, i suoi collaboratori e la Chiesa. I giornalisti hanno la loro responsabilità
e libertà nell’uso e nell’interpretazione delle informazioni e noi la dobbiamo rispettare”,
“senza dimostrare preferenze per gli uni o per gli altri”. “Io credo – ha aggiunto
– che la sala Stampa non può e non deve essere l’unica fonte di comunicazione vaticana”,
ma debba puntare a essere “un punto di riferimento” “attendibile e sicuro”. Io “sono
contrario – ha spiegato – a uno spirito di centralismo e di controllo eccessivo o
ossessivo”. Ed “è giusto e normale che i giornalisti possano rivolgersi e parlare
liberamente” con altri ecclesiastici.
Infine, alcune sottolineature fatte
con il cuore: per il portavoce vaticano – ha detto – avere “un atteggiamento amichevole
e rasserenante, non è un lusso ma un dovere” verso tante persone che hanno un contatto
con la Chiesa solo attraverso i media. Per questo, occorre un “linguaggio chiaro,
semplice e comprensibile”, “essere se stessi”, “sempre veritieri e schietti”, dare
risposta alle domande, senza “attendere troppo” per generare credibilità e fiducia,
e curare “la tempestività” ad evitare di far crescere ondate di agitazione e lasciar
diffondere “informazioni false o inesatte poi difficili da rettificare”. Infine, un
invito alla riservatezza, che nel mondo attuale “non esiste o non è considerata un
valore”. Ma poi non lamentiamoci – ha concluso – “se circolano notizie che noi stessi
abbiamo dato”.