Italia. "Disagio occupazionale" per 7 milioni di persone. Alla Camera documento sul
lavoro
Sono 7 milioni gli affetti da “disagio occupazionale” in Italia. Lo rileva l’indagine
conoscitiva sull’emergenza occupazionale condotta dalla Commissione Lavoro della Camera
e introdotta ieri a Montecitorio dalla presidente, Laura Boldrini. il servizio di
Francesca Sabatinelli:
Il disagio
occupazionale in Italia conta sette milioni di persone. Il dato preoccupante riportato
nel testo della Commissione lavoro, e citato da Laura Boldrini, conferma inoltre
il divario tra il centronord e il meridione. Si legge poi dell'emergere un problema
di disoccupazione definita “adulta”: se il 38% di disoccupati è giovane, al di sotto
dei 29 anni, il 35% è oltre i 39, mentre il resto dei senza lavoro si trova fra i
30 i 39 anni. Occorre una strategia che blocchi una logica di emergenza, ha detto
la presidente della Camera, invitando a impegnarsi con coraggio e nell’ottica di taglio
degli sprechi. La Boldrini poi ha espresso le sue perplessità sulla soluzione affidata
all’introduzione di contratti flessibili. Che tipo di occupazione hanno creato queste
misure, si chiede dunque la presidente della Camera. Risponde Michele Tiraboschi,
professore di Diritto del Lavoro all’Università di Modena:
R. – Abbiamo avuto,
nel corso degli ultimi 10-15 anni, molti interventi sulla flessibilità del lavoro.
Alcuni interventi positivi che hanno creato occupazione, certamente non stabile, ma
sempre meglio della disoccupazione, della inattività e del lavoro nero. Vero è che
– come dice Laura Boldrini – c’è una forte mercificazione del lavoro con l’utilizzo
distorto di questi strumenti: finte partite Iva, finte collaborazioni a progetto e,
soprattutto per i giovani, tirocini fittizi che non corrispondono a quanto la legge
prevede.
D. – Il ministro del Lavoro Giovannini, anche lui parlando a Montecitorio,
ha anticipato l’arrivo di un pacchetto di semplificazioni sul lavoro: 25 misure –
ha detto – metà realizzabili per via amministrativa e metà con interventi normativi.
Prof. Tiraboschi, lei cosa ne pensa?
R. – Più il legislatore interviene, più
lo Stato interviene e più è difficile per l’imprenditore assumere, perché cambia il
quadro delle certezze e il quadro delle regole. Sono le imprese che fanno lavoro,
sono le imprese che creano occupazione. Serve, al limite, più contrattazione collettiva,
più decentramento contrattuale. Questo è l’insegnamento del sistema tedesco, il grande
malato dell’Europa di 10 anni fa che non attraverso Stato e legislazioni, ma attraverso
buone relazioni industriali, ha aumentato l’occupazione. Certo, poi serve una buona
flessibilità, contrastare gli abusi, le collaborazioni fittizie e i finti tirocini
ma, soprattutto, serve una grande responsabilizzazione delle parti sociali, sussidiarietà
e attenzione al profilo, non solo giuridico-economico, ma anche soggettivo, relazionale,
personale del lavoro. Il lavoro inteso come progetto di vita, il lavoro inteso come
competenza e non solo come contratto di lavoro.