Brunei: preoccupazione della Chiesa per la prossima introduzione della "sharia"
Cresce la preoccupazione della piccola comunità cristiana del Sultanato del Brunei
per l’introduzione della sharia - la legge islamica - che entrerà in vigore ad aprile
in questo piccolo Stato situato sull'isola del Borneo. Lo scorso ottobre il sultano
Hassanal Bolkiah ha infatti approvato l’inserimento nel codice penale di numerose
disposizioni della legge islamica che prevede la condanna a morte per lapidazione
agli adulteri, l’amputazione degli arti ai ladri, e fustigazioni per altri reati quali
aborto e consumo di alcol. Tradizionalmente la Sharia non si applica ai non musulmani,
ma può estendersi ad altri se questi vengono riconosciuti complici di un musulmano
che ha commesso uno di questi reati. Di qui i timori delle minoranze religiose, in
particolare di quella cattolica, che conta circa 20mila fedeli distribuiti in tre
parrocchie, per le ripercussioni negative di queste misure sulle comunità non musulmane.
Timori confermati dal vicario apostolico di Brunei, mons. Cornelius Sim, che in una
recente intervista all’agenzia Eglises d’Asie (Eda) ha detto che la decisione del
sultano è un ulteriore passo verso la progressiva "islamizzazione" della società registrata
in questi ultimi decenni. Secondo il presule, la Chiesa in Brunei deve mostrarsi "creativa"
per rispondere in modo efficace a queste sfide. Mons. Sin si è detto comunque "sereno"
per affrontare il difficile compito di arricchire e rafforzare la vita della Chiesa
locale. Quasi il 70% dei 400mila abitanti del Brunei, uno dei più ricchi al mondo,
è di religione musulmana e di etnia Malay, il 13% è buddista, mentre i cristiani -
metà dei quali cattolici di cui il 70% migranti filippini, il 20% indonesiani e il
rimanente indigeni - sono circa il 10% del totale. (L.Z.)