2014-02-03 15:03:00

Costa d'Avorio in crescita. Un religioso: con il lavoro arriverà la vera riconciliazione


Una crescita del 9,8% nel 2012, dell’8,7% nel 2013 e tra l’8 e il 10% prevista nel 2014. Sono i dati economici relativi alla Costa d’Avorio, il Paese africano sconvolto da sanguinose violenze tra il dicembre 2010 e l’aprile 2011, con un bilancio di oltre 3mila morti. A causare la crisi post-elettorale fu allora il rifiuto dell’ex presidente, Laurent Gbagbo, di riconoscere la vittoria del rivale, Alassane Ouattara, alle presidenziali del novembre 2010. Attualmente, Gbagbo è imprigionato all’Aja, accusato dalla Corte penale internazionale di crimini contro l’umanità. Alla base della crescita economica in corso, lo straordinario potenziale agricolo del Paese, primo produttore mondiale di cacao. Ma non mancano i problemi ancora da risolvere, in vista pure delle presidenziali del 2015. Ce ne parla don Flavio Zanetti, parroco di San Giovanni Evangelista a Morofé, quartiere settentrionale di Yamoussoukro, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. – Effettivamente, si può constatare che di soldi ne girano: le compagnie aeree offrono più voli settimanali, ci sono molti investitori esteri che vanno e vengono e fanno progetti. Ci sono molte cose da fare. Nell’ambito dell’edilizia, ci sono difficoltà anche per trovare un bulldozer usato, c’è bisogno di camion, di materiale e di gente che sappia fare bene il proprio lavoro. Nel campo dell’agricoltura, c’è bisogno di personale che si occupi delle piantagioni di hevea per produrre la gomma. Il Paese rimane poi il primo produttore mondiale di cacao e si coltiva anche il caffè. Il governo ha pure annunciato l’apertura di fabbriche e l’aumento dei salari degli statali bloccati da tempo. Ci sono molte cose che si possono fare, favorite dal basso costo della manodopera. Per adesso, i soldi girano in certi ambienti ma la maggior parte della popolazione non ne vede ancora i benefici. I prezzi dei generi alimentari aumentano, ma la gente al momento "tira la cinghia".

D. – Oggi, come vive la maggior parte della popolazione?

R. - La maggior parte della popolazione ha difficoltà a nutrirsi correttamente e a curarsi correttamente. Questo è ancora un problema per quelli che vivono nelle periferie urbane, ma anche per chi vive nelle campagne. Quando si va in un ospedale pubblico, bisogna pagare la visita e le medicine che ti danno non sono gratuite ma a pagamento. Quindi, anche se si stanno facendo sforzi enormi per ricostruire le strutture sanitarie, non tutti possono accedervi perché mancano i mezzi economici. Ogni giorno si vive di espedienti, di lavori precari per riuscire a mangiare qualche cosa o per pagare solo l’affitto di una baracca.

D. – Cosa rimane oggi delle sanguinose violenze che ci sono state tra il dicembre 2010 e l’aprile del 2011?

R. – La crisi c’è stata non solo tra il 2010 ed il 2011, ma dal 2002 in poi. Tanti vogliono provare a dimenticare, però quando ad esempio si perde la casa il fatto non si supera facilmente: si cerca un risarcimento oppure c'è chi vuole vendicarsi. Non è detto che tutto si risolva immediatamente. Lo stesso avviene per chi ha perso un congiunto. Ci sono tante persone che sono sparite e non si sa più dove siano. Tutto ciò alimenta l’odio, lo spirito di vendetta sui presunti colpevoli. C’è una Commissione di dialogo-verità-riconciliazione che cerca di far parlare gli uni con gli altri, cerca di far dialogare sulla base di una verità. Se effettivamente ci sarà un rilancio economico e le persone inizieranno a vedere che lavorando hanno un ritorno economico, le condizioni di vita miglioreranno e forse riusciranno a superare questa fase, riconquistando una vita normale.

D. – Qual è la speranza da parroco di Morofé per il futuro?

R. – La speranza è che ci sia lavoro per la maggior parte delle persone. Personalmente, spero anche che il Vangelo possa lavorare nel cuore degli uomini, per far riscoprire una vita più fraterna. Queste sono le mie speranze da parroco.







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