Costa d'Avorio in crescita. Un religioso: con il lavoro arriverà la vera riconciliazione
Una crescita del 9,8% nel 2012, dell’8,7% nel 2013 e tra l’8 e il 10% prevista nel
2014. Sono i dati economici relativi alla Costa d’Avorio, il Paese africano sconvolto
da sanguinose violenze tra il dicembre 2010 e l’aprile 2011, con un bilancio di oltre
3mila morti. A causare la crisi post-elettorale fu allora il rifiuto dell’ex presidente,
Laurent Gbagbo, di riconoscere la vittoria del rivale, Alassane Ouattara, alle presidenziali
del novembre 2010. Attualmente, Gbagbo è imprigionato all’Aja, accusato dalla Corte
penale internazionale di crimini contro l’umanità. Alla base della crescita economica
in corso, lo straordinario potenziale agricolo del Paese, primo produttore mondiale
di cacao. Ma non mancano i problemi ancora da risolvere, in vista pure delle presidenziali
del 2015. Ce ne parla don Flavio Zanetti, parroco di San Giovanni Evangelista
a Morofé, quartiere settentrionale di Yamoussoukro, intervistato da Giada Aquilino:
R. – Effettivamente,
si può constatare che di soldi ne girano: le compagnie aeree offrono più voli settimanali,
ci sono molti investitori esteri che vanno e vengono e fanno progetti. Ci sono molte
cose da fare. Nell’ambito dell’edilizia, ci sono difficoltà anche per trovare un bulldozer
usato, c’è bisogno di camion, di materiale e di gente che sappia fare bene il proprio
lavoro. Nel campo dell’agricoltura, c’è bisogno di personale che si occupi delle piantagioni
di hevea per produrre la gomma. Il Paese rimane poi il primo produttore mondiale
di cacao e si coltiva anche il caffè. Il governo ha pure annunciato l’apertura di
fabbriche e l’aumento dei salari degli statali bloccati da tempo. Ci sono molte cose
che si possono fare, favorite dal basso costo della manodopera. Per adesso, i soldi
girano in certi ambienti ma la maggior parte della popolazione non ne vede ancora
i benefici. I prezzi dei generi alimentari aumentano, ma la gente al momento "tira
la cinghia".
D. – Oggi, come vive la maggior parte della popolazione?
R.
- La maggior parte della popolazione ha difficoltà a nutrirsi correttamente e a curarsi
correttamente. Questo è ancora un problema per quelli che vivono nelle periferie urbane,
ma anche per chi vive nelle campagne. Quando si va in un ospedale pubblico, bisogna
pagare la visita e le medicine che ti danno non sono gratuite ma a pagamento. Quindi,
anche se si stanno facendo sforzi enormi per ricostruire le strutture sanitarie, non
tutti possono accedervi perché mancano i mezzi economici. Ogni giorno si vive di espedienti,
di lavori precari per riuscire a mangiare qualche cosa o per pagare solo l’affitto
di una baracca.
D. – Cosa rimane oggi delle sanguinose violenze che ci sono
state tra il dicembre 2010 e l’aprile del 2011?
R. – La crisi c’è stata non
solo tra il 2010 ed il 2011, ma dal 2002 in poi. Tanti vogliono provare a dimenticare,
però quando ad esempio si perde la casa il fatto non si supera facilmente: si cerca
un risarcimento oppure c'è chi vuole vendicarsi. Non è detto che tutto si risolva
immediatamente. Lo stesso avviene per chi ha perso un congiunto. Ci sono tante persone
che sono sparite e non si sa più dove siano. Tutto ciò alimenta l’odio, lo spirito
di vendetta sui presunti colpevoli. C’è una Commissione di dialogo-verità-riconciliazione
che cerca di far parlare gli uni con gli altri, cerca di far dialogare sulla base
di una verità. Se effettivamente ci sarà un rilancio economico e le persone inizieranno
a vedere che lavorando hanno un ritorno economico, le condizioni di vita miglioreranno
e forse riusciranno a superare questa fase, riconquistando una vita normale.
D.
– Qual è la speranza da parroco di Morofé per il futuro?
R. – La speranza è
che ci sia lavoro per la maggior parte delle persone. Personalmente, spero anche che
il Vangelo possa lavorare nel cuore degli uomini, per far riscoprire una vita più
fraterna. Queste sono le mie speranze da parroco.