Varata la "Carta di Lampedusa", punto di riferimento per le nuove pratiche di accoglienza
Sabato sera, è stata approvata la "Carta di Lampedusa", redatta da rappresentanti
di associazioni, giuristi, avvocati, operatori umanitari. Si tratta di un documento
voluto per costruire un processo che porti i governi ad ascoltare le istanze dei rifugiati.
Il servizio dall’isola di Andrea De Georgio:
Le diverse anime
dei movimenti e delle associazioni per i diritti dei migranti si sono ritrovati oggi
sull’isola dell’accoglienza per il terzo giorno di lavori della "Carta di Lampedusa".
Dopo un’intensa giornata di dibattiti e discussioni sui contenuti e sui termini del
documento, ieri sera è stata approvata dall’assemblea plenaria la versione finale
della Carta, che può essere consultata sul sito Meltingpot.org. La giornata di lavoro
di oggi è invece dedicata alle possibili applicazioni pratiche di questo documento
di principi e alle testimonianze dirette dei diversi attori coinvolti. Oltre alla
voce di alcune componenti della società civile lampedusana - pescatori, associazioni
delle donne e imprenditori - hanno preso la parola rappresentanti di associazioni
nazionali e internazionali coinvolti nella stesura della Carta: tunisini, israeliani,
turchi, nigeriani, senegalesi, tedeschi, austriaci, che hanno condiviso le proprie
esperienze di attivismo e associazionismo sul tema delle migrazione. Non solo in prospettiva
europea, dunque, ma l’ambizione che la Carta di Lampedusa possa diventare un punto
di riferimento condiviso, plurale e dal basso, per nuove pratiche di inclusione e
di riaffermazione dei diritti fondamentali di ogni essere umano in viaggio.
La
"Carta di Lampedusa" è costituita da un preambolo che elabora i principi generali
sui diritti dei singoli: anzitutto la libertà di movimento, per poi addentrarsi in
proposte concrete sui meccanismi e le regole dell'accoglienza. “Non giochiamo a fare
i consulenti dei governi – spiega Nicola Grigion, responsabile di Melting Pot
Europa – ma vogliamo collaborare al cambiamento”. Francesca Sabatinelli lo
ha intervistato:
R. – Sappiamo
che si tratta di un processo culturale, sociale, politico da costruire, per cui il
primo punto è dare vita a questo grande processo. Si rivolge prima di tutto a quanti
vogliono farne parte e vogliono convergere su queste idee. E’ ovvio che si pone anche
il problema di capire come poi queste idee possano essere codificate nelle leggi e
nelle politiche che oggi conosciamo. Ed è qui che si apre una ricerca nuova, che non
è semplicemente una lista di richieste, ma è un qualcosa che parte prima di tutto
da una svolta culturale, sociale e politica, che è un mettersi in cammino insieme:
dalle manifestazioni alle campagne, dai momenti di incontro alla comunicazione, dalla
questione legale e giuridica a quella, per esempio, della formazione all’interno delle
scuole. E’ un grande processo da costruire collettivamente.
D. – Possiamo parlare
di alcuni dei punti che state sollevando in questi giorni di dibattito tra di voi
e che sono riportati sulla Carta?
R. – Ci sono alcuni punti che rispondono
anche all’attualità. Il 31 gennaio, l'1 e 2 febbraio 2014 sono inseriti in un contesto:
quello che segue la tragedia del 3 ottobre scorso (il naufragio di una nave carica
di migranti, con centinaia di morti - ndr) e quello che ci porta verso le elezioni
europee. La chiusura dei Centri di detenzione per i migranti è uno dei punti focali.
Oggi, siamo in un momento in cui in Italia su 13 centri, cinque sono chiusi: una vera
e propria mappa del fallimento. Non possiamo permetterci che tra poco riaprano tutti
quelli che oggi sono stati dismessi. E poi, le grandi questioni legate, per esempio,
a chi fugge dalle guerre: Siria, Corno d’Africa, sono ormai situazioni croniche di
conflitto. C’è poi la necessità di costruire politiche per cui nessuno sia più costretto
ad affidarsi a un trafficante e a prendere una barca per fare ingresso in Europa quando
fugge da una guerra, e quindi questo concetto un po’ più largo dei canali per un ingresso
garantito e sicuro verso l’Europa per chi fugge. Queste sono alcune tra le tante cose,
oltre alla libertà di circolazione all’interno dello spazio europeo, al fatto di non
dover legare i permessi di soggiorno al contratto di lavoro, cosa che produce un grande
ricatto anche per i cittadini europei. Insomma, una discussione che focalizzerà, intorno
a questi nodi e ad altri, alcuni punti chiave, che aprirà dei campi di tensione e
che su questo costruirà, in diversi linguaggi, il tentativo di affermarli.