2014-02-01 15:50:43

Tensioni politiche in Italia, Francesco Bonini: fase di smarrimento, servono i fatti


“Scandaloso” ha definito ieri mons. Galantino, segretario generale della Cei, quanto accaduto alla Camera mercoledì scorso. La rissa suscitata dai parlamentari del M5S è stato l’apice del fare opposizione del Movimento, ma sono seguiti poi l’invito ad andarsene rivolto alla presidente della Camera, Boldrini, e l’impeachment nei riguardi di Napolitano. Bersaglio degli attacchi sono state dunque proprio le istituzioni. “Sono preoccupato per il Parlamento”, è stato il commento del presidente Napolitano. Adriana Masotti ha chiesto a Francesco Bonini, ordinario di storia delle istituzioni politiche alla Lumsa di Roma, se condivide questa preoccupazione: RealAudioMP3

R. - Siamo tutti preoccupati, siamo preoccupati per il nostro futuro personale e familiare, siamo preoccupati per il futuro dell’Italia e anche per quello delle nostre istituzioni che sono in una fase di cambiamento, ma che sono anche oggetto di questo duplice registro: uno di propaganda ed uno di violenza. Prendiamo il caso, per esempio, del cosiddetto impeachment: è evidente che l’iniziativa non potrà portare assolutamente a nulla, eppure questo tema è un oggetto martellante di una propaganda, che diventa violenta nel momento in cui si passa all’insulto e all’azione fisica. Quindi propaganda violenta che è proprio la metafora di un muoversi in maniera disordinata senza un obiettivo. In realtà, mandare tutti a casa non è un obiettivo; il problema è che, purtroppo, le giornate che abbiamo appena vissuto, ci confermano il fatto che siamo in un momento di smarrimento e di decadenza.

D. – Ieri, Grillo è venuto a Roma per incontrare i suoi parlamentari e ha detto che comunque non bisogna abbandonare il parlamento. Ma, secondo lei, la propaganda quale scopo ha? I sondaggi vedranno crescere il Movimento Cinque Stelle dopo questi ultimi gesti?

R. - I sondaggi sono ballerini, ma comunque dicono che il Movimento Cinque Stelle continua a rappresentare circa un quarto degli elettori. Per cui, ovviamente, l’obiettivo di questo movimento è quello di continuare ad esserci, continuando a giocare questo “dentro–fuori” che gli ha permesso di mantenersi alla ribalta dopo il grande successo elettorale di un anno fa. Quindi, la strategia sarà sempre quella: incrementare quei consensi di persone arrabbiate e deluse per i motivi più diversi, molti dei quali largamente presenti nell’opinione pubblica.

D. - Dobbiamo dire però che c’è anche una fetta di elettorato - e comunque di cittadini italiani - che avevano guardato con speranza al Movimento Cinque Stelle, perché portatore di un cambiamento. Ora, si sta assistendo, però, alla mancanza di una fase costruttiva ...

R. - “Cambiamento” è la parola magica. Si continua a parlare di cambiamento, ma appunto cambiare è straordinariamente difficile. Quindi direi che l’unica risposta che tutte le forze politiche sono chiamate a dare è tradurre questa parola da slogan, da propaganda, alla realtà delle cose. Noi opinione pubblica, noi osservatori della politica, dobbiamo essere chiari nel premiare soltanto tutti coloro che alle parole facciano seguire i fatti. Il futuro della politica è nelle concrete realizzazioni.

D. - Quali conseguenze invece sul Paese da una politica che ci rimanda episodi come quelli a cui abbiamo assistito nei giorni scorsi?

R. - Indubbiamente la politica ha anche una dimensione pubblica, direi educativa. Gli uomini politici, o più esattamente i rappresentanti, molto spesso non sono migliori della maggior parte della popolazione, ma certamente sono degli esempi. Noi abbiamo bisogno di esempi positivi e di riferimenti positivi. Purtroppo, veniamo da un lungo periodo di disordine. Quando ci si è assuefatti al disordine, è più difficile ritrovare l’ordine. Ma c’è una molla potente per ritrovarlo: la crisi; quella dell’economia, dei rapporti, delle prospettive. Questo ci impone di regolarci nuovamente. Questo costringe - come abbiamo visto a proposito delle discussioni sulla legge elettorale – i decisori politici a mettersi all’opera, costringendo un po’ tutti a muoversi secondo un preciso alveo che è quello delle norme e – diciamolo pure – anche quello del bene comune, ovvero dell’interesse collettivo.







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