Scontri in Thailandia alla vigilia delle elezioni legislative anticipate
Almeno 7 feriti alla vigilia delle elezioni legislative in Thailandia, dove si segnalano
violenti scontri, a Bangkok, tra manifestanti pro e contro il governo. Testimoni riferiscono
di forti esplosioni e spari. In strada numerosi agenti della polizia e dell’esercito
mentre esponenti delle opposizioni, che boicottano la tornata, hanno assediato alcuni
uffici postali per impedire la distribuzione delle schede elettorali. Sulla loro posizione,
Eugenio Bonanata ha intervistato Emanuele Giordana presidente di "Lettera
22":
R. - La loro
è una posizione del tutto inaccettabile: chiedere dalla piazza che si formi un Consiglio
provvisorio quando il governo ha indetto legittime elezioni, significa in sostanza
dire che noi non riconosciamo la volontà popolare - che si esprime con le elezioni
- ma riconosciamo la nostra volontà: la nostra di chi? Questo è in realtà il punto
dolente di tutta questa campagna anti-Shinawatra, che non è certo un personaggio simpatico
- fratello della reggente attuale – ma che in questo modo, per come è stata condotta,
finisce in realtà per aumentare il potere della sua famiglia.
D. – Cosa dire,
invece, del ruolo della magistratura che potrebbe intervenire sulla vicenda anche
dopo le elezioni, annullandole probabilmente…
R. – Questa è una delle possibilità
perché la magistratura è già intervenuta in modo politico nelle vicende thailandesi
e ci sarebbe da augurarsi che non lo facesse più, perché non si possono risolvere
i problemi del Paese per via giudiziaria. La magistratura può fare un intervento,
con molta attenzione ai dettami della Costituzione, lasciando però che poi sia la
politica a sbrigare le vicende.
D. – In questo quadro qual è il ruolo del
re della Thailandia?
R. – Bisogna innanzitutto dire che il re è ormai molto
anziano e forse questa volta ha deciso di stare ancora più ai margini. Ricordiamo
che fu lui che diede il via ai militari per il colpo di Stato diversi anni fa. In
questo momento sembra che resti a guardare. Sappiamo che ci sono una serie di fermenti
all’interno delle unità militari che sono tendenzialmente lealiste e vicine al re,
dove però c’è una fronda che invece è vicino a Shinawatra. Per il momento, il capo
delle forze armate - che è un uomo vicino al re - ha deciso di non muoversi. Bisogna
vedere cosa succederà…
D. – Tutta questa situazione di instabilità ha bloccato
la crescita economica del Paese. Proprio a livello economico, quali possono essere
le conseguenze della situazione thailandese per il Sudest asiatico; pensiamo a Paesi
come la Cambogia, o anche la Cina…
R. – La situazione della Thailandia, che
è da tempo - soprattutto in questo ultimo periodo - di totale instabilità non può
che favorire le economie emergenti, o già emerse, che si trovano nella stessa area.
Inoltre, il problema della Thailandia non è soltanto quello di un’instabilità “momentanea”,
che si potrebbe risolvere con le elezioni politiche, o con un accordo che impegni
entrambe le parti; il problema è di fondo: lo scontro tra la classe dirigente thailandese
– ossia, la vecchia classe, soprattutto la famiglia reale, quindi i poteri forti del
Paese – e quella “rampante” arrivata al potere con Shinawatra che – questa è l’accusa
maggiore che gli si fa – pur avendo compreso con intelligenza quali erano i settori
di punta su cui indirizzare l’economia thailandese, ha poi fatto una vera e propria
occupazione del potere economico, lasciando da parte la vecchia classe dirigente e
privilegiando al massimo le sue clientele. Questo è diventato uno scontro insanabile
che poi si serve dello scontro più ampio che c’è tra città e campagna, con la capacità
di Shinawatra di conquistarsi il ceto rurale. Senza risolvere questo problema di fondo
lo scontro potrebbe magari essere rimandato ma scoppierà di nuovo.